Con
la sentenza n. 5031/2014 depositata il 9 ottobre 2014, la sesta sezione del
Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sul tema della SCIA per l'ampliamento
con cambio di destinazione d'uso.
Nel
caso esaminato, la società ricorrente presentò al comune resistente una SCIA
(Segnalazione Certificata di Inizio Attività), inibita con l’ordinanza n. 69
del 2011 (non opposta), per l’ampliamento con cambio di destinazione d’uso di
un manufatto da “Coltivazioni in serre fisse” ad “Abitativo”, in applicazione
del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70.
In
assenza di normativa regionale attuativa del decreto legge n. 70/2011, occorre
applicare l’art. 14 del d.P.R. n. 380/2001 che consente deroga esclusivamente
per edifici e impianti pubblici o d’interesse pubblico
Dopo
la conversione del citato decreto in legge, la quale ha previsto talune norme
transitorie, tale SCIA è stata rinnovata dalla citata società, ma nuovamente
rigettata dall’amministrazione comunale per “la valutazione di inammissibilità
dell’intervento proposto in quanto contrastante con le previsioni del RUE…”,
alla luce delle istruzioni fornite dalla sopraggiunta delibera di Giunta
regionale n. 1281/2011, secondo la quale, per essere già presenti nella
legislazione emiliano-romagnola misure di incentivazione corrispondenti a
quelle previste dalla suindicata disciplina statale, non trovassero
applicazione in ambito regionale le disposizioni transitorie di cui all’art. 5,
comma 11 e 14, del decreto-legge n. 70/2011.
Con
la sentenza n. 518 del 24 luglio 2012, il Tar Emilia Romagna accoglieva il
ricorso proposto dalla società interessata e annullava gli atti gravati, nel
rilievo di una astratta applicabilità della normativa statale sopraggiunta e di
una operatività delle previste norme suppletive in caso di inerzia del
legislatore regionale.
L’amministrazione
comunale ha ripreso il procedimento e, all’esito, ha disposto il ripristino
delle opere trasformate da serre in appartamenti abusivi, come da ordinanza di
demolizione n. 1 del 2013, impugnata dalla società immobiliare.
I
giudici di prima istanza evidenziarono tra l'altro che “la realizzazione di
unità abitative in luogo della serra assentita, andava in totale difformità dal
titolo edilizio rilasciato e si poneva quale costruzione nuova in contrasto con
le previsioni di PRG, dovendo avvenire l’auspicata sanzione pecuniaria
alternativa ad iniziativa di parte”.
La
società appellante ha criticato la sentenza di primo grado, denunciando la
violazione dell’asserito pregresso giudicato; l’omessa rimozione della SCIA già
perfezionatasi e definitivamente consolidatasi; la natura di ristrutturazione
edilizia rivestita dall’intervento di trasformazione ritenuto abusivo e
l’assentibilità in base al decreto-legge n. 70/2011; la genericità e
l’indeterminatezza dell’ordine di demolizione; l’ingiusta condanna alle spese
di lite.
Secondo
il Consiglio di Stato, l'appello è infondato. “Come da esposizione in fatto, è
appunto pacifico in atti che si discute di trasformazione abusiva di una
preesistenza adibita a serre in unità abitative tramite SCIA, a parte la
mancata impugnazione dell’inibizione comminata dal comune resistente sulla
prima e le vicende processuali che ruotano intorno alla seconda. Né può essere
richiesta, in virtù del principio di sinteticità, una motivazione che, in modo
meccanico e pedissequo, assuma partitamente a riferimento ogni singolo profilo
argomentativo delle parti”.
I
giudici del Consiglio di Stato sottolineano che “il cambio d’uso non riguarda
solo il manufatto, ma investe anche il mutamento della destinazione d’uso della
zona di PRG, che comporta variante urbanistica; in quanto la ristrutturazione
può attenere al manufatto esistente destinato a serra e, quindi, i lavori
devono consistere in interventi compatibili e complementari, mentre essa è
estranea alla realizzazione di unità residenziali, che costituiscono opere
nuove; posto che, in assenza di normativa regionale attuativa del decreto legge
n. 70 del 2011, occorre applicare l’art. 14 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia), che consente deroga esclusivamente per edifici ed impianti pubblici
o d’interesse pubblico”.
Il
CdS ha dunque respinto l'appello e confermato la sentenza, “alla luce della
totale difformità dei lavori eseguiti di trasformazione della serra in unità
abitative, che di per sé identifica le opere di ripristino intimate
dall’ordinanza di demolizione”.
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