mercoledì 24 settembre 2014

IL COSTO DEL LAVORO NELLA VERIFICA DELL'OFFERTA ANOMALA

Appare conforme ai principi vigenti in materia di evidenza pubblica, ai fini della valutazione dell’offerta, tener conto dell’art. 87 comma 2, lett. g), D.Lgs. n. 163 del 2006, il quale statuiva che le giustificazioni dell’offerta possono riguardare “il costo del lavoro come determinato periodicamente in apposite tabelle dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale e assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali; in mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”. La disciplina del Codice dei contratti pubblici sopra richiamata si fonda sulla ratio legis di garantire il rispetto delle condizioni imposte a tutela dei lavoratori, tra le quali è da annoverare espressamente proprio il costo del lavoro e le relative tariffe.
I valori previsti dalle apposite tabelle ministeriali relative al costo del lavoro negli appalti di servizi non fissano criteri rigidi e perentori, tali da dar luogo, nel caso di mancato rispetto, all’esclusione automatica dell’offerta e in caso di sensibile scostamento la stazione appaltante è tenuta a disporre la verifica delle anomalie ai sensi dell’art. 86 D.Lgs. n. 163/2006, in linea con il principio codificato dall'art. 55 della direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE, secondo cui i concorrenti devono avere la possibilità di dimostrare in concreto qualunque circostanza (di diritto e di fatto) che permetta loro la riduzione dei costi. Ne deriva che lo scostamento dalle voci di costo che nelle tabelle ministeriali risultano derogabili, in tanto può essere accettato, in quanto risulti puntualmente giustificato (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 4 novembre 2010, n. 22686).
La mancata osservanza dei minimi tabellari non è sufficiente, di per sé, a determinare una esclusione a priori della ditta partecipante ad una gara giacché "è sempre necessario che venga consentito all’impresa di fornire le proprie giustificazioni, anche in riferimento al superamento di detti limiti minimi, e che tale insopprimibile esigenza di contraddittorio, che costituisce specifica espressione del più generale principio di partecipazione scolpito nella legge 7.8.1990 n. 241, trovi corrispondenza nel dovere dell'Amministrazione di motivare in ordine alla ritenuta incongruità dell'offerta (cfr., Corte di giustizia 27.11.2001, cause C-285/99 e C-286/99; Cons. Stato, Sez. V, 7.10.2008, n. 4847; id., Sez. V, 29.1.2003, n. 461)”. Pertanto, la stazione appaltante, attraverso un giudizio complessivo di remuneratività, ben può dichiarare la congruità di un’offerta che indichi uno scostamento rispetto ai parametri indicati nelle Tabelle purché vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori così come stabilito in sede di contrattazione collettiva e quindi tale scostamento non sia eccessivo e risulti debitamente motivato (Cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 21.7.2010 n.4783; Sez.V, 7.10.2008, n.4847; Sez. VI, 3.5.2002, n.2334; 5.8.2005, n. 4196).

Le Tabelle ministeriali relative al costo del lavoro pongono delle regole di azione della P.A. ai fini della corretta predisposizione dei bandi di gara, nonché della valutazione delle soglie di anomalia delle offerte dei partecipanti a gare d’appalto, e non si propongono, invece, di determinare una misura del costo del lavoro rilevante agli effetti degli appalti pubblici in via autoritativa, quale intervento regolatorio sui prezzi a fini amministrativi (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 novembre 2002, n. 6415: TAR Lombardia, Brescia, 23 ottobre 2007, n. 915; TRGA Trentino Alto Adige, Trento, 23 giugno 2008, n. 154). E’ pertanto sempre necessario che venga consentito all’impresa di fornire le proprie giustificazioni, anche in riferimento al superamento di detti limiti minimi, dato che tale insopprimibile esigenza di contraddittorio costituisce specifica espressione del più generale principio di partecipazione e trova corrispondenza nel dovere dell’Amministrazione di motivare in ordine alla ritenuta incongruità dell’offerta (Cfr. Consiglio di Stato, n.4847/2008 cit.; Corte Giustizia CE, Sez. II, 3 aprile 2008 in C-346/06).

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