Con
la Sentenza della Corte di cassazione, la n. 24529 del 20.11.2009, è stato
affermato che l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si
presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei sinistri
riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla
struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua
estensione.
Tale
responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, che può consistere sia in una
alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non
tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l’uso
dell’ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima,
ricollegabile all’omissione delle normali cautele esigibili in situazioni
analoghe. Nel caso di specie un automobilista dopo essere sbandato a causa
della strada ghiacciata, era uscito di strada a causa della inadeguatezza del
“guard rail”, danneggiato il giorno precedente da altro sinistro e non riparato
dall’ente proprietario della strada, convenendo conseguentemente in giudizio
quest’ultimo ed invocandone la responsabilità ex art. 2051 cod. civ.
Per
la Cassazione, quindi, l’estensione del bene demaniale non costituisce più il
criterio prevalente sulla base del quale dichiarare l’applicabilità o meno
dell’art. 2051 c.c.
Nello
stesso tempo viene meno la prova a carico del danneggiato dell’insidia, essendo
sufficiente che egli provi l’evento danno ed il nesso di causalità con la cosa.
Ai
fini della dichiarazione di responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c.,
quindi, pare sufficiente che il sinistro sia conseguenza della situazione di
pericolo connesso alla struttura della strada, ovvero ad una sua anomalia, ciò
indipendentemente dalla prova di un’insidia e a prescindere dalla estensione
della strada medesima.
Con
la Sentenza n. 1691/2009 la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha
stabilito che i Comuni sono responsabili degli incidenti provocati agli utenti
a causa del cattivo stato delle strade e ciò anche se la manutenzione delle stesse
è stata appaltata a una ditta esterna. Secondo i giudici "la presunzione
di responsabilità per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia,
stabilita dall'art. 2051 c.c., è applicabile nei confronti dei comuni, quali
proprietari delle strade del demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto
di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione
sia tale da consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia
idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi".
"Né può sostenersi - prosegue la Corte - che l'affidamento della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe la sorveglianza ed il controllo, di cui si discute, al Comune, per assegnarli all'impresa appaltatrice, che così risponderebbe direttamente in caso d'inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del territorio comunale costituisce soltanto lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto del compito istituzionale proprio dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprietà ai sensi dell'art. 14 del vigente Codice della strada, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 c.c.".
La Corte ha poi affermato che "il fattore decisivo per l'applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. debba individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l'impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi, considerati meri indici di tale impossibilità, ma all'esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti" e che "la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progressi tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato".
"Né può sostenersi - prosegue la Corte - che l'affidamento della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe la sorveglianza ed il controllo, di cui si discute, al Comune, per assegnarli all'impresa appaltatrice, che così risponderebbe direttamente in caso d'inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del territorio comunale costituisce soltanto lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto del compito istituzionale proprio dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprietà ai sensi dell'art. 14 del vigente Codice della strada, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 c.c.".
La Corte ha poi affermato che "il fattore decisivo per l'applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. debba individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l'impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi, considerati meri indici di tale impossibilità, ma all'esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti" e che "la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progressi tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato".
Con
la sentenza n 5669 del 2010 la Cassazione Civile Sez. III indica i limiti della
responsabilità del comune per omessa manutenzione delle strade ed il ruolo
della c.d. insidia.
Con riferimento alla problematica inerente la responsabilità del comune per i
danni arrecati agli utenti della rete stradale con riferimento all'eventuale
omessa manutenzione delle strade che abbia determinato un fatto generatore di
danno, la giurisprudenza della Suprema Corte ha, di recente, abbandonato la
tesi prevalente secondo la quale l'estensione del demanio stradale non
consentirebbe un suo controllo capillare ed escluderebbe il rapporto di
custodia necessario per predicare una responsabilità dell'ente pubblico ex art.
2051 cc. Secondo tale orientamento, ai fini dell'individuazione di una
responsabilità dell'ente pubblico era necessario il ricorso al criterio
generale dell'art. 2043 cc e, per la conseguente verifica della responsabilità
dell'ente proprietario era necessario che il danneggiato provasse che l'omessa
manutenzione della strada aveva determinato l'insorgenza di un'insidia o
trabocchetto.
Successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 1999, si è
andato invece affermando un diverso indirizzo interpretativo nella
giurisprudenza di legittimità che, pur non offrendo elementi univoci
all'interprete, ha, in ogni caso, abbandonato il precedente indirizzo cristallizzato
ed astratto alla ricerca di soluzioni variate a seconda del caso concreto.
Si è così affermato che l'estensione del demanio stradale non è di per sè idonea ad escludere la possibilità di custodia da parte del Comune. In tal senso dovrà aversi riguardo alla tipologia, all'ubicazione ed alle caratteristiche strutturali della strada per verificare se il comune aveva effettivamente una possibilità di custodia sulla stessa. Altro indirizzo ha affermato che occorre avere riguardo, per le verifica della responsabilità ex art. 2051 cc per omessa manutenzione della strada alla tipologia di vizio del bene, se, cioè, esso sia occasionale ed imprevedibile o strutturale e, perciò solo, prevedibile e controllabile dal custode.
Si è così affermato che l'estensione del demanio stradale non è di per sè idonea ad escludere la possibilità di custodia da parte del Comune. In tal senso dovrà aversi riguardo alla tipologia, all'ubicazione ed alle caratteristiche strutturali della strada per verificare se il comune aveva effettivamente una possibilità di custodia sulla stessa. Altro indirizzo ha affermato che occorre avere riguardo, per le verifica della responsabilità ex art. 2051 cc per omessa manutenzione della strada alla tipologia di vizio del bene, se, cioè, esso sia occasionale ed imprevedibile o strutturale e, perciò solo, prevedibile e controllabile dal custode.
Ove poi non sia predicabile, per l'estensione della rete stradale, per le
caratteristiche della strada o per la tipologia del vizio insorto, una
responsabilità ex art. 2051 cc, potrà, in ogni caso, essere verificato se il
Comune possa essere chiamato a rispondere ex art. 2043 cc ma, al riguardo, la
sussistenza di insidia o trabocchetto non dovrà più considerarsi un
prerequisito necessario per ottenere la tutela risarcitoria in quanto,
piuttosto, sarà un elemento sintomatico idoneo ad escludere la
corresponsabilità del danneggiato ex art. 1227 cc.
In
relazione ai danni verificatisi nell'uso di un bene demaniale, tanto nel caso
in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della
p.a. ai sensi dell'art. 2051 c.c., quanto in quello in cui risulti invece
configurabile una responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., l’esistenza di
un comportamento colposo dell'utente danneggiato (sussistente quando egli abbia
usato il bene senza la normale diligenza o con un affidamento soggettivo
anomalo sulle sue caratteristiche) esclude la responsabilità della p.a. qualora
si tratti di un comportamento idoneo a interrompere il nesso eziologico tra la
causa del danno e il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un
concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., con conseguente
diminuzione della responsabilità del danneggiante (p.a.) in proporzione
all'incidenza causale del comportamento stesso.
Con sentenza n. 6065 del 2012 la Cassazione si
pronuncia sul ricorso presentato da un motociclista che aveva richiesto (ma
non ottenuto in sede di merito) il risarcimento dei danni subiti per essere
caduto a terra a causa di una buca presente sul manto stradale.
I giudici rigettano il ricorso affermando il principio
secondo cui ove si verifichi un sinistro a seguito di non corretta
manutenzione della strada da parte dell'ente preposto alla tutela, la
responsabilità gravante sulla P.A., ai sensi dell'art. 2051 c.c., per
l'obbligo di custodia delle strade demaniali, è esclusa ove l'utente
danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il
nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso. Diversamente
opinando, tale comportamento integrerebbe soltanto un concorso di colpa
idoneo a diminuire, in proporzione dell'incidenza causale, la responsabilità
della P.A. ai sensi dell'art. 1227, primo comma, c.c.
