Sesta sezione del Consiglio
di Stato con la sentenza n. 10/2016 depositata il 4 gennaio 2016.
In linea generale, la
realizzazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate rimane assoggettata al
regime della d.i.a. - in seguito s.c.i.a. - ove dette opere non superino in
concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia. Occorre invece il
permesso di costruire ove detti interventi superino tale soglia.
Preliminarmente,
i giudici del CdS osservano che il Testo unico dell’edilizia (d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380) “non contiene indicazioni dirimenti: non vi è detto se il muro di
cinta necessiti del permesso di costruire in quanto intervento di nuova
costruzione (ai sensi degli articoli 3, comma 1, lettera e) e 10 del d.P.R. 6
giugno 2001, n. 380) ovvero se sia sufficiente la denuncia di inizio di
attività di cui all'articolo 22 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001 (in
seguito: segnalazione certificata di inizio di attività, ai sensi dell'articolo
19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel testo introdotto dal comma 4-bis
dell'articolo 49 d.-l. 31 maggio 2010, n. 78, come convertito con modificazioni
dalla l. 30 luglio 2010, n. 122)”.
OCCORRE
FAR RIFERIMENTO ALL’IMPATTO EFFETTIVO CHE LE OPERE GENERANO SUL TERRITORIO. La
sesta sezione del CdS ricorda che “L’orientamento prevalente di questo
Consiglio di Stato, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, è nel
senso che più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio
(sussumibile nella categoria delle opere funzionali a chiudere i confini sui
fondi finitimi) occorre far riferimento all’impatto effettivo che le opere a
ciò strumentali generano sul territorio: con la conseguenza che si deve
qualificare l’intervento edilizio quale nuova costruzione (con quanto ne
consegue ai fini del previo rilascio dei necessari titoli abilitativi) quante
volte abbia l'effettiva idoneità di determinare significative trasformazioni
urbanistiche e edilizie”.
LA
REALIZZAZIONE DI MURI DI CINTA DI CORPO E ALTEZZA MODESTI È GENERALMENTE
ASSOGGETTABILE AL SOLO REGIME DELLA SCIA. Quindi “Sulla base di tale approccio
attento al rapporto effettivo dell’innovazione con la preesistenza
territoriale, e che prescinde dal mero e astratto nomen iuris utilizzato per
qualificare l’opus quale muro di recinzione (o altre simili), la realizzazione
di muri di cinta di modesti corpo e altezza è generalmente assoggettabile al
solo regime della denuncia di inizio di attività di cui all'articolo 22 e, in seguito,
al regime della segnalazione certificata di inizio di attività di cui al nuovo
articolo 19 della l. n. 241 del 1990”.
Il
Consiglio di Stato aggiunge che “Non contraddice quanto appena detto la
circostanza che, nel caso specifico, la precitata sentenza di questa Sezione n.
3408 del 2014, il Collegio abbia invece ritenuto necessario il permesso di
costruire per la realizzazione di un muro di cinta con altezza al colmo pari a
1,70 mt., tenuto conto del fatto che la ratio decidendi era nel senso che quel
singolo intervento aveva determinato un'incidenza sull'assetto complessivo del
territorio di entità ed impatto tali da produrre un'apprezzabile trasformazione
urbanistica o edilizia.
Era
quella una motivazione puntuale, adattata al caso di specie, confermativa
dell’approccio sostanzialista (e non nominalistico) che attribuisce in ogni
caso rilievo alla consistenza quali-quantitativa del concreto intervento
edilizio sul territorio”.
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