L’operatore economico,
anche se non ha proposto la domanda di partecipazione alla gara, può impugnare
la clausola della lex specialis di gara che prevede un prezzo posto a base
d’asta, se e nella misura in cui sia dimostrata la sua eccentricità al ribasso
rispetto ai prezzi di mercato e quindi la sua natura “simbolica”, atteso che,
ove avesse presentato la propria offerta questa sarebbe destinata ad essere
ineludibilmente esclusa perché caratterizzata da un prezzo superiore
all’importo determinato dall’Amministrazione.
Lo
ha precisato il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione
Staccata di Reggio Calabria) nella sentenza n.418/2018 pubblicata il 16 luglio.
Questa
sentenza ha richiamato la distinzione - valorizzata anche dalla giurisprudenza
meno recente (Cass. civ., sez. II, 28 agosto 1993, n. 9144) - tra vendita a
prezzo vile e vendita a prezzo irrisorio o simbolico. L’esistenza di un
divario, anche considerevole, tra il valore di mercato del bene venduto e il
prezzo pattuito non è di per sé incompatibile con la causa del contratto di
compravendita. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, avuto modo di
precisare che nell’ipotesi in cui risulta concordato un prezzo obiettivamente
non serio o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente o
simbolico o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle
parti a non essere pagato il contratto è nullo per mancanza di un elemento
essenziale; viceversa, nell’ipotesi in cui sia pattuito un prezzo di gran lunga
inferiore all’effettivo valore di mercato del bene compravenduto o fornito, la
conseguenza non sarà l’invalidità del contratto per difetto di causa ma una
diversa qualificazione giuridica della fattispecie negoziale, che potrà essere
ascritta a seconda dei casi a diverse categorie negoziali (es. donazioni
indirette o negozi misti a donazione; cfr. Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2015,
n. 22567).
Il
Tar Calabria si è poi soffermato sulla questione relativa al diritto di
cittadinanza nel nostro ordinamento dell’appalto “a titolo gratuito” che il
Collegio non intende rinnegare a priori, se non altro per alcune categorie di
affidamenti quali gli appalti pubblici di servizi (Cons. St., sez. V n.4614/17)
o di lavori (art. 20, d.lgs. n. 50 del 2016), laddove alla previsione di un
prezzo “simbolico” o addirittura “nullo” può effettivamente corrispondere
un’utilità economica in senso lato (ad esempio il ritorno di immagine) diversa
da quella meramente finanziaria.
Per
quanto riguarda l’appalto di forniture, qualsiasi ne sia l’oggetto, l’eventuale
gratuità della causa può essere ugualmente dedotta e valorizzata dalle
Amministrazioni aggiudicatrici solo qualora venga ricondotta ai “tipi”
contrattuali espressamente previsti dall’ordinamento (es. contratto di
sponsorizzazione ex art. 19, d.lgs. n. 50 del 2016) e ciò proprio al fine di
scongiurare scelte non del tutto trasparenti che finiscano per tramutare affidamenti
formalmente onerosi in affidamenti sostanzialmente gratuiti e quindi sine
causa.
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