Mentre
il “contratto aperto di manutenzione” (ex art. 154, comma 2, del D.P.R. n. 554
del 1999) è caratterizzato dal fatto che “la prestazione è pattuita con
riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati
nel numero, ma resi necessari secondo le necessità della stazione appaltante”,
l’accordo quadro (ex art. 3, comma 13, del D. Lgs. n. 163 del 2006) “è un
accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori
economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli
appalti da aggiudicare durante un dato periodo per quanto riguarda i prezzi e,
se del caso, le quantità previste”.
Ciò posto, pur potendo ammettersi che in
astratto tra le predette fattispecie possano rinvenirsi alcuni tratti comuni
(quali, per esempio, il fatto di essere riferiti ad un determinato arco di
tempo, ovvero l’indicazione in linea generale delle prestazioni da eseguire),
non può tuttavia negarsi che solo il primo contiene già di per sé un impegno ad
effettuare determinare prestazioni, laddove il secondo costituisce solo il
tessuto giuridico – normativo cui le parti si sono vincolate per la successiva
conclusione e stipulazione di un contratto: ciò è sufficiente, ad avviso della
Sezione, ad escludere la sussistenza della asserita, ma non provata,
incompatibilità del primo con la normativa di cui al D. Lgs. n. 163 del 2006
(fermo restando poi la sua successiva abrogazione ad opera del D.P.R. n. 207
del 2010, a decorrere dalla sua entrata in vigore e cioè dall’8 ottobre
2010).
Nessun commento:
Posta un commento