La certificazione di qualità esprime
ed assicura la capacità di un operatore economico di organizzare i propri
processi produttivi e le proprie risorse al fine di corrispondere, nel modo
migliore, alle richieste della committenza e, più in generale, del mercato di
riferimento. Pertanto, il rilascio di tale certificazione costituisce il
traguardo di un percorso che vede impegnata l’intera struttura aziendale; ne
deriva che proprio l’intima correlazione tra l’ottimale gestione dell’impresa
nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità rende la certificazione in
questione un requisito connotato da un’implicita soggettività e, come tale, non
cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall’intero complesso aziendale
in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità.
Sono emerse in giurisprudenza opinioni
contrastanti sull’ammissibilità del ricorso all’avvalimento per quanto concerne
la certificazione di qualità. Sul punto, si ritiene di confermare la posizione
già espressa dall’Autorità (4) nel senso dell’inammissibilità del ricorso
all’avvalimento per la certificazione di qualità. Al riguardo, in primo luogo,
si osserva che il legislatore italiano, nel recepire l’istituto
dell’avvalimento all’art. 49 del Codice, ha riconosciuto allo stesso la
medesima portata attribuitagli dal diritto comunitario. La norma nazionale,
infatti, come quella comunitaria, ne circoscrive l’ambito oggettivo di
applicazione ai soli requisiti di carattere economico-finanziario e
tecnico-organizzativo ovvero alla certificazione SOA.
Pertanto, l’avvalimento
ha portata generale solo nel perimetro sopra evidenziato, tanto è vero che
dottrina e giurisprudenza non hanno mai messo in dubbio l’inapplicabilità
dell’avvalimento ai requisiti di ordine generale, tradizionalmente definiti di
ordine pubblico o di moralità. Sotto questo profilo, si sottolinea che la certificazione
di qualità non è compresa né tra i requisiti concernenti la capacità
economico-finanziario né tra quelli concernenti la capacità
tecnico-organizzativa dell’operatore economico di cui agli artt. 41 e 42 del
Codice, ma risulta disciplinata da un altro articolo del Codice, l’art. 43.
In
secondo luogo, si rappresenta che tale articolo qualifica in termini
sostanziali la certificazione in esame come attestazione dell’“ottemperanza
dell’operatore economico a determinate norme in materia di garanzia di qualità”.
Le norme a cui fa riferimento la predetta disposizione sono quelle identificate
a livello europeo con l’acronimo ISO 9001 che definiscono i principi che
l’imprenditore deve seguire nel sistema di gestione per la qualità
dell’organizzazione, ma non disciplinano il modo in cui l’imprenditore deve
realizzare le proprie lavorazioni.
La certificazione di qualità ISO 9001 non
copre, quindi, il prodotto realizzato o il servizio/la lavorazione resi, ma
testimonia semplicemente che l’imprenditore opera in conformità a specifici
standard internazionali per quanto attiene la qualità dei propri processi
produttivi. Ciò permette di assimilare la certificazione di qualità ad un
requisito soggettivo in quanto attinente ad uno specifico “status”
dell’imprenditore: l’aver ottemperato a determinate disposizioni normative
preordinate a garantire alla stazione appaltante che l’esecuzione delle
prestazioni contrattuali avverrà nel rispetto della normativa in materia di
processi di qualità.
In terzo luogo, occorre considerare
che il legislatore ha stabilito una disciplina differenziata per gli appalti di
servizi e forniture, da un lato, e per gli appalti di lavori, dall’altro.
Nell’ambito dell’avvalimento, come si illustrerà meglio nel proseguo, l’art.
49, comma 6, del Codice, in estrema sintesi, prevede che i requisiti che
concorrono al rilascio dell’attestazione SOA non possono essere oggetto di
utilizzo frazionato. Ciò può considerarsi un riflesso della scelta operata dal
legislatore di costruire un meccanismo di qualificazione alle gare, basato
sull’attestazione preliminare ed astratta dell’idoneità dell’impresa (distinta
per categorie e classifiche), che mal si concilia con l’idea della suddivisione
dei requisiti tipica dell’avvalimento. L’attestazione SOA è considerata sempre
un inscindibile elemento di sintesi di un complesso variabile di requisiti, che
può essere oggetto di avvalimento nella sua totalità. Inoltre, la attestazione
SOA è, secondo quanto previsto da Codice e Regolamento, condizione necessaria e
sufficiente per partecipare alle gare. Poiché la certificazione di qualità
rientra nel complesso dei requisiti necessari per il rilascio dell’attestazione
SOA (5), se ne deduce che consentire l’avvalimento della sola
certificazione di qualità, disgiunta dall’avvalimento della SOA, finirebbe per
tradursi nella legittimazione di un frazionamento dei requisiti, in aperto
contrasto con la ratio che permea l’art. 49, comma 6, del Codice. Né può, in
senso contrario, osservarsi che, così argomentando, si creerebbe una disparità
di trattamento tra il settore dei lavori e quello dei servizi e delle forniture
(ove è invece permesso il frazionamento dei requisiti non esistendo un sistema
di qualificazione centralizzato), in quanto, come rilevato, è proprio il
legislatore ad avere introdotto regole diverse.
In sintesi, alla luce delle
argomentazioni esposte, si ritiene che l’art. 49 del Codice vada interpretato
nel senso che lo stesso non consente l’avvalimento della certificazione di
qualità, tranne nell’ipotesi in cui la stessa sia compresa nella attestazione
SOA; tale conclusione tiene conto sia della natura sostanziale della
certificazione in questione, come sopra ricostruita, sia del dato
formale-testuale, emergente dal diritto comunitario e nazionale, che disciplina
la certificazione di qualità in un articolo distinto e separato rispetto a
quelli dedicati ai requisiti speciali proprio al fine di sottolinearne la
differenza.
5 L’art. 63, comma 1 del Regolamento richiama
la certificazione di qualità ai fini della qualificazione SOA, ai sensi
dell’art. 40, comma 3, lett. a) del Codice, evidenziando come la stessa debba
essere posseduta dalle imprese per classifiche superiori alla II.
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