La
sentenza del Tar Umbria, Sez. I, 24 settembre 2021, n.683, affronta anche la
questione relativa alle difformità dell’offerta rispetto alle prescrizioni di
gara.
In sede di valutazione delle offerte la commissione giudicatrice, pur rilevando che l'offerta dell'aggiudicataria era difforme dai richiamati requisiti minimi e condizioni, non procedeva all'esclusione ma si limitava ad assegnare un giudizio non sufficiente. Questo comportamento è stato ritenuto illegittimo dal giudice amministrativo, in quanto in contrasto con le regole della gara cui lo stesso ente appaltante si è autovincolato. Ricorda infatti il Tar che nel momento in cui la stazione appaltante ha individuato con puntualità l'oggetto dell'appalto, anche in relazione al contenuto minimo delle relative prescrizioni tecniche, non può poi in sede di valutazione delle offerte modificare oggetto e contenuto minimo. Il cosiddetto autovincolo rappresenta un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che l'ente appaltante impone a sé stesso e a cui non può sottrarsi.
D'altronde
l'autovincolo è finalizzato al pieno rispetto della par condicio, poiché
consente a tutti i concorrenti di conoscere in anticipo i criteri e i requisiti
cui l'ente appaltante dovrà attenersi nella valutazione delle offerte. Né può
venire in considerazione in senso contrario il principio di equivalenza del
prodotto offerto, secondo cui qualora quest'ultimo possegga caratteristiche
migliorative rispetto a quelle minime fissate nel capitolato ciò potrebbe
consentire di ammettere comunque il concorrente alla gara. Anche in questa
ipotesi infatti l'ente appaltante è tenuto all'osservanza dell'autovincolo che
si è imposto, che non lascia margini per valutare prodotti con caratteristiche
diverse - ancorchè migliorative - da quelle «minime e essenziali» indicate nel
capitolato.
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