Il
considerando n. 1 della DIRETTIVA 2014/24/UE precisa che:
“L’aggiudicazione
degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve
rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)
e in particolare la libera circolazione
delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi,
nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non
discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza.
Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è
opportuno elaborare disposizioni per coordinare le procedure nazionali di
aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a tali principi sia dato
effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza.”
L’art.
30 (Principi per l'aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni) del
Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs.50/2016, recita al comma 1:
“L’affidamento
e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai
sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge
nel rispetto dei principi di
economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell'affidamento degli
appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non
discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le
modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere
subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e
dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze
sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio
culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di
vista energetico.”
E’
altresì richiesto il rispetto dei principi di sostenibilità energetica e
ambientale e prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse (artt. 34 e
42 del Codice dei contratti pubblici).
I
principi sopra indicati sono importanti perché derivano dalla legislazione comunitaria
e da questi non si può derogare, a meno di non proporre a livello europeo
modifiche sulle quali trovare il consenso del Parlamento e del Consiglio
europeo. Derogare dai principi della direttiva Ue comporta l’apertura di una
procedura di infrazione.
Gli
Stati membri hanno ampia discrezionalità in sede di attuazione delle direttive
comunitarie. In Italia, purtroppo, è abbastanza diffusa la tendenza ad
applicare “quella tecnica (gold plating) che va al di là di quanto richiesto
dalla normativa europea pur mantenendosi entro la legalità”, nonostante che in
molti criteri di delega approvati dal parlamento si faccia espresso richiamo di
non introdurre (e a non mantenere!) livelli di regolazione superiori a quelli
minimi richiesti dalle direttive europee. Essi possono aumentare gli obblighi
di comunicazione, aggiungere i requisiti procedurali, o applicare regimi
sanzionatori più rigorosi. Se non è illegale, il gold plating è considerata una
cattiva pratica, perché impone costi che avrebbero potuto essere evitati.
Ma
non si può trascurare un altro principio, oggi del tutto disatteso, che è
quello della competenza e della
responsabilità delle “amministrazioni aggiudicatrici”, (cioè le
amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici
non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni,
consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti, secondo la
definizione del Codice), che sono a vario titolo competenti e responsabili per
la realizzazione di opere pubbliche e per la prestazione di servizi ai
cittadini. Essi devono essere messi in condizione di operare senza lacci e
laccioli che derivano, unicamente, dalla “cultura del sospetto”.
E’
la Costituzione italiana che assegna le competenze ai soggetti istituzionali
(Stato, Regioni, Province, Comuni) che dispongono delle capacità tecniche,
amministrative, finanziarie per attuare quanto spetta alla loro competenza e
responsabilità e ai quali guardano i cittadini.
In
questo senso, anche i ripetuti tentativi di ridurre il numero delle stazioni
appaltanti, togliendo agli Enti pubblici la possibilità di operare in proprio,
non solo è contrario ai principi costituzionali, ma determina un arretramento
del principio di autonomia di tali soggetti istituzionali, con il risultato di
depauperare e mortificare le tante figure professionali presenti negli enti,
oggi largamente diffuse e capaci di operare con efficacia ed efficienza. Le
eccezioni in negativo si trovano in tutte le organizzazioni. Non è affatto
dimostrato che la concentrazione delle funzioni di stazione appaltante in un
organismo di grandi dimensioni non dia luogo a fenomeni di inefficienza o,
peggio, di condizionamento o corruzione. Chi deve decidere cosa fare (cosa
acquistare, cosa progettare, cosa costruire) e come fare (in quali tempi, a
quali costi, con quali criteri di selezione delle offerte) non può che essere
il committente (Ente locale, azienda sanitaria, istituzione pubblica ecc.)
destinataria dell’opera, del servizio e della fornitura; quindi il committente
e solo il committente potrà definire delle condizioni e dei capitolati misurati
sulle proprie esigenze; alla fine del processo sarà sempre il committente (o i
suoi utenti o cittadini) ad usufruire dell’opera, del servizio e della
fornitura.
Questi
committenti pubblici devono essere tutelati e supportati, non calpestati o
criminalizzati, dando loro gli strumenti per operare con maggiore efficacia ed
efficienza, per far crescere e diffondere la competenza e la capacità
decisoria, anche tramite le aggregazioni volontarie degli enti.
