In
tema di appalto di forniture, l'Amministrazione può individuare particolari
caratteristiche tecniche, a condizione che la specificazione di dette
caratteristiche venga effettuata facendo riferimento ad elementi in grado
distinguere nettamente l'oggetto della fornitura, senza determinare alcuna
discriminazione nei confronti delle imprese di settore; pertanto, è vietato
prevedere specifiche tecniche che indichino prodotti di una determinata
fabbricazione o provenienza, a meno di non inserire la clausola di equivalenza,
ammissibile quando le Stazioni appaltanti non possano fornire una descrizione
dell'oggetto dell'appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente
precise, tenendo presente che, pur potendosi anche convenire sull'idea che la
valutazione di "unicità" di un prodotto vada fatta in concreto, e non
in modo del tutto astratto, occorre pur sempre che si abbia decisivo riguardo
alla obiettiva destinazione funzionale del prodotto del quale si tratta,
occorrendo guardarsi dal rischio di una deriva che potrebbe altrimenti portare
a cogliere i crismi "dell'unicità", in ultima analisi, in qualsiasi
prodotto aziendale (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2011 n. 5837 e 7
luglio 2011 n. 4052).
In
tal senso si è più volte espressa l’Autorità, che in più occasioni ha
evidenziato la preoccupazione del legislatore, comunitario e nazionale, di
evitare che si possano richiedere specifiche tecniche dell'oggetto della
fornitura che impediscano ai singoli soggetti economici partecipanti alla gara
la possibilità di offrire strumenti alternativi, creando in tal modo ostacoli
ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza, così come
recita lo stesso comma 2, dell'art. 68 del codice dei contratti (Cfr.
Determinazione n. 2 del 29 marzo 2007).
Ai sensi dell'art. 68 del D.Lgs. n. 163/2006, le specifiche tecniche di appalto "devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza" (comma 2) e, a meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le dette specifiche "non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti" (comma 13, primo periodo). Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, solo "nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intellegibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile..., a condizione che siano accompagnati dall'espressione << o equivalente>>".
Ai sensi dell'art. 68 del D.Lgs. n. 163/2006, le specifiche tecniche di appalto "devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza" (comma 2) e, a meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le dette specifiche "non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un'origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti" (comma 13, primo periodo). Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, solo "nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intellegibile dell'oggetto dell'appalto non sia possibile..., a condizione che siano accompagnati dall'espressione << o equivalente>>".
Ne
discende che l'eventuale indicazione di marchi o di prodotti di un determinato
"tipo" oggetto di brevetto, deve essere obbligatoriamente collegata
alla dicitura "o equivalente", significativa della volontà dell'amministrazione di utilizzare il marchio o la denominazione del
prodotto solo a titolo esemplificativo, per meglio individuare le
caratteristiche del bene richiesto. Ne discende che attraverso il concetto di
equivalenza di cui al citato art. 68, si concretizza l'apertura al mercato
degli appalti nei confronti di quegli operatori economici che usano sistemi e
prodotti analoghi a quelli individuati dalla stazione appaltante.
Con
la citata determinazione n. 2/2007, l'Autorità ha già posto in luce come con
l'art. 68, comma 3, lettera b), del D.Lgs. n. 163/2006 sia chiaro l'intento del
legislatore di preservare, per ogni tecnica di redazione dei capitolati e dei
documenti di gara, la possibilità per il concorrente di proporre soluzioni
diverse ed innovative, purché idonee a soddisfare gli obiettivi della stazione
appaltante.
Ed è perciò conforme alla disciplina richiamata il bando di gara e la procedura concretamente svolta che consentano alla ditta partecipante di dimostrare, sia in via documentale sia in contraddittorio, la conformità tecnica del proprio prodotto alle prescrizioni previste dal capitolato speciale.
In altri termini, in sede di presentazione della domanda di partecipazione ad una gara d'appalto pubblico, opera il c.d. principio di equivalenza, avente la funzione di garantire e promuovere la maggior apertura concorrenziale, tanto nell'ambito del singolo procedimento di affidamento (il che si collega col tradizionale principio del favor partecipationis nelle gare pubbliche) quanto nel generale mercato degli appalti pubblici; tale principio è, altresì, riconosciuto esplicitamente, sul piano legislativo, dai commi 4, e 7, dell'art. 68 citato, i quali introducono anche l'onere dell'offerente di fornire la prova (con qualsiasi mezzo appropriato, ritenuto soddisfacente dalla stazione appaltante) circa l'equivalenza del prodotto offerto rispetto a quello indicato nel capitolato.
Nel caso di specie, invece, per la descrizione stessa dei requisiti tecnici riportati nella lettera di invito, non era affatto necessario fare riferimento al criterio o principio dell'equivalenza poiché le caratteristiche tecniche che l'automezzo doveva possedere, sia singolarmente intese che nel loro complesso, non erano tali da individuare un determinato prodotto.
Ed è perciò conforme alla disciplina richiamata il bando di gara e la procedura concretamente svolta che consentano alla ditta partecipante di dimostrare, sia in via documentale sia in contraddittorio, la conformità tecnica del proprio prodotto alle prescrizioni previste dal capitolato speciale.
In altri termini, in sede di presentazione della domanda di partecipazione ad una gara d'appalto pubblico, opera il c.d. principio di equivalenza, avente la funzione di garantire e promuovere la maggior apertura concorrenziale, tanto nell'ambito del singolo procedimento di affidamento (il che si collega col tradizionale principio del favor partecipationis nelle gare pubbliche) quanto nel generale mercato degli appalti pubblici; tale principio è, altresì, riconosciuto esplicitamente, sul piano legislativo, dai commi 4, e 7, dell'art. 68 citato, i quali introducono anche l'onere dell'offerente di fornire la prova (con qualsiasi mezzo appropriato, ritenuto soddisfacente dalla stazione appaltante) circa l'equivalenza del prodotto offerto rispetto a quello indicato nel capitolato.
Nel caso di specie, invece, per la descrizione stessa dei requisiti tecnici riportati nella lettera di invito, non era affatto necessario fare riferimento al criterio o principio dell'equivalenza poiché le caratteristiche tecniche che l'automezzo doveva possedere, sia singolarmente intese che nel loro complesso, non erano tali da individuare un determinato prodotto.
Laddove
vengono indicati certi parametri, quali la dimensione, il passo, la portata
utile legale o la cilindrata, si stabilisce soltanto un valore minimo o
massimo, senza ulteriori restrizioni. Per converso, nell'indicare altre
caratteristiche, quali l'alimentazione o la qualità della cabina, la lettera
invito individua dei generi alquanto diffusi (alimentazione diesel turbo o
cabina in acciaio). Parere dell’AVCP del 27/6/2012 n. 111
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