L’istituto del Contraente Generale,
mutuato dal general contractor di tradizione anglosassone, di fatto già
presente nella realtà economica italiana, è stato introdotto
nell’ordinamento giuridico e specificatamente disciplinato con la legge
delega 21 dicembre 2001 n. 443 (“legge obiettivo”) e il successivo
decreto di attuazione n. 20 agosto 2002 n. 190, che ha previsto
l’affidamento “ad un soggetto dotato di adeguata esperienza e
qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata capacità
organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria [del]la realizzazione
con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate
nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dal soggetto
aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in
tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori” (art. 9, comma 1, D.lgs.
190/2002).
Il D.Lgs. n.163/2006 recante
il Codice dei contratti pubblici ha confermato la disciplina dettata dal
D.lgs. n. 190/2002 riproponendo nell’art. 176 la stessa definizione di
cui al decreto di attuazione.
L’istituto in esame si caratterizza
per la libertà di forme nella realizzazione dell’opera di cui il Contraente
Generale – soggetto dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico
realizzativa e finanziaria individuato a seguito di procedura ristretta – può
disporre, oltre che per l’assunzione, da parte dello stesso, dell’onere
relativo all’anticipazione temporale del finanziamento necessario nonchè
dell’obbligazione per il risultato complessivo dell’opera.
In particolare, al Contraente
Generale viene affidata, oltre all’esecuzione con qualsiasi mezzo
dell’opera, lo sviluppo del progetto definitivo, la progettazione
esecutiva, il prefinanziamento totale o parziale, l’acquisizione delle
aree di sedime, l’individuazione delle modalità gestionali dell’opera e
di selezione dei soggetti gestori e l’indicazione, al soggetto
aggiudicatore, del piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle
forniture di materiale e di tutti gli elementi utili a prevenire le
infiltrazioni della criminalità (art. 176, comma 2, D.lgs. n. 163/2006).
Per
quanto attiene alla realizzazione dell’opera, i lavori possono essere eseguiti
direttamente dal Contraente Generale, qualora sia dotato della richiesta
qualificazione, oppure possono essere affidati a soggetti terzi, a loro
volta debitamente qualificati, i quali possono ulteriormente subaffidarli
nei limiti ed alle condizioni previste per gli appaltatori di lavori
pubblici (art. 176, comma 7, D.lgs. n. 163/2006).
Come ritenuto nella Risoluzione
n. 155/E dell’Agenzia delle Entrate, il corretto inquadramento della
natura giuridica degli affidamenti a terzi, da cui dipende l’applicazione
del regime di reverse-change dell’IVA, discende a sua volta
dall’individuazione della natura dell’affidamento al Contraente Generale.
La difficoltà dell’operazione,
cui la dottrina si è applicata giungendo a risultati diversi, deriva
dalla complessità dell’istituto, caratterizzato dalla molteplicità nonché
dalla differente natura delle prestazioni poste a carico del Contraente
Generale. Come visto, infatti, al Contraente Generale spetta, oltre alla
realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera, lo svolgimento di compiti
autoritativi che sono tipici delle stazioni appaltanti, quali quelli di
soggetto espropriante e di direttore dei lavori. A ciò si aggiunga
l’onere del prefinanziamento totale o parziale dell’opera da realizzare.
A fronte di tale disciplina,
parte della dottrina, evidenziando la deroga alla disciplina sui lavori
pubblici e la libertà organizzativa di cui gode il Contraente Generale,
ritiene che l’operazione sia riconducibile al mandato senza rappresentanza
(nel quale il Contraente Generale provvede in nome proprio a compiere una
serie di atti giuridici i cui risultati saranno trasferiti in capo al
soggetto aggiudicatore) e che, pertanto, la disciplina applicabile nella
fase di scelta del Contraente Generale dovrebbe essere quella
dell’appalto di servizi; secondo altri occorre condurre le varie
prestazioni pattuite tra soggetto aggiudicatore Contraente Generale al
fenomeno del collegamento negoziale; a parere di altra parte della dottrina si
tratterebbe di un contratto misto caratterizzato da una sostanziale
atipicità; infine, c’è chi, evidenziando la presenza in capo al
Contraente Generale di alcune funzioni pubblicistiche analoghe a quelle
proprie del concessionario di lavori pubblici, compresa quella di
committenza a terzi, sottolinea proprio le similitudini dell’istituto in
esame con la concessione di lavori pubblici e, in particolare, con la
concessione di committenza.
A fronte di detto eterogeneo
panorama dottrinale, che pur non fornendo risposte definitive ha il
merito di evidenziare la complessità del problema, la riconduzione tout
court dell’istituto in esame nell’alveo del contratto di appalto di
lavori pubblici non sembra in grado di cogliere e spiegare tutti gli
elementi peculiari che lo caratterizzano.
Come visto, infatti, la posizione
del Contraente Generale va oltre quella di mero appaltatore,
essendo investito di un ventaglio più ampio di funzioni e poteri (art.
176, comma 2, D.lgs. n. 163/2006), alcuni dei quali tipici della stazione
appaltante.
Tra questi poteri che, a parere
della scrivente, differiscono da quelli propri dell’appaltatore,
v’è quello di affidamento a terzi, in toto, della realizzazione
dell’opera. Il contratto di appalto tipico consente il subappalto nei
limiti del 30% (art. 118, comma 2, D.Lgs. n. 163/2006).
Nel
caso del Contraente Generale, l’affidamento, anche totale, a terzi
dell’esecuzione dei lavori, senza necessità di rispettare le norme
dell’evidenza pubblica, sembra rientrare piuttosto nel concetto di
“esecuzione con qualsiasi mezzo” ed essere funzionale all’esigenza del
legislatore di superare gli ostacoli giuridici e di realizzare
concretamente e velocemente i progetti ritenuti strategici e di interesse
nazionale che era alla base della “legge obiettivo” e del conseguente
D.Lgs. n.190/2002. Conseguentemente, l’affidamento a terzi da parte del
Contraente Generale sembra più correttamente assimilabile, su un piano
sistematico, come evidenziato da parte della dottrina, all’esercizio di
una funzione pubblicistica di individuazione del committente, in analogia
a quanto previsto per la concessione di lavori pubblici.
Tale interpretazione sembra avvalorata
dalla circostanza che il terzo affidatario può, a sua volta, subaffidare
i lavori, nei limiti e alle condizioni previste per gli appaltatori di
lavori pubblici (art. 176, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006). In sostanza,
il terzo affidatario, più che come subappaltatore (che, in quanto tale, a
norma dell’art. 118, comma 9, del D.lgs. n. 163/2006, non potrebbe
ulteriormente subappaltare) sembra qualificarsi come appaltatore, nei confronti
del Contraente Generale, di tutta o parte dell’opera da realizzare.
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