Sentenza n. 4401 del 20
marzo 2015 della Sezione II ter del TAR Lazio. Dinanzi ad una mera istanza di
riesame, non c'e' l'obbligo per la P.A. di concludere il procedimento e,
quindi, non si configura alcun silenzio rifiuto.
Il titolare
di un chiosco collocato su suolo pubblico adibito a rivendita di giornali e
riviste ha chiesto al Comune l’ampliamento della struttura per poter ivi
effettuare l’ulteriore attività di somministrazione di alimenti e bevande. Dopo
una serie di vicende amministrative il Comune ha negato l’accoglimento
dell’istanza.
L’esercente,
in luogo dell’impugnativa del provvedimento negativo, ha riproposto la domanda,
chiedendo in sostanza un riesame della propria posizione all’Amministrazione
civica. Quest’ultima è rimasta silente sull’istanza di riesame, costringendo
così il titolare del chiosco a rivolgersi al TAR Lazio al fine di ottenere
l’accertamento dell'illegittimità del silenzio serbato dal Comune, in ordine
appunto all’istanza presentata ai fini dell’ampliamento dell’oggetto della
concessione d’uso del suolo pubblico, nonché il riconoscimento del
diritto al risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del comportamento
(ritenuto illegittimo) del Comune medesimo.
Il
TAR ha respinto il ricorso ritenendolo palesemente infondato. Il principio di
diritto affermato dai giudici nella specie è stato quello in forza del quale la
domanda con la quale il ricorrente aveva chiesto il rilascio
dell’autorizzazione all’ampliamento della concessione di suolo pubblico con
riferimento al chiosco – reiterando la medesima istanza sulla quale l’Amministrazione
si era già pronunciata con atti rimasti inoppugnati – non era idonea ad avviare
un procedimento rispetto al quale la medesima Amministrazione aveva l’obbligo
di concludere ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 della L. n. 241 del 1990.
In
altri termini ritenere ammissibile la domanda di accertamento del
silenzio-rifiuto in presenza di una istanza di mero riesame significherebbe
consentire la riapertura dei procedimenti già definiti in sede amministrativa
ovvero rimettere in discussione provvedimenti ormai divenuti inoppugnabili, non
sussistendo l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere – e di conseguenza,
non configurandosi un’ipotesi di silenzio-rifiuto – allorquando
l’interessato, mediante la procedura del silenzio-rifiuto, intenda provocare il
riesercizio del potere dell’Amministrazione (stimolando come nella specie
l’adozione di provvedimenti di riesame), rispetto al quale è ravvisabile
una posizione non di interesse legittimo, ma di mero interesse di fatto; deve,
quindi, escludersi che, in tale ipotesi, sussista l’obbligo
dell’Amministrazione di rideterminarsi o che comunque lo stesso segua
obbligatoriamente all’istanza, secondo quanto richiesto dall’art. 2 della L. n.
241 del 1990, attesa la natura discrezionale, anche nell’an, dell’esercizio
del potere di riesame, in ragione anche della specifica valutazione già
espressa in precedenza dall’Ente.