Con la delibera n. 610 del 27 giugno 2018, il Consiglio dell'Anac ha ritenuto illegittima la clausola
della lex specialis di gara che impone il limite massimo del 50% di ribasso
rispetto alla base d’asta.
Con
istanza acquisita all'ANAC dell’1.3.2017, un architetto
mandatario del RTP risultato secondo classificato della gara in oggetto,
contesta l’operato della Stazione appaltante in relazione alla valutazione di
congruità dell’offerta del primo classificato.
La
questione posta all’attenzione dell’Autorità con la richiesta di parere è
centrata sulla valutazione di congruità dell’offerta e più precisamente sulle
modalità con cui la Stazione appaltante ha effettuato l’apprezzamento
(discrezionale) dei giustificativi presentati dal RTP aggiudicatario della gara
richiesti a seguito della presentazione di una offerta ritenuta anomala.
E’
ben noto il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “nelle gare
pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce
espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo
solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non
può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle
singole voci” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12/5/2017, n. 2228).
Stante
la particolare natura (tecnica) del giudizio (discrezionale) che la legge
attribuisce alle Stazioni appaltanti nell’effettuazione della valutazione della
congruità o meno dell’offerta, è evidente che tale limite di sindacabilità
dell’operato della Stazione appaltante non riguarda solo il giudice
amministrativo ma, a maggior ragione, coinvolge anche l’Autorità.
Nel
caso di specie – osserva l'Anac - non appaiono del tutto infondate le doglianze
dell’istante rivolte alla contestazione della serietà e sostenibilità economica
dell’offerta presentata dall’aggiudicatario, che evidenzia talune incongruenze
in ordine al calcolo delle giornate lavorative necessarie al corretto
espletamento delle attività di progettazione, direzione lavori e coordinamento
della sicurezza, che appaiono particolarmente sottostimate quantitativamente e
sottovalutate economicamente.
Tuttavia
appare assorbente rispetto a tutti i sopra esposti argomenti di doglianza la
considerazione che sia stata proprio l’impostazione stessa della gara ad aver
prodotto le conseguenze che per altro verso e per altre motivazioni vengono
contestate dall’odierno istante.
Specificamente
ci si riferisce alla clausola di lex specialis che fissa al 50% il ribasso
massimo ammissibile rispetto alla base d’asta.
Il
Consiglio di Stato, in merito alla possibilità di fissare una soglia di ribasso
massimo sul prezzo, si è espresso in termini negativi, chiarendo che tale
clausola – in via generale – è illegittima perché introduce un inammissibile
limite alla libertà di concorrenza sull’elemento economico. Secondo il
Collegio, infatti, tale norma di gara introduce un’inammissibile limite alla
libertà degli operatori economici di formulare la proposta economica sulla base
delle proprie capacità organizzative e imprenditoriali, pregiudicando, sino di
fatto ad annullarlo, il confronto concorrenziale sull’elemento prezzo (CdS,
Sez. V, 28/06/2016 n. 2912).
Nel
caso preso in esame dai giudici amministrativi, tuttavia, il limite al massimo
ribasso era fissato al 12% per la duplice esigenza, manifestata dalla Stazione
appaltante a giustificazione del proprio operato, di garantire che il prezzo
proposto fosse sufficiente a sostenere il costo del lavoro e che la prestazione
fosse qualitativamente adeguata. Benché, dunque, l’intenzione della Stazione
appaltante meritasse un apprezzamento positivo quantomeno sul piano
dell’obiettivo finale perseguito, il Consiglio di Stato ha ritenuto comunque
che «La limitazione introdotta con l’avversata clausola della lex specialis,
non può, poi, trovare giustificazione, contrariamente a quanto ritenuto dal
giudice di prime cure, nell’esigenza di garantire che il prezzo proposto sia
sufficiente a sostenere il costo del lavoro e a salvaguardare la corretta
applicazione dei CCNL, atteso che tali finalità devono essere perseguite
attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art.
87, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che consente di escludere dalla gara,
all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte risultate
anormalmente basse», così concludendo definitivamente che «Deve conclusivamente
ritenersi viziata una prescrizione di gara finalizzata a limitare la rilevanza
del ribasso offerto dai concorrenti».
A
maggior ragione non può giungersi a diversa conclusione nel caso che ci occupa,
sebbene le motivazioni siano parzialmente differenti.
Rimane
intatta la censura relativa alla previsione di una soglia massima di ribasso
sul prezzo, poiché viene di fatto annullato il confronto concorrenziale sul
prezzo in contraddizione con il criterio di aggiudicazione prescelto, ovvero
quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il cui scopo è invece
quello di ottenere da ogni singolo concorrente un’offerta che contemperi la
qualità massima delle prestazioni con il prezzo più basso possibile in
relazione alle proprie capacità aziendali, organizzative e imprenditoriali.
Fissando
una percentuale massima di ribasso ammesso la Stazione appaltante “suggerisce”
già a priori quale ritiene essere il prezzo migliore e così spinge tutti i
concorrenti a formulare una offerta economica ridotta del 50% rispetto alla
base d’asta o, quantomeno, ad approssimarsi quanto più possibile. Non a caso,
nella gara in esame, ben 8 concorrenti su 17 (ma due sono stati esclusi) hanno
offerto proprio il ribasso del 50%, uno il ribasso del 49,5%, e tutti gli altri
ribassi comunque molto elevati, ovvero compresi tra il 27,54% e il 41%.
D’altra
parte, laddove la Stazione appaltante stabilisca già nella legge di gara una
percentuale massima di ribasso consentita ciò finisce non solo per annullare la
concorrenza sull’elemento prezzo, ma anche per anticipare di fatto, ancorché
indirettamente, la valutazione in ordine alla congruità dell’offerta nel suo
complesso. Valutazione che, in tali casi, appare atteggiarsi come una mera
formalità destinata a concludersi con esito positivo.
Pertanto,
secondo l'Anac si può concludere che la limitazione introdotta con la discussa
clausola della lex specialis, lungi dal costituire una garanzia che il prezzo
proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro (e, quando del caso, a
salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL), finalità che peraltro deve
essere perseguita attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal
legislatore, all’art. 97 del Codice appalti, che consente di escludere dalla
gara, all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte
risultate anormalmente basse, finisce invece solo per generare una erronea e,
quindi, illegittima applicazione del criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, laddove annulla di fatto la concorrenza sull’elemento prezzo, con
effetti distorsivi sull’iter del sub-procedimento di verifica dell’anomalia e dunque
della procedura di aggiudicazione nel suo complesso.
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