Con
sentenza 16 ottobre 2012, n. 1278, il TAR Veneto ha affrontato la questione
inerente la natura del “preavviso di ricorso”, di cui all’art. 243 bis del
d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice appalti).
Nella
attuale versione del Codice degli appalti, l’attivazione della indicata
procedura deflattiva di cui sopra non costituisce un requisito di procedibilità
del ricorso. Piuttosto, il preavviso è lo strumento attraverso il quale la
stazione appaltante è informata della sussistenza di doglianze, da parte di un
concorrente alla procedura di gara, in ordine alla procedura stessa.
Secondo
quanto previsto dal Codice, l’incardinamento di tale procedura impedisce, anche
per la parte ricorrente, il verificarsi delle conseguenze di cui al 5° comma
dell’art. 243 bis anzidetto del medesimo Codice.
Tuttavia,
una volta attivata tale procedura, l’impresa concorrente alla gara è tenuta a contestare
le determinazioni assunte in merito dalla amministrazione, siano esse espresse
(totale o parziale rigetto del preavviso), siano esse tacite (nel qual caso,
superato il 15° giorno dalla proposizione del preavviso, occorrerà gravare il
silenzio formatosi su di esso. V. art. 243 bis, 4° comma, in base al
quale: “la stazione appaltante. Entro quindici giorni dalla comunicazione di
cui al comma 1, comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati
dall’interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L’inerzia
equivale a diniego di autotutela”.
Secondo
l’interpretazione del TAR Veneto, la proposizione del preavviso di ricorso
comporta la necessità, per la stazione appaltante, di formulare le proprie
determinazioni nel termine perentorio di quindici giorni. Trascorsi i quindici
giorni senza che la decisione della p.a. sia pervenuta al richiedente, la
stazione appaltante perde il diritto di manifestare le determinazioni
deflattive dell’instaurando conflitto ed ogni eventuale e successivo intervento
sull’aggiudicazione dovrà conformarsi, pertanto, esclusivamente ai canoni
formali di cui all’art. 21 quinques, 21 sexies, 21 nonies della L.241/91.
Inoltre,
ogni ulteriore e tardiva espressione della stazione appaltante circa la
fondatezza o meno della richiesta di autotutela è da considerarsi tanquam non
esset.
Rimane
però, l’obbligo del ricorrente di impugnare anche la decisione assunta dalla
p.a. in seguito al preavviso di ricorso o il silenzio serbato sul preavviso di
ricorso stesso, nel termine di trenta giorni, che decorrono dalla comunicazione
della determinazione, ovvero dallo spirare dei quindici giorni previsti dal
comma 4 dell’art. 243 bis D.Lgs 163/2006.
L’
art. 243 bis del decreto legislativo 263/2006 stabilisce, al primo comma che,
nelle controversie devolute dal codice del processo amministrativo alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti
pubblici, i soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale
informano le stazioni appaltanti della presunta violazione e della intenzione
di proporre un ricorso giurisdizionale.
Tuttavia,
secondo il Consiglio di Stato - sentenza N. 04356/2013 del 2/9/2013 - il
termine previsto per la proposizione di ricorsi davanti al giudice
amministrativo, avverso l'aggiudicazione di una gara pubblica, non può essere
riaperto, per il solo fatto di aver richiesto l’esercizio del potere di
autotutela dell'Amministrazione. Pertanto il concorrente non aggiudicatario di
un pubblico appalto, che non abbia tempestivamente impugnato l'atto lesivo
dell'aggiudicazione ad altro candidato, non può essere così rimesso in termini,
posto che la richiesta di un intervento in autotutela conseguirebbe l'elusione
del sistema dei termini decadenziali e vanificherebbe l'esistenza di una celere
definizione della lite, propria della normativa sulle gare pubbliche.
Nel
caso, come nella fattispecie, di riesame/rinnovo della valutazione in
autotutela ai sensi dell'art. 243 bis del D.Lgs del 12 aprile 2006 n. 163,
richiesto con preavviso di ricorso giurisdizionale, la stessa disposizione
stabilisce espressamente al comma 3 che “L'informativa di cui al presente
articolo non impedisce (…) il decorso del termine per la proposizione del
ricorso giurisdizionale”, e il testo lascia intendere che il legislatore non
abbia voluto dar vita ad un procedimento contenzioso o paracontenzioso a tutela
di una posizione giuridica soggettiva, ma solo offrire all'Amministrazione
l'opportunità di un riesame in via di autotutela, precisando non a caso che
l'atto introduttivo non viene denominato “ricorso” ovvero “reclamo” o
“opposizione”, ma semplicemente “informativa dell'intento di proporre ricorso
giurisdizionale”.
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