martedì 3 novembre 2015

NON È OBBLIGATORIA L'INDICAZIONE DEL NOMINATIVO DEL SUBAPPALTATORE



L’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art.107, comma 2, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207.

Questo il principio di diritto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 9/2015 depositata il 2/11/2015 (LEGGI QUI).

Con l'ordinanza n. 2707/2015, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso lo scorso 3 giugno all'Adunanza Plenaria del CdS la definizione della questione del cosiddetto “subappalto necessario”, che consiste nell’obbligo per l’appaltatore principale, privo delle relative qualifiche, di dichiarare in sede di gara non solo le parti dell’appalto che intende subappaltare, ma anche il nominativo delle imprese cui affiderà questi lavori.
A parere dell'Adunanza Plenaria, “l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”)”.
Infatti “l’affermazione dell’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta si risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che non lo prevedeva), mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex specialis di un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente pretermessa nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della sua eterointegrazione)”.
La tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo in questione “comporterebbe, peraltro, una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse garanzie contrattuali da esso offerte.
Non solo, ma il relativo assunto si rivela distorsivo del mercato dei lavori pubblici, nella misura in cui costringe le imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa subappaltatrice, già nella fase della partecipazione alla gara, mediante l’imposizione di un onere partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso.
La prospettazione qui disattesa finirebbe, infine, per introdurrebbe un requisito di qualificazione diverso ed ulteriore rispetto a quelli stabiliti, con disciplina completa ed autosufficiente, dall’art.92 d.P.R. cit. (che, come si è già rilevato, esclude l’obbligo del possesso delle attestazioni nelle categorie scorporabili, ancorché a qualificazione necessaria, ai fini della partecipazione alla gara)”.

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