In
caso di «sconfinamento», ovvero quando la realizzazione dell'opera pubblica
abbia interessato un terreno diverso o più esteso rispetto a quello oggetto
della procedura espropriativa, l'occupazione costituisce un comportamento di
mero fatto, posto in essere in assenza di un potere pubblico. Di conseguenza, a
decidere sulla relativa questione risarcitoria è il giudice ordinario. A
precisarlo sono le Sezioni unite della Cassazione con l'ordinanza n.
22193/2020, chiamate in causa dal Tar a esprimersi sul punto. I giudici di
legittimità ritengono che a decidere debba essere il giudice ordinario. La
Suprema corte individua il punto nodale della questione nello «sconfinamento»,
ovvero un comportamento materiale che causa il danno e che non è riconducibile
all'esercizio di un potere pubblico. Si tratta infatti della fattispecie di
«occupazione usurpativa», che determina una «manipolazione del fondo di
proprietà privata in assenza di dichiarazione di pubblica utilità». Questa
forma di occupazione costituisce «un illecito permanente in alcun modo
ricollegabile all'esercizio dei poteri amministrativi», con la conseguenza che
l'azione risarcitoria non può che rientrare nella giurisdizione ordinaria.
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