L’art.
90, comma 8, del codice dei contratti (d.lgs. 163/2006) risponde all’esigenza
di assicurare par condicio, trasparenza e concorrenzialità nello svolgimento
delle procedure a evidenza pubblica, ciò in particolare mirando a evitare che
colui che ha avuto una parte determinante nell’elaborazione del progetto posto
a base di gara possa poi concorrere all’aggiudicazione della stessa.
Ai fini della declaratoria di incompatibilità, la giurisprudenza nazionale e comunitaria richiede la presenza di indizi seri, precisi e concordanti sulla circostanza che il partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato, abbia rivestito un ruolo determinante nell'indirizzo delle scelte dell'amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di informazioni riservate da falsare la concorrenza (C. Stato, V, n. 36 del 2008, cit.).
Ai fini della declaratoria di incompatibilità, la giurisprudenza nazionale e comunitaria richiede la presenza di indizi seri, precisi e concordanti sulla circostanza che il partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato, abbia rivestito un ruolo determinante nell'indirizzo delle scelte dell'amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di informazioni riservate da falsare la concorrenza (C. Stato, V, n. 36 del 2008, cit.).
Con
il conforto dell’acquisizione di un apposito parere espresso nel caso sotto
giudizio dalla Avvocatura dello Stato, il Tribunale ha escluso l’operatività,
in via di principio, di qualsiasi automatismo in merito alla suddetta
incompatibilità. Il Collegio ha affermato la devoluzione, in concreto, della
valutazione circa la sussistenza o meno del divieto per incompatibilità del
duplice ruolo, alla stazione appaltante. Quest’ultima, sulla scorta del
concreto atteggiarsi dei ruoli e dell’oggetto delle attività prestate nella
duplice veste dal professionista, avrebbe dovuto valutare la sussistenza o meno
di una posizione di indebito vantaggio scaturente per la concorrente rispetto
alle altre imprese: solo tale evenienza avrebbe potuto rendere operativo il
divieto. La citata assenza di automatismi nel divieto, avrebbe ben potuto
indurre la stazione appaltante a ritenere escludibile alcuna situazione idonea
a falsare il normale andamento della concorrenza e della par condicio,
ritenendo pienamente ammissibile la doppia partecipazione.
Relativamente
al caso pratico in cui il progettista aveva svolto incarichi di progettazione,
in un team di ulteriori professionisti, e senza peraltro l’elaborazione propria
di alcun documento, e successivamente veniva indicato quale consulente (libero
professionista) dell’impresa risultata poi aggiudicataria della gara, il
Collegio non aveva ritenuto configurabile alcuna delle lamentate condizioni
idonee a falsare l’ordinario meccanismo della concorrenza, con conseguente
assenza di qualsivoglia profilo di illegittimità.
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