La
Corte
di Cassazione - Penale Sez. IV – con la Sentenza n. 17634 del 24 aprile 2009 focalizza
le responsabilità della figura del responsabile
dei lavori così come definita nel Titolo IV Capo I del D. Lgs. 9/4/2008 n.
81 relativo alla sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili e si
inserisce nel discorso della automaticità o meno della nomina di tale figura da
parte del committente sulla quale tanto si discute a seguito della lettura del D.
Lgs. n. 81/2008 medesimo.
In
capo alla suddetta figura si concretizza, secondo la Corte di Cassazione, una
posizione di garanzia che gli impone, nella esecuzione di quei lavori dei quali
egli è appunto il responsabile dei lavori, di attivarsi per predisporre e fare
osservare i presidi di sicurezza previsti dalle disposizioni di legge. Il fatto
poi che nel cantiere si riscontra la presenza di un coordinatore in fase di
progettazione e di un coordinatore
in fase di esecuzione dei lavori non fanno affatto venir meno tale
posizione di garanzia trattandosi di posizioni autonome ed indipendenti.
L’infortunio
sul lavoro di cui si occupa la sentenza in esame è quello accaduto ad un
lavoratore il quale, mentre alle dipendente di una società era intento su di
una impalcatura a montare degli infissi in uno stabile, è caduto
nel vuoto da un'altezza di due o tre metri decedendo per le lesioni
riportate (trauma cranio - encefalico da precipitazione). Il Tribunale dapprima
e la Corte di Appello successivamente hanno condannato per omicidio colposo,
oltre al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, sia il
responsabile dei lavori nominato dal committente
ai sensi del Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 che il montatore del ponteggio ed
il dirigente nonché responsabile del servizio di prevenzione e protezione della
ditta alle dipendenze della quale lavorava l’infortunato.
I
giudici nel ricostruire la dinamica dell’accaduto avevano accertato che il ponteggio
utilizzato dal lavoratore, così come montato non consentiva all’operaio,
impegnato a fissare un telaio metallico mediante un avvitatore elettrico, di
lavorare frontalmente rispetto al punto nel quale doveva operare per cui lo
stesso è stato costretto a portarsi quasi totalmente all’esterno del ponteggio,
oltretutto in posizione abbassata, e quindi in precario equilibrio. Essendosi
quindi sporto quasi totalmente con il corpo dal ponteggio
su cui si trovava e non essendo questo munito di una tavola fermapiedi, che
avrebbe ridotto la luce tra il corrente intermedio ed il piano di calpestio, il
lavoratore ha perso l'equilibrio ed è precipitato L'operazione avrebbe dovuto
compiersi servendosi di una piattaforma autosollevante che avrebbe consentito
di svolgere il lavoro in posizione frontale ed è stato accertato, altresì, che
l’infortunato non indossava dispositivi di protezione individuale (cintura
di sicurezza e casco) perché non gli erano stati mai consegnati.
I
tre imputati sopraindicati erano stati riconosciuti responsabili dell’accaduto
in quanto il responsabile dei lavori per conto della committente non aveva
compiuto alcuna valutazione o verifica delle capacità tecnico - professionali
delle ditte che operavano nel cantiere ed aveva accettato il piano di sicurezza
e di coordinamento risultato carente in violazione dell’art. 3 comma 2 del D.
Lgs. n. 494/1996, il montatore
del ponteggio è stato ritenuto responsabile per averlo realizzato in
violazione delle disposizioni di legge e privo dei requisiti di sicurezza
richiesti ed il dirigente e RSPP della società per aver fornito ai lavoratori
una attrezzatura non adeguata oltre a non aver controllato che i dipendenti si
trovassero ad operare in cantiere e in condizioni di sicurezza.
Avverso
la sentenza del Tribunale, poi confermata integralmente dalla Corte di Appello,
i tre imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione adducendo ognuno
diverse motivazioni. Il responsabile dei lavori, in particolare, ha sostenuto
che, non possedendo i requisiti e le capacità tecniche di cui all’art. 10 del
D. Lgs. n. 494/1996, aveva provveduto a designare sia il coordinatore
della sicurezza in fase di progettazione che quello in fase di esecuzione
nelle persone di due architetti e quindi in persone dotate di capacità tecnica
e di idoneità a svolgere i compiti assegnati per cui su di esso non gravava un
obbligo giuridico di impedimento dei reati (articolo 40 c.p.). Il responsabile
dei lavori ha sostenuto altresì che egli all'epoca dei fatti svolgeva
l'attività di agricoltore alle dipendenze del committente e che, non disponendo
di alcuna specifica capacità tecnica, si è appunto rivolto a ditte e
professionisti che apparivano garantirgli il rispetto della normativa vigente.
La
Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi fatti dai tre imputati ed in merito
alla posizione del responsabile dei lavori, in particolare, ha tenuto a
precisare che “essendo egli responsabile dei lavori, in capo a lui si
concretizzava una posizione di garanzia che gli imponeva di attivarsi per
predisporre e far osservare i presidi di sicurezza richiesti dalla legge, nella
esecuzione di quei lavori dei quali egli era, appunto, responsabile”. “La
circostanza che vi fossero anche un coordinatore della sicurezza in fase di
progettazione” ha proseguito la Sez. IV "e un coadiutore della sicurezza
in fase di esecuzione non comportava affatto il venir meno di tale posizione di
garanzia: trattasi, invero, di posizioni autonome ed indipendenti, che tra loro
concorrono e, quindi, non si escludono”.
In
merito, infine alla considerazione che il responsabile
dei lavori all'epoca dei fatti svolgeva l'attività di agricoltore e che non
disponeva di alcuna specifica capacità tecnica la suprema Corte ha concluso
affermando che questa condizione “non lo esime affatto da responsabilità sotto
il profilo soggettivo ma semmai rende più apprezzabili i profili di colpa,
essendo evidente che la sua addotta mancanza assoluta di competenze al riguardo
gli avrebbe dovuto imporre di astenersi da un compito che quelle competenze
richiedeva,”.
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