martedì 28 maggio 2013

ONERE DI PREVENTIVA INDICAZIONE PARTI DEL LAVORO O SERVIZIO DA AFFIDARE IN SUBAPPALTO


Parere dell’AVCP del 13/3/2013 n. 31

Il ricorso al subappalto deve avvenire nel rispetto delle condizioni dettate dall'art. 118 del Codice, che impone, inter alia, l'indicazione da parte del concorrente dei lavori o delle parti di opere ovvero dei servizi e delle forniture o parti di servizi e forniture che intende subappaltare all'atto della presentazione dell'offerta (comma 2).
Tale adempimento costituisce un presupposto essenziale in vista della successiva autorizzazione al subappalto da parte della stazione appaltante e non ai fini della partecipazione alla gara: da ciò consegue che l'erroneità e/o la mancanza della dichiarazione non può essere, di per sé, assunta a fondamento di un provvedimento di esclusione, ma rappresenta solo un impedimento per l'aggiudicataria a ricorrere al subappalto, di modo che la stessa dovrà provvedere direttamente all'esecuzione della prestazione , ove in possesso dei requisiti prescritti.
Diversamente, la violazione dell'obbligo di indicare in sede di offerta la quota della prestazione che il candidato intende subappaltare potrà costituire causa di esclusione qualora questa sia necessaria per documentare il possesso dei requisiti richiesti ai concorrenti singoli o riuniti al momento di presentazione dell'offerta, necessari per eseguire in proprio la prestazione. (...)
La normativa citata non comporta l'obbligo di indicare i nominativi dei subappaltatori in sede in offerta (cfr. Cons. St., sez. V, 19 giugno 2012, n. 3563), ma solamente l'obbligo di indicare le quote che il concorrente intende subappaltare, qualora non in possesso della qualificazione per la categoria scorporabile, fermo restando che la qualificazione "mancante" deve essere comunque posseduta in relazione alla categoria prevalente, dal momento che ciò tutela la stazione appaltante circa la sussistenza della capacità economico-finanziaria da parte dell'impresa".

domenica 19 maggio 2013

MANUTENZIONE DEL VERDE PUBBLICO


Deliberazione AVCP n. 34 del 17/03/2005
I lavori pubblici aventi ad oggetto la manutenzione, il rinnovo e l’esecuzione del verde pubblico vanno considerate “servizi” se limitati ad attività di cura e regolazione di quanto esistente. La semplice piantumazione connessa ad un intervento di arredo urbano o/a semplice manutenzione del verde sulle sedi autostradali non rientrano certamente nell’ambito definito dalla OG13, ma sono da ritenersi più propriamente dei “servizi”, pertanto non valutabili ai fini della qualificazione delle imprese nelle categorie OG13 e OS24.
La circostanza che gli interventi di manutenzione del verde siano da effettuare in maniera preponderante in parchi, aree a verde attrezzate e aree scolastiche e in minima parte nelle sedi stradali non giustifica di per sé l’assoggettamento al settore di lavori. In ogni caso con l’assoggettamento al settore dei lavori pubblici la S.A. non può comunque richiedere nel bando per la partecipazione alla gara requisiti diversi da quelli già previsti per la qualificazione SOA per la categoria OS 24. L’esigenza di realizzare i lavori in tempi circoscritti, con squadre composte da un numero adeguato di personale per garantire un livello ottimale della prestazione in tempi tali da non arrecare nocumento al patrimonio vegetazionale, può essere espressa come prescrizione in sede di capitolato speciale. Per partecipare alla gara non può essere, pertanto, richiesto all’impresa - oltre alla qualificazione SOA (ove necessaria) - di avere anche un determinato numero di dipendenti, potendo comunque l’appaltatore sempre assumere successivamente tutto il personale necessario per eseguire i lavori come previsto nel capitolato.

Deliberazione AVCP  n. 123 del 21/05/2003
Gli appalti di manutenzione del verde, che prevedono congiuntamente lavorazioni ascrivibili nella categoria OS24 e attività di controllo fitostatico (V.T.A.), sono da considerare appalti misti, disciplinati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m.; pertanto, le stazioni devono esplicitare nel bando di gara che è prevista l’attività di controllo fitostatico (V.T.A.), per l’espletamento della quale è richiesta la specifica professionalità prescritta dalla normativa vigente.

Deliberazione AVCP del 31/10/2000
La manutenzione di opere riguardanti il verde e l'arredo urbano rientra nella disciplina della legge 11 febbraio 1994, n.109 e s.m., qualora, a norma dell'art.2, co.1, della legge stessa, i lavori assumano rilievo economico superiore al 50 per cento e si tratti di opere di manutenzione diverse da quelle tassativamente indicate nella direttiva sui servizi n.92/50/CEE.

MANUTENZIONE DELLE OPERE STRADALI


Deliberazione AVCP n. 165 del 04/11/2004
In un appalto di manutenzione di opere stradali, come già questa Autorità ha avuto modo di indicare con determinazione n. 14/2002, non si realizza il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sul bene oggetto dell’appalto, tanto più ove gli interventi manutentivi devono essere effettuati mantenendo la possibilità di transito a veicoli e pedoni, salvo casi eccezionali. Sul committente pertanto grava il dovere di custodia e di vigilanza con la correlata responsabilità ex articolo 2051 c.c. (v. da ultimo Cass. Civ., sez. II, n. 5609 del 17.04.01). Rientra tuttavia nella normale conduzione di un appalto la previsione, contenuta anche nell’articolo 14 del Capitolato Generale di Appalto, secondo la quale sono a carico dell’appaltatore tutti gli adempimenti per evitare il verificarsi di danni alle opere, all’ambiente, alle persone e alle cose nell’esecuzione dell’appalto. Sembra quindi potersi affermare che sussista, nel caso di appalti di manutenzione, una responsabilità concorrente dell’appaltatore e del committente nei confronti dei terzi danneggiati, in quanto sull’appaltatore incombono gli obblighi di cui all’articolo 14 del C.G.A. inerenti la normale conduzione dell’appalto, mentre sul committente incombe comunque l’obbligo di custodia e, quale possessore dell’immobile, lo stesso conserva i poteri di ingerenza e di vigilanza sul bene oggetto dell’appalto e deve impedire che dallo stesso i terzi subiscano nocumento.

