giovedì 17 gennaio 2019

QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE SULLE REGOLE PER L’FFIDAMENTO IN HOUSE E OBBLIGO DI MOTIVAZIONE



Con l'ordinanza n. 886/2018 depositata il 15 novembre, la seconda sezione del Tar Liguria ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell'art. 192 comma 2 del nuovo Codice dei contratti (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti diano conto nella motivazione del provvedimento di affidamento in house “delle ragioni del mancato ricorso al mercato”, per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 1 lettere a) ed eee) della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (recante deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014).
Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, la disposizione sospettata di incostituzionalità “avrebbe innanzitutto violato il criterio direttivo sub a) – nonché l'articolo 14 commi 24-ter e 24-quater della legge 28 novembre 2005, n. 246, cui fa espresso rinvio - in quanto avrebbe introdotto un onere amministrativo di motivazione - circa le ragioni del mancato ricorso al mercato - maggiore e più gravoso di quelli strettamente necessari per l’attuazione della direttiva n. 2014/24/UE, la quale, come visto supra, per un verso ammette senz’altro gli affidamenti in house a patto che ricorrano le tre condizioni di cui all’art. 12, per altro verso ha escluso i relativi contratti dal proprio campo di applicazione, e dunque dall’obbligo di esperire preventivamente una procedura di gara ad evidenza pubblica (cioè, il ricorso al mercato).
Donde la violazione del divieto di gold plating, che costituiva uno specifico criterio di delega legislativa (lett. a)”.
Secondariamente, “avrebbe violato il criterio direttivo sub eee) della legge di delega n. 11/2016, in quanto l’introduzione dell’obbligo di motivazione circa le ragioni del mancato ricorso al mercato per un verso non trova alcun addentellato nel criterio direttivo, che non lo menziona affatto, per altro verso – e soprattutto – non ha nulla a che vedere con la valutazione sulla congruità economica delle offerte, che attiene piuttosto alla loro sostenibilità in termini di prezzi e di costi proposti (argomenta ex art. 97 comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016), cioè con l’unico elemento che il criterio direttivo imponeva di valutare, oltre a quello di pubblicità e trasparenza degli affidamenti, mediante l'istituzione, a cura dell'ANAC, dell’elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house.
Donde la violazione dell’art. 1 lett. a) ed eee) della legge di delegazione legislativa n. 11/2016 (parametro interposto) e, indirettamente, dell’art. 76 della Costituzione”.
Da qui la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

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