giovedì 17 gennaio 2019

GLI ATTI DI GARA POSSONO ESSERE IMPUGNATI SOLO DALLE IMPRESE PARTECIPANTI AL BANDO



Soltanto le imprese che partecipano al bando sono legittimate a impugnare gli atti di gara. Lo ha affermato la Corte di giustizia dell'Unione europea (terza sezione) nella sentenza del 28 novembre 2018, causa C-328/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, con ordinanza dell’8 febbraio 2017.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Amt Azienda Trasporti e Mobilità SpA, la Atc Esercizio SpA, la Atp Esercizio Srl, la Riviera Trasporti SpA e la Tpl Linea Srl e, dall’altro, l’Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale SpA relativamente alla decisione di quest’ultima di indire una procedura di gara informale per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale nel territorio della Regione Liguria.
Nella sentenza la Corte Ue ha chiarito che “sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.
Tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati”.

QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE SULLE REGOLE PER L’FFIDAMENTO IN HOUSE E OBBLIGO DI MOTIVAZIONE



Con l'ordinanza n. 886/2018 depositata il 15 novembre, la seconda sezione del Tar Liguria ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell'art. 192 comma 2 del nuovo Codice dei contratti (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti diano conto nella motivazione del provvedimento di affidamento in house “delle ragioni del mancato ricorso al mercato”, per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 1 lettere a) ed eee) della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (recante deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014).
Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, la disposizione sospettata di incostituzionalità “avrebbe innanzitutto violato il criterio direttivo sub a) – nonché l'articolo 14 commi 24-ter e 24-quater della legge 28 novembre 2005, n. 246, cui fa espresso rinvio - in quanto avrebbe introdotto un onere amministrativo di motivazione - circa le ragioni del mancato ricorso al mercato - maggiore e più gravoso di quelli strettamente necessari per l’attuazione della direttiva n. 2014/24/UE, la quale, come visto supra, per un verso ammette senz’altro gli affidamenti in house a patto che ricorrano le tre condizioni di cui all’art. 12, per altro verso ha escluso i relativi contratti dal proprio campo di applicazione, e dunque dall’obbligo di esperire preventivamente una procedura di gara ad evidenza pubblica (cioè, il ricorso al mercato).
Donde la violazione del divieto di gold plating, che costituiva uno specifico criterio di delega legislativa (lett. a)”.
Secondariamente, “avrebbe violato il criterio direttivo sub eee) della legge di delega n. 11/2016, in quanto l’introduzione dell’obbligo di motivazione circa le ragioni del mancato ricorso al mercato per un verso non trova alcun addentellato nel criterio direttivo, che non lo menziona affatto, per altro verso – e soprattutto – non ha nulla a che vedere con la valutazione sulla congruità economica delle offerte, che attiene piuttosto alla loro sostenibilità in termini di prezzi e di costi proposti (argomenta ex art. 97 comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016), cioè con l’unico elemento che il criterio direttivo imponeva di valutare, oltre a quello di pubblicità e trasparenza degli affidamenti, mediante l'istituzione, a cura dell'ANAC, dell’elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house.
Donde la violazione dell’art. 1 lett. a) ed eee) della legge di delegazione legislativa n. 11/2016 (parametro interposto) e, indirettamente, dell’art. 76 della Costituzione”.
Da qui la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

L’ANTICIPAZIONE DEL PREZZO NELLE PROCEDURE SOTTO SOGLIA



Non sussiste alcun divieto o limite per l’anticipazione del prezzo nelle procedure sotto soglia comunitaria, nulla rilevando che questa sia disciplinata, nel Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016, all’articolo 35, co. 18, rubricato “Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia” e al successivo art. 36, relativo invece agli appalti di importo inferiore a tale soglia.
L’istituto dell’anticipazione del prezzo ha, infatti, la finalità di consentire all’appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all’esecuzione del contratto, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto.
Pertanto, l’ANAC nella deliberazione 14 novembre 2018 n. 1050 conclude: “non avrebbe quindi senso precludere tale facoltà di accesso all’anticipazione per affidamenti di importo inferiore che spesso vedono protagoniste imprese di dimensioni medio piccole e maggiormente tutelate dal legislatore”.
Da notare che, secondo un orientamento consolidato, l’eventuale contestazione della mancata previsione o dell’esclusione dell’anticipazione nel bando o nella lettera d’invito deve seguire alla presentazione della domanda di partecipazione.
In caso contrario, l’impresa non è legittimata a contestare tale mancanza all’amministrazione, non rivestendo questa previsione portata escludente nei suoi confronti in quanto non le preclude, con certezza, la possibilità di partecipazione (TAR Catania, sent. 7 maggio 2018, n. 898).
Né, in alcun modo, detta domanda di partecipazione può pregiudicare tale impresa sul piano processuale, tenuto conto del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un’acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale” (Consiglio di Stato, sez. V, 22 novembre 2017, n. 5438).
Tornando alla delibera dell’ANAC, questa chiarisce, infine, che l’art. 35 D.lgs. 50/2016 va considerato dunque una norma di carattere generale che detta disposizioni in ordine alle modalità di calcolo del valore dell’appalto e non una norma specifica relativa ai contratti sopra soglia in contrapposizione alla successiva di cui all’art. 36.
A tale proposito, si evidenzia che, con la modifica introdotta dall’articolo 24 del decreto correttivo (d.lgs. 56/2017) all’articolo 35 del Codice dei contratti, l’importo dell’anticipazione è stato parametrato al valore dell’aggiudicazione e non più al valore stimato dell’appalto, come nella versione originale dell’articolo 35 del Codice.