L’attività di manutenzione della segnaletica statale è riconducibile alla categoria dei lavori, atteso che in tale tipologia di attività interviene sempre un’essenziale modificazione della realtà fisica, grazie all’utilizzazione di materiali nuovi, e che detta attività è esclusa dalle voci CPC (Central Product Classification), di cui all’allegato 1 del D.lgs. n. 157/1995, (corrispondenti ai numeri 6112, 6122, 633, 886), che paiono rispondere ad una logica di tassatività.

In base al combinato disposto di cui all'art.2, co.1, ultimo periodo, della legge 11 febbraio 1994, n.109 e s. m., e dell'art.3, co.3, del decreto legislativo 157/1995, un contratto che abbia ad oggetto, oltre agli interventi di manutenzione sulle opere d'arte stradali, anche la loro sorveglianza e vigilanza sulle condizioni di sicurezza delle strade interessate dai lavori, è da qualificare come contratto di appalto di lavori pubblici che implica anche la prestazione accessoria di una attività di sorveglianza funzionale all'espletamento della prestazione principale, con la conseguente applicazione per l'intero contratto della normativa sui lavori pubblici.

Deliberazione AVCP n. 6 del 10/01/2002
Ai sensi del combinato disposto di cui all'art.2 della legge 11 febbraio 1994, n.109 e s. m. e dell'art.2, co.1, lett. l), del D.P.R. 21 dicembre 1999, n.554 e s.m., deve essere qualificato come appalto di lavori e non di servizi l'appalto di lavori di manutenzione della pavimentazione stradale interna di un porto, implicante la realizzazione di molteplici lavori, quali demolizioni, carico e trasporto del materiale di risulta.

ATTIVITA’ DI MANUTENZIONE


Deliberazione AVCP n. 414 del 12/12/2001
L'attività di manutenzione identifica tutte quelle attività volte ad assicurare il mantenimento dell'efficienza di determinati beni o impianti senza alterarne la destinazione e le caratteristiche strutturali, soprattutto i volumi e le superfici: gli interventi di manutenzione ordinaria riguardano le attività dirette a riparare o a integrare le opere esistenti ed a garantire la funzionalità degli impianti, mentre gli interventi di manutenzione straordinaria riguardano le attività di sostituzione o di rinnovo che incidono su parti strutturali di opere esistenti, sempre senza alterarne la destinazione.
L'art.2, co.1, della legge 11 febbraio 1994, n.109 e s.m., laddove ricomprende nell'ambito dei lavori pubblici le attività di costruzione e di manutenzione di opere e di impianti deve essere inteso nel senso che prestazioni diverse dagli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria assumono necessariamente valore di strumentalità rispetto alla prestazione principale in quanto preordinate alla sua esecuzione.

Deliberazione AVCP n. 78 del 21/03/2001
L'appalto avente ad oggetto la manutenzione straordinaria ed il potenziamento di un impianto di depurazione di acque reflue con connessa fornitura di apparecchiature elettromeccaniche, ricade nell'ambito della disciplina dettata dalla legge 11 febbraio 1994, n.109 e s.m.,nel caso in cui le apparecchiature, pur se di notevole valore, sono inserite in un insieme organico di opere edili ed elettromeccaniche finalizzate a migliorare l'efficienza dell'intero impianto.

Deliberazione AVCP n. 211 del 24/07/2002
Ricade nell'ambito di applicazione della legge quadro, un contratto di global service quando l'interesse del committente è essenzialmente incentrato nel mantenere in efficienza il patrimonio immobiliare attraverso attività costruttive. Lo stesso contratto ricade invece nell'ambito della normativa sui servizi se ha ad oggetto attività meramente manutentiva e con marginali e secondari valori aggiunti rispetto all'opera.

SULLA DIFFERENZA TRA IL “CONTRATTO APERTO DI MANUTENZIONE” (EX ART. 154, COMMA 2, DEL D.P.R. N. 554 DEL 1999) E L’ACCORDO QUADRO DISCIPLINATO DAL D.LGS 163 DEL 2006


Mentre il “contratto aperto di manutenzione” (ex art. 154, comma 2, del D.P.R. n. 554 del 1999) è caratterizzato dal fatto che “la prestazione è pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessità della stazione appaltante”, l’accordo quadro (ex art. 3, comma 13, del D. Lgs. n. 163 del 2006) “è un accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste”. 
Ciò posto, pur potendo ammettersi che in astratto tra le predette fattispecie possano rinvenirsi alcuni tratti comuni (quali, per esempio, il fatto di essere riferiti ad un determinato arco di tempo, ovvero l’indicazione in linea generale delle prestazioni da eseguire), non può tuttavia negarsi che solo il primo contiene già di per sé un impegno ad effettuare determinare prestazioni, laddove il secondo costituisce solo il tessuto giuridico – normativo cui le parti si sono vincolate per la successiva conclusione e stipulazione di un contratto: ciò è sufficiente, ad avviso della Sezione, ad escludere la sussistenza della asserita, ma non provata, incompatibilità del primo con la normativa di cui al D. Lgs. n. 163 del 2006 (fermo restando poi la sua successiva abrogazione ad opