venerdì 2 novembre 2012

ESPOSIZIONE LAVORATIVA A FUMI DI ASFALTO


In relazione alle attività di asfaltatura occorre precisare che:
- con il termine “asfalto” (o conglomerato bituminoso) “si intende una miscela di bitume (4-7%) e materiali inerti quali pietrisco, graniglia, sabbia, filler, polveri, utilizzato per la pavimentazione di strade e marciapiedi”;
- il bitume è invece “un materiale legante di origine naturale o un derivato della distillazione del petrolio ed è costituito da una miscela complessa di composti alifatici, composti eterociclici”, idrocarburi aromatici (1%), tracce di metalli (nichel, ferro e vanadio): quando è scaldato “produce fumi e vapori in cui si ritrovano piccole quantità (1%) di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)”;
- il bitume, malgrado l’aspetto simile, è cosa ben diversa dal catrame; quest’ultimo, non usato in Italia e ottenuto per distillazione distruttiva del carbon fossile, contiene circa il 90% di IPA;
- l’Agenzia internazionale per le ricerche sul Cancro (IARC) ha “classificato alcuni IPA come cancerogeni certi (1), possibili (2A) o probabili (2B) per l’uomo; sei di questi sono stati posti dall’Unione Europea tra le sostanze ad attività cancerogena nota (categoria 2) ed etichettati con la frase di rischio R45 (“può provocare il cancro”)”. Tuttavia secondo l’attuale legislazione dell’Unione Europea il bitume non è classificato come pericoloso. Nel fact sheet è inclusa una esauriente tabella con la classificazione di cancerogeneità della IARC e della UE.
Durante le opere di asfaltatura, gli addetti alla preparazione e stesura del manto stradale possono essere esposti ad agenti chimici con un possibile effetto irritante e genotossico. Gli effetti negativi sulla salute provocati dai fumi di asfalto sembrano per lo più legati alla “presenza degli IPA ed alle loro note proprietà mutagene e cancerogene; in particolare, gli analoghi solforati degli IPA potrebbero essere i composti maggiormente genotossici nei fumi di asfalto”.
Malgrado il fatto che normalmente il livello di esposizione dei lavoratori agli IPA sia basso, “c’è la possibilità di effetti a lungo termine sulla salute dovuti ad un’esposizione cronica per inalazione o contatto cutaneo”.
Gli organi più colpiti sono i polmoni, la vescica, la pelle ed il tratto laringofaringeo, “ma la presenza di IPA è stata evidenziata in tutti gli organi ricchi di tessuto adiposo, in quanto questo funge da deposito”.
Gli studi epidemiologici fin qui condotti hanno prodotto risultati spesso contrastanti.
Se si può parlare di un’associazione tra aumento di rischio di cancro ed esposizione professionale a fumi di asfalto, non ci sono tuttavia “ancora prove sufficienti per stabilire una relazione causale tra esposizione e rischio, importante per decidere i limiti di esposizione professionale ed ambientale”.
Le campagne di monitoraggio ambientale e biologico effettuate sugli asfaltatori hanno mostrano “un’esposizione ad IPA che oscilla tra livelli simili a quelli riscontrabili nella popolazione di un’area metropolitana e livelli più elevati”.
Riguardo a eventuali limiti di esposizione a fumi di asfalto non c’è in Europa una regola comune.
Se alcuni paesi ne hanno specificati di propri, nel nostro paese, che non ha specificato alcun limite, “si seguono le raccomandazioni della ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists)”. Ad oggi “il limite per i fumi d’asfalto è 0,5 mg/m3 di particolato inalabile solubile in benzene” e l’esposizione ad IPA è valutata mediante due tipi di monitoraggio:
- ambientale: “consiste nella valutazione dell’esposizione per via inalatoria nell’ambiente di lavoro mediante il dosaggio della concentrazione degli IPA nell’aria” ed è effettuato “con campionatori fissi (campionamento ambientale) e/o personali posizionati in zona respiratoria (campionamento individuale)”;
- biologico: “consiste nella valutazione dell’esposizione globale agli IPA presenti nell’ambiente di lavoro mediante la misura di idonei indicatori biologici”, ad esempio con un dosaggio degli IPA e dei metaboliti escreti con le urine.
Circa le misure di prevenzione e protezione da adotare per l’esposizione a fumi di asfalto, deve essere effettuata una corretta valutazione del rischio, mediante monitoraggio dell’esposizione ambientale e personale, ed un’idonea informazione/formazione degli addetti ai lavori sui rischi legati all’attività, sulle loro conseguenze e sulle precauzioni da adottare per agire in sicurezza.
Inoltre è necessario:
- ridurre l’esposizione a livelli più bassi possibili (evitare il contatto con la pelle, con gli occhi, ridurre il rischio di inalazioni) dando priorità alle misure di protezione collettiva;
- prevedere una ventilazione forzata quando si opera in luoghi confinati (tunnel, garage);
- quando “non si possa ridurre il rischio in altro modo” usare dispositivi di protezione individuale (tute da lavoro, guanti e calzature anticalore, occhiali con protezione laterale, mascherina);
- applicare le misure igieniche più elementari (disporre di abiti da lavoro, lavare spesso le mani, fare una doccia dopo il lavoro);
- evitare l’esposizione combinata a fumo di tabacco.
- Fact sheet:

Studio INAIL (2004) – “Analisi dei rischi e degli effetti sulla salute causati da Impianti di produzione di Conglomerati Bituminosi”

Studio ISPESL (2006) – “Stesa dei conglomerati bituminosi: la proposta ISPESL per la prevenzione

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