Infatti le misure di precauzione e salvaguardia imposte
al custode del bene devono ritenersi correlate alla ordinaria avvedutezza di
una persona: allorché il danneggiato abbia la possibilità di percepire agevolmente
l'esistenza della situazione di pericolo, nella valutazione del nesso
eziologico tra cosa e danno va attribuito rilievo causale al suo
comportamento colposo visto che il danneggiato avrebbe verosimilmente dovuto
prestare maggiore attenzione alle condizioni della strada che stava
percorrendo.
Nel caso di specie i giudici di merito hanno
correttamente motivato la sentenza, ritenendo che l'evento de quo non si
sarebbe verificato se, in ottemperanza della apposita segnaletica e nel
rispetto del limite di velocità imposto dall'ente A.n.a.s.,, il motociclista
si fosse attenuto alle comuni regole di prudenza, alle segnalazioni stradali,
certamente visibili in pieno giorno, e avesse tenuto una velocità adeguata
alla condizione dei luoghi.
|
Con
specifico riferimento al danno da cattiva manutenzione del manto stradale si è
affermato che ove si verifichi un sinistro a seguito di non corretta
manutenzione della strada da parte dell'ente preposto alla tutela, la
responsabilità gravante sulla P.A., ai sensi dell'art. 2051 c.c., per l'obbligo
di custodia delle strade demaniali, è esclusa ove l'utente danneggiato abbia
tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la
causa del danno e il danno stesso, dovendosi altrimenti ritenere, ai sensi
dell'art. 1227, primo comma, c.c., che tale comportamento integri soltanto un
concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione dell'incidenza causale, la
responsabilità della P.A. Le misure di precauzione e salvaguardia imposte al
custode del bene devono ritenersi correlate alla ordinaria avvedutezza di una
persona e perciò non si estendono alla considerazione di condotte irrazionali,
o comunque al di fuori di ogni logica osservanza del primario dovere di
diligenza, con la conseguenza che non possono ritenersi prevedibili ed
evitabili tutte le condotte dell'utente del bene in altrui custodia, ancorché
colpose (Cass., 27.9.1999, n. 10703).
La
possibilità per il danneggiato di percepire agevolmente l'esistenza della
situazione di pericolo incide sulla concreta configurabilità di un nesso
eziologico tra la cosa e il danno, ponendo correlativamente in risalto il
rilievo causale attribuibile al comportamento colposo del danneggiato che
avrebbe verosimilmente dovuto prestare maggiore attenzione alle condizioni
della strada che stava percorrendo.
Dalla
fattispecie in esame non emerge alcun elemento dal quale si possa evincere che
C.H. non fosse in grado di percepire l'esistenza della buca, qualora avesse
mantenuto un'andatura coerente con le caratteristiche del veicolo da lui steso
condotto ed avesse prestato una adeguata attenzione alle condizioni del
terreno.
Si
ha quindi ragione di ritenere che l'evento de quo non si sarebbe verificato se,
in ottemperanza della apposita segnaletica e nel rispetto del limite di
velocità, C.A. non fosse transitato nella fascia della strada ove era presente
la buca.
Nel
caso in esame la Corte di merito, con ragionamento immune da vizi logici o
giuridici e con adeguata motivazione ha escluso un comportamento colposo
dell'ente A.n.a.s., pur in presenza delle buche, in quanto lo stesso ente si
era attivato nel segnalarle con apposito cartellone, oltre ad imporre il limite
di velocità di km 30/h.
Colposo
invece è stato il comportamento del motociclista che non si è attenuto alle comuni
regole di prudenza, alle segnalazioni stradali, certamente visibili in pieno
giorno, e non ha tenuto una velocità adeguata alla condizione dei luoghi.
In tema di danno da cattiva manutenzione del manto stradale ove si verifichi un sinistro a seguito di non corretta manutenzione della strada da parte dell'ente preposto alla tutela, la responsabilità gravante sulla P.A., ai sensi dell'art. 2051 c.c., per l'obbligo di custodia delle strade demaniali, è esclusa ove l'utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, dovendosi altrimenti ritenere, ai sensi dell'art. 1227, primo comma, c.c., che tale comportamento integri soltanto un concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione dell'incidenza causale, la responsabilità della P.A. |
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