L'istituto
dell'informazione prefettizia di cui all'articolo 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994
rappresenta una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva,
che si inserisce nel sistema prevenzionistico patrimoniale e si aggiunge alle
misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che dunque
prescinde dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi
all'associazione di tipo mafioso.
Com'è
noto, alla stregua della normativa di riferimento (Decreto legislativo 8 agosto
1994, n. 490, recante "Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994,
n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa
antimafia"; Decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252,
recante "Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti
relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia")
la giurisprudenza ha delineato tre categorie di
informative prefettizie:
-
la prima, ricognitiva di cause di divieto di per sé interdittive, ai sensi
dell'articolo 4, comma 4, del Decreto Legislativo n. 490 del 1994, nella parte
in cui annovera “le informazioni concernenti la sussistenza o meno … delle
cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indicate nell'allegato
1” (che, nel sistema del D.P.R. n. 252 del 1998, possono identificarsi con
"le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa"
desunte dalle lettere a) e b) del comma 7 dell'articolo 10 );
-
la seconda, relativa ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a
condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o delle imprese
interessate, la cui efficacia interdittiva, pure essa automatica, discende
dalle valutazioni che il Prefetto abbia compiuto a seguito delle “necessarie
verifiche”, di cui all’ultimo periodo del comma 4 citato (che, nel sistema del
D.P.R. n. 252 del 1998, possono identificarsi negli elementi emersi dagli
accertamenti di cui alla lettera c) del comma 7 dell'articolo 10);
-
la terza, relativa alle informazioni supplementari ed atipiche, il cui effetto
interdittivo è rimesso ad una valutazione autonoma e discrezionale
dell'amministrazione destinataria dell'informativa prevista dall'articolo
1-septies del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito con modificazioni
dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726 (articolo aggiunto dall'articolo 2 della
legge 15 novembre 1988, n. 486, e richiamato dall'articolo 10 comma 9 del
ricordato D.P.R. n. 252 del 1998) che, nel sistema del D.P.R. n. 252 del 1998,
è fatta salva dal disposto del relativo art. 10, comma 9.
Come
si ricava dalla normativa sopra riportata (v. art. 10, comma 8, del D.P.R. n.
252 del 1998), le informazioni tese ad accertare l'inesistenza di cause
impeditive a contrarre con la pubblica amministrazione, ovvero ad escludere
l'esistenza di elementi che inducano a ritenere la sussistenza di infiltrazioni
mafiose, sebbene debbano sicuramente riguardare gli amministratori della
società di capitali, devono essere condotte anche nei confronti di qualsiasi
altra persona che possa condizionare le scelte e gli indirizzi della società
stessa.
Sia
la lettera della legge, che la natura e la funzione delle informative
prefettizie antimafia conducono a sottolineare ch’esse non si esauriscono in un
mero riscontro formale dell'esistenza o meno di cause ostative derivanti da
provvedimenti giurisdizionali o da proposte di applicazione di misure di
prevenzione, ma implicano, da parte dell'autorità prefettizia, l'esercizio di
un ampio potere di valutazione, in termini di prevenzione, di tutti gli
elementi di fatto, da cui possa ragionevolmente ricavarsi l'intervento della
criminalità organizzata in attività economiche e lucrative, onde evitare che
possa riversarsi nelle mani di quest'ultima la disponibilità di risorse
finanziarie pubbliche attraverso atti formalmente o apparentemente legittimi.
Dati questi presupposti, è evidente come non possa costituire una causa ostativa alla emanazione della informativa interdittiva l'avvenuta stipulazione del contratto e la sua attuazione.
Invero, dalla lettura dell'articolo 11 del DPR n. 252/1998 si evince la possibilità, per l'Amministrazione, di stipulare il contratto anche prima di aver ricevuto le informazioni prefettizie, fatta salva la possibilità per la stessa, in caso di emersione di elementi relativi ai tentativi di cui si tratta dalla informazione successiva, di "revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti " (comma 2), facoltà, questa, che il successivo comma 3 estende a qualsiasi caso di accertamento di elementi siffatti “successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto” .
Dati questi presupposti, è evidente come non possa costituire una causa ostativa alla emanazione della informativa interdittiva l'avvenuta stipulazione del contratto e la sua attuazione.
Invero, dalla lettura dell'articolo 11 del DPR n. 252/1998 si evince la possibilità, per l'Amministrazione, di stipulare il contratto anche prima di aver ricevuto le informazioni prefettizie, fatta salva la possibilità per la stessa, in caso di emersione di elementi relativi ai tentativi di cui si tratta dalla informazione successiva, di "revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti " (comma 2), facoltà, questa, che il successivo comma 3 estende a qualsiasi caso di accertamento di elementi siffatti “successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto” .
Quanto
alla revoca della aggiudicazione di una gara a favore di un’impresa poi
risultata soggetta ad infiltrazione mafiosa e/o al recesso dal relativo
contratto, la giurisprudenza amministrativa ha fissato i seguenti principi:
1 - ai fini della legittimità di
un siffatto atto di revoca non è necessaria la comunicazione di avvio del
procedimento prevista dall'art. 7 della legge n. 241/1990, in quanto trattasi
di procedimento iniziato con la domanda dell'impresa di partecipazione alla
gara (Cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, Sent. 14 gennaio 2002, n. 149 e, da ultimo,
TAR Calabria, Sez. I, Sent. 4 maggio 2011 n. 372);
2 - in riferimento alla natura
discrezionale dell'esercizio del potere di scioglimento dal vincolo
contrattuale già sorto, derivante dall'impiego dell'espressione "può"
contenuto nella norma (art. 4, ultimo comma, del D. Lgs. n. 490/1994), tale facoltà,
che non può concernere certamente gli accertamenti ed i giudizi relativi alla
sussistenza di elementi ostativi al rilascio dell'informativa antimafia,
essendo questi esclusivamente di competenza del Prefetto, ha ad oggetto
valutazioni di carattere strettamente amministrativo, caratterizzate da un
profilo di bassissima discrezionalità, posto che, rispetto all'eventualità di
proseguire comunque un rapporto con un'impresa sospettata di essere soggetta ad
infiltrazioni mafiose, appare senz'altro prevalente, come corollario del
fondamentale principio di imparzialità e buona amministrazione, l'opposta
esigenza di salvaguardare l'ordine e la sicurezza pubblica, nonché di serbare
un atteggiamento di favore per quelle imprese che operano sul mercato in
condizioni di assoluta trasparenza (V. T.A.R. Campania, Sez. I, n. 919/04; n.
3218/04 e n. 3219/04; 24 marzo 2005, n. 2478).
Per
completezza espositiva, infine, deve essere ricordato che tutta la normativa
appena esaminata è adesso confluita nel Decreto Legislativo 6 settembre 2011 n.
159 recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché
nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli
articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136″, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n° 226 del 28 settembre 2011, con il proposito, tra gli altri, di
riformare il sistema relativo alle certificazioni antimafia, la cui attuale
disciplina è “il frutto di un’evidente successione di norme spesso non ben
coordinate fra loro”. In particolare, la normativa
concernente le certificazioni in questione è contenuta nel Libro II del Codice,
le cui disposizioni (capi I, II, III e IV) “entrano in vigore decorsi 24 mesi
dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento ovvero,
quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti di cui all’articolo 99, comma
1”(art. 119 Codice).
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