Con
la sentenza n. 20985 depositata il 6 ottobre 2014, la sezione II civile la
Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da due cittadini condannati alla
rimozione di condizionatori apposti sulla facciata esterna del condominio e
all'integrale ripristino dello stato dei luoghi.
Secondo
la Cassazione, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del
fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le
linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente
sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa
avere l'edificio.
Inoltre, la relativa valutazione spetta al giudice di merito,
ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione.
Nel
caso in esame, l'apposizione dei macchinari per il condizionamento è stata
oggetto anche di un procedimento amministrativo di sanatoria, in quanto
l'immobile in questione era situato in una zona soggetta a vincoli urbanistici.
Secondo
i ricorrenti la Corte di merito avrebbe considerato alterato il decoro
architettonico del fabbricato per effetto della realizzazione dell'impianto in
oggetto senza valutare la obiettiva rilevanza, incidenza e gravità delle innovazioni
di cui si tratta e la idoneità delle stesse a produrre un pregiudizio
economicamente apprezzabile. A maggior ragione tale valutazione sarebbe stata
necessaria in considerazione dell'intervenuta sanatoria in via amministrativa
delle opere realizzate, evidentemente ritenute perciò non pregiudizievoli per
l'ambiente.
Questa
censura, per la Cassazione, è infondata in quanto “la sentenza impugnata,
premesso che il fabbricato aveva struttura e linee architettoniche residenziali
ed era inserito in un ambito paesaggistico protetto, ha condiviso
l'affermazione del primo giudice secondo la quale era facilmente evincibile
dalle fotografie prodotte la lesione al decoro architettonico dell'edificio
derivante dalle dimensioni delle due apparecchiature e dalla loro collocazione
quasi "aggrappati" alla gronda del tetto, di cui rompevano la
continuità.
La
Corte ha così fatto applicazione dell'art. 1120 c.c., tenuto conto che
costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato
condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee
architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente
sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa
avere l'edificio e che la relativa valutazione spetta al giudice di merito, ed
è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione (v.
Cass., sent. n. 10350 del 2011)”.
Inoltre, “i
rapporti tra l'esecutore delle opere e la pubblica autorità investita della
tutela urbanistica non possono interferire negativamente sulle posizioni
soggettive attribuite agli altri condomini dall'art. 1120 c.c., comma 2, per la
preservazione del decoro architettonico dell'edificio.
Ne
consegue che, al fine di accertare la legittimità, ai sensi del citato art.
1120 c.c., comma 2, della innovazione eseguita dal proprietario di un piano o
di una porzione di piano, in corrispondenza della sua proprietà esclusiva, è
irrilevante che l'autorità preposta alla indicata tutela abbia autorizzato
l'opera (v. Cass., S.U., sent. n. 2552 del 1975)”.
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