Il
nostro ordinamento, ai sensi degli articoli 10, comma 9, del D.P.R. n. 252 del
1998, prevede almeno due diverse informative antimafia, quella tipica ed
atipica: “a) la prima, comportante il divieto di stipulazione (ovvero
l’automatica risoluzione) di contratti con imprese per le quali emergano
elementi comprovanti le infiltrazioni della criminalità organizzata (mediante
le informative cd. "tipiche" od "interdittive"); b)
l’altra, consistente nel fornire alle Amministrazioni elementi che – se pur non
tali da consentire di ritenere sussistenti le infiltrazioni – permettano alle
stesse la valutazione, nell’ambito della loro discrezionalità e nei limiti
previsti dalla legge, dei requisiti soggettivi del soggetto contraente
(mediante le informative cd. "atipiche").”
I Giudici del Tar Lazio, con la sentenza n. 32839/2010, sono stati chiamati a stabilire se entrambe le informative possano incidere sull’efficacia del contratto, determinandone la risoluzione automatica.
Sul punto è stato chiarito che il c.d. protocollo di legalità “nel determinare ipotesi che comportano l’obbligo di "risoluzione immediata ed automatica del vincolo contrattuale" in dipendenza di "elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa", si riferisce ad elementi che si sostanziano in "informazioni antimafia dal valore interdittivo". Per un verso, ciò si evince dalla lettura coordinata delle lettere c) e d) dell’art. 2, non essendo ragionevole ritenere che le due disposizioni fondino le medesime conseguenze (cioè la "risoluzione immediata ed automatica del vincolo contrattuale"), da un lato su formali "informazioni antimafia dal valore interdittivo" e, da altro lato, su "elementi" non meglio definiti (atipici) "relativi a tentativi di infiltrazione". Per altro verso, è del tutto evidente che un effetto "immediato ed automatico" di revoca di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato e, per di più, di risoluzione unilaterale di un contratto, non può che conseguire ad ipotesi puntualmente definite dal legislatore, ipotesi che, in quanto tali, consentono di ritenere (con ragionevolezza) vincolata l’attività dell’amministrazione e che, imponendosi come factum principis, legittimano la risoluzione del rapporto contrattuale.
Ciò comporta che la revoca della concessione e la risoluzione del contratto, automaticamente ed immediatamente disposte, possono conseguire solo alla presenza di cause interdittive di cui agli artt. . n. 575/1965, 4 d. lgs. n. 490/1994 e 10 DPR n. 252/1998, ma non possono conseguire, nello stesso modo immediato ed automatico, alla mera rilevazione di elementi che – non assurgendo ex se a fondamento di informazioni antimafia con effetto interdittivo – abbisognano di valutazione da parte dell’amministrazione e quindi di motivazione in ordine alla loro rilevanza.”
In definitiva, dunque, in presenza di informative antimafia atipiche, l’effetto risolutivo immediato non si verifica e l’amministrazione appaltante è chiamata a valutare autonomamente ed in maniera discrezionale la possibilità di giungere alla risoluzione contrattuale, partendo dalle informazioni oggetto della richiamata informativa.
[TAR Lazio – Roma, Sez. I - sentenza 18 ottobre 2010 n. 32839]
I Giudici del Tar Lazio, con la sentenza n. 32839/2010, sono stati chiamati a stabilire se entrambe le informative possano incidere sull’efficacia del contratto, determinandone la risoluzione automatica.
Sul punto è stato chiarito che il c.d. protocollo di legalità “nel determinare ipotesi che comportano l’obbligo di "risoluzione immediata ed automatica del vincolo contrattuale" in dipendenza di "elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa", si riferisce ad elementi che si sostanziano in "informazioni antimafia dal valore interdittivo". Per un verso, ciò si evince dalla lettura coordinata delle lettere c) e d) dell’art. 2, non essendo ragionevole ritenere che le due disposizioni fondino le medesime conseguenze (cioè la "risoluzione immediata ed automatica del vincolo contrattuale"), da un lato su formali "informazioni antimafia dal valore interdittivo" e, da altro lato, su "elementi" non meglio definiti (atipici) "relativi a tentativi di infiltrazione". Per altro verso, è del tutto evidente che un effetto "immediato ed automatico" di revoca di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato e, per di più, di risoluzione unilaterale di un contratto, non può che conseguire ad ipotesi puntualmente definite dal legislatore, ipotesi che, in quanto tali, consentono di ritenere (con ragionevolezza) vincolata l’attività dell’amministrazione e che, imponendosi come factum principis, legittimano la risoluzione del rapporto contrattuale.
Ciò comporta che la revoca della concessione e la risoluzione del contratto, automaticamente ed immediatamente disposte, possono conseguire solo alla presenza di cause interdittive di cui agli artt. . n. 575/1965, 4 d. lgs. n. 490/1994 e 10 DPR n. 252/1998, ma non possono conseguire, nello stesso modo immediato ed automatico, alla mera rilevazione di elementi che – non assurgendo ex se a fondamento di informazioni antimafia con effetto interdittivo – abbisognano di valutazione da parte dell’amministrazione e quindi di motivazione in ordine alla loro rilevanza.”
In definitiva, dunque, in presenza di informative antimafia atipiche, l’effetto risolutivo immediato non si verifica e l’amministrazione appaltante è chiamata a valutare autonomamente ed in maniera discrezionale la possibilità di giungere alla risoluzione contrattuale, partendo dalle informazioni oggetto della richiamata informativa.
[TAR Lazio – Roma, Sez. I - sentenza 18 ottobre 2010 n. 32839]
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