venerdì 5 giugno 2020

Per una normativa adeguata ai tempi 1)I PRINCIPI A CUI SI DEVE ISPIRARE LA NORMATIVA IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI


Il considerando n. 1 della DIRETTIVA 2014/24/UE precisa che:
“L’aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni per coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a tali principi sia dato effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza.”

L’art. 30 (Principi per l'aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni) del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs.50/2016, recita al comma 1:
“L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.”
E’ altresì richiesto il rispetto dei principi di sostenibilità energetica e ambientale e prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse (artt. 34 e 42 del Codice dei contratti pubblici).
I principi sopra indicati sono importanti perché derivano dalla legislazione comunitaria e da questi non si può derogare, a meno di non proporre a livello europeo modifiche sulle quali trovare il consenso del Parlamento e del Consiglio europeo. Derogare dai principi della direttiva Ue comporta l’apertura di una procedura di infrazione.
Gli Stati membri hanno ampia discrezionalità in sede di attuazione delle direttive comunitarie. In Italia, purtroppo, è abbastanza diffusa la tendenza ad applicare “quella tecnica (gold plating) che va al di là di quanto richiesto dalla normativa europea pur mantenendosi entro la legalità”, nonostante che in molti criteri di delega approvati dal parlamento si faccia espresso richiamo di non introdurre (e a non mantenere!) livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee. Essi possono aumentare gli obblighi di comunicazione, aggiungere i requisiti procedurali, o applicare regimi sanzionatori più rigorosi. Se non è illegale, il gold plating è considerata una cattiva pratica, perché impone costi che avrebbero potuto essere evitati.

Ma non si può trascurare un altro principio, oggi del tutto disatteso, che è quello della competenza e della responsabilità delle “amministrazioni aggiudicatrici”, (cioè le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti, secondo la definizione del Codice), che sono a vario titolo competenti e responsabili per la realizzazione di opere pubbliche e per la prestazione di servizi ai cittadini. Essi devono essere messi in condizione di operare senza lacci e laccioli che derivano, unicamente, dalla “cultura del sospetto”.
E’ la Costituzione italiana che assegna le competenze ai soggetti istituzionali (Stato, Regioni, Province, Comuni) che dispongono delle capacità tecniche, amministrative, finanziarie per attuare quanto spetta alla loro competenza e responsabilità e ai quali guardano i cittadini.
In questo senso, anche i ripetuti tentativi di ridurre il numero delle stazioni appaltanti, togliendo agli Enti pubblici la possibilità di operare in proprio, non solo è contrario ai principi costituzionali, ma determina un arretramento del principio di autonomia di tali soggetti istituzionali, con il risultato di depauperare e mortificare le tante figure professionali presenti negli enti, oggi largamente diffuse e capaci di operare con efficacia ed efficienza. Le eccezioni in negativo si trovano in tutte le organizzazioni. Non è affatto dimostrato che la concentrazione delle funzioni di stazione appaltante in un organismo di grandi dimensioni non dia luogo a fenomeni di inefficienza o, peggio, di condizionamento o corruzione. Chi deve decidere cosa fare (cosa acquistare, cosa progettare, cosa costruire) e come fare (in quali tempi, a quali costi, con quali criteri di selezione delle offerte) non può che essere il committente (Ente locale, azienda sanitaria, istituzione pubblica ecc.) destinataria dell’opera, del servizio e della fornitura; quindi il committente e solo il committente potrà definire delle condizioni e dei capitolati misurati sulle proprie esigenze; alla fine del processo sarà sempre il committente (o i suoi utenti o cittadini) ad usufruire dell’opera, del servizio e della fornitura.
Questi committenti pubblici devono essere tutelati e supportati, non calpestati o criminalizzati, dando loro gli strumenti per operare con maggiore efficacia ed efficienza, per far crescere e diffondere la competenza e la capacità decisoria, anche tramite le aggregazioni volontarie degli enti.
Ci sono negli enti italiani migliaia di tecnici e funzionari ammnistrativi capaci, di provata serietà e onestà: sono coloro che ogni giorno assicurano l’attuazione dei lavori pubblici, forniture e servizi, che non sono solo le grandi opere, ma anche le opere minori e le manutenzioni ordinarie e straordinarie del patrimonio esistente. Perché le strutture tecniche e amministrative delle amministrazioni pubbliche devono essere considerate inaffidabili? Anni fa decideva tutto l’organo politico e c’erano i Coreco che controllavano ogni delibera. Poi sono stati eliminati i Coreco e la gestione tecnico amministrativa dell’ente è stata assegnata ai dirigenti pubblici. Però i dirigenti pubblici non possono applicare la normativa vigente (territoriale, urbanistica, paesaggistica, tecnica, ambientale, ecc) assumendo la piena responsabilità delle decisioni finali; deve sempre esserci l’assenso, il nulla osta, l’autorizzazione di altri soggetti detentori della verità, unici in grado di applicare la normativa settoriale.
Realizzare un’opera pubblica o fornire un servizio pubblico non è solo questione di regole per la scelta del soggetto a cui affidare la costruzione materiale o la prestazione, ma è capacità di gestione unitaria di un processo che è comunque complesso, dall’ideazione alla progettazione, dal finanziamento alla realizzazione, dalla manutenzione al controllo del permanere delle condizioni di efficienza dell’opera.
Per realizzare l’opera pubblica sono necessarie due figure professionali, importanti e imprescindibili, per le quali le amministrazioni pubbliche devono essere in grado di disporre dei soggetti qualificati allo scopo: l’uno facente parte della propria struttura tecnica e l’altro da scegliere in base a procedure stabilite dalla normativa. Le due figure sono:

1 – il Direttore del Progetto, cioè il Project Manager, colui che dall’inizio alla fine del processo, ha la competenza e la capacità di operare con una visione unitaria di tutti gli argomenti e le componenti che possono intervenire nel processo, in relazione alla complessità dell’opera o del servizio, ma che possa agire anche con un certo grado di autonomia in dipendenza di situazioni impreviste e imprevedibili.
Oggi il Codice lo definisce “Responsabile Unico del Procedimento” (RUP), una denominazione che dimostra il permanere di una visione riduttiva di questa figura, secondo una visione organizzativa di stampo napoleonico, burocratica, bizantina nelle procedure e nei riti, secondo la quale il funzionario deve garantire il rispetto formale, unicamente formale, delle procedure stabilite, al di là del raggiungimento dell’obiettivo di efficacia ed efficienza. All’opposto di tale concezione c’è la figura del Commissario straordinario (il dictator di epoca romana) che può derogare da tutte le norme e il cui utilizzo può essere limitato solo a situazioni di emergenza.

2 – l’Esecutore dei lavori pubblici, cioè le imprese o loro raggruppamenti che possono partecipare alla selezione per l’affidamento del contratto.
E’ necessario disporre di un Sistema di qualificazione affidabile e aggiornato con continuità, oggi gestito tramite le SOA (Società Organismi di Attestazione) che deve consentire all’amministrazione aggiudicatrice di disporre di un esecutore dotato di:
-       Idoneità professionale
-       Capacità economica e finanziaria
-       Capacità tecniche e professionali
e per il quale non sussistano motivi di esclusione di cui all’art.80 del Codice dei contratti e del Codice antimafia. Su questo punto è essenziale, ai fini della semplificazione degli adempimenti e della riduzione dei tempi, disporre di una Banca dati gestita e aggiornata a livello nazionale che, in tempo reale, consenta alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dell’offerente. Non è possibile che l’ente pubblico debba addossarsi l’onere di acquisire tutte le informazioni necessarie allo scopo, quando gli strumenti informatici oggi disponibili (anche tramite l’incrocio di diverse banche dati) possono garantire un risultato veloce e affidabile. L’aggiornamento della banca dati potrebbe essere demandato agli operatori economici, anche tramite le SOA, responsabilizzando le stesse al fine della partecipazione alle gare; a fronte di dati incompleti o non aggiornati si può arrivare all’esclusione dalla gara.

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