Ci
sono negli enti italiani migliaia di tecnici e funzionari ammnistrativi capaci,
di provata serietà e onestà: sono coloro che ogni giorno assicurano l’attuazione dei lavori
pubblici, forniture e servizi, che non sono solo le grandi opere, ma anche le
opere minori e le manutenzioni ordinarie e straordinarie del patrimonio
esistente. Perché le strutture tecniche e amministrative delle amministrazioni
pubbliche devono essere considerate inaffidabili? Anni fa decideva tutto l’organo
politico e c’erano i Coreco che controllavano ogni delibera. Poi sono stati
eliminati i Coreco e la gestione tecnico amministrativa dell’ente è stata
assegnata ai dirigenti pubblici. Però i dirigenti pubblici non possono
applicare la normativa vigente (territoriale, urbanistica, paesaggistica,
tecnica, ambientale, ecc) assumendo la piena responsabilità delle decisioni
finali; deve sempre esserci l’assenso, il nulla osta, l’autorizzazione di altri
soggetti detentori della verità, unici in grado di applicare la normativa
settoriale.
Realizzare
un’opera pubblica o fornire un servizio pubblico non è solo questione di regole
per la scelta del soggetto a cui affidare la costruzione materiale o la
prestazione, ma è capacità di gestione unitaria di un processo che è comunque
complesso, dall’ideazione alla progettazione, dal finanziamento alla
realizzazione, dalla manutenzione al controllo del permanere delle condizioni
di efficienza dell’opera.
Per
realizzare l’opera pubblica sono necessarie due figure professionali, importanti
e imprescindibili, per le quali le amministrazioni pubbliche devono essere in
grado di disporre dei soggetti qualificati allo scopo: l’uno facente parte
della propria struttura tecnica e l’altro da scegliere in base a procedure
stabilite dalla normativa. Le due figure sono:
1
– il Direttore del Progetto, cioè il
Project Manager, colui che dall’inizio alla fine del processo, ha la
competenza e la capacità di operare con una visione unitaria di tutti gli
argomenti e le componenti che possono intervenire nel processo, in relazione
alla complessità dell’opera o del servizio, ma che possa agire anche con un
certo grado di autonomia in dipendenza di situazioni impreviste e
imprevedibili.
Oggi
il Codice lo definisce “Responsabile Unico del Procedimento” (RUP), una
denominazione che dimostra il permanere di una visione riduttiva di questa
figura, secondo una visione organizzativa di stampo napoleonico, burocratica,
bizantina nelle procedure e nei riti, secondo la quale il funzionario deve
garantire il rispetto formale, unicamente formale, delle procedure stabilite,
al di là del raggiungimento dell’obiettivo di efficacia ed efficienza.
All’opposto di tale concezione c’è la figura del Commissario straordinario (il
dictator di epoca romana) che può derogare da tutte le norme e il cui utilizzo può
essere limitato solo a situazioni di emergenza.
2
– l’Esecutore dei lavori pubblici,
cioè le imprese o loro raggruppamenti che possono partecipare alla selezione
per l’affidamento del contratto.
E’
necessario disporre di un Sistema di qualificazione affidabile e aggiornato con
continuità, oggi gestito tramite le SOA (Società Organismi di Attestazione) che
deve consentire all’amministrazione aggiudicatrice di disporre di un esecutore
dotato di:
- Idoneità professionale
- Capacità economica e finanziaria
- Capacità tecniche e professionali
e
per il quale non sussistano motivi di esclusione di cui all’art.80 del Codice
dei contratti e del Codice antimafia. Su questo punto è essenziale, ai fini
della semplificazione degli adempimenti e della riduzione dei tempi, disporre
di una Banca dati gestita e aggiornata a livello nazionale che, in tempo reale,
consenta alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da
parte dell’offerente. Non è possibile che l’ente pubblico debba addossarsi
l’onere di acquisire tutte le informazioni necessarie allo scopo, quando gli
strumenti informatici oggi disponibili (anche tramite l’incrocio di diverse
banche dati) possono garantire un risultato veloce e affidabile.
L’aggiornamento della banca dati potrebbe essere demandato agli operatori
economici, anche tramite le SOA, responsabilizzando le stesse al fine della
partecipazione alle gare; a fronte di dati incompleti o non aggiornati si può
arrivare all’esclusione dalla gara.
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