L’indicazione
del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non
è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la
qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art.107, comma 2, del
d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207.
Questo
il principio di diritto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
con la sentenza n. 9/2015 depositata il 2/11/2015 (LEGGI QUI).
Con
l'ordinanza n. 2707/2015, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso
lo scorso 3 giugno all'Adunanza Plenaria del CdS la definizione della questione
del cosiddetto “subappalto necessario”, che consiste nell’obbligo per
l’appaltatore principale, privo delle relative qualifiche, di dichiarare in
sede di gara non solo le parti dell’appalto che intende subappaltare, ma anche
il nominativo delle imprese cui affiderà questi lavori.
A
parere dell'Adunanza Plenaria,
“l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto
dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle
lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria,
risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative
qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi,
impropriamente definita come “subappalto necessario”)”.
Infatti
“l’affermazione dell’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore
all’atto dell’offerta si risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che
non lo prevedeva), mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex
specialis di un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente
pretermessa nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della
sua eterointegrazione)”.
La tesi favorevole
all’affermazione dell’obbligo in questione “comporterebbe, peraltro, una
confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto
con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella
dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano
presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo
vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante
le stesse garanzie contrattuali da esso offerte.
Non solo, ma il relativo
assunto si rivela distorsivo del mercato dei lavori pubblici, nella misura in
cui costringe le imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa
subappaltatrice, già nella fase della partecipazione alla gara, mediante
l’imposizione di un onere partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso.
La
prospettazione qui disattesa finirebbe, infine, per introdurrebbe un requisito
di qualificazione diverso ed ulteriore rispetto a quelli stabiliti, con
disciplina completa ed autosufficiente, dall’art.92 d.P.R. cit. (che, come si è
già rilevato, esclude l’obbligo del possesso delle attestazioni nelle categorie
scorporabili, ancorché a qualificazione necessaria, ai fini della
partecipazione alla gara)”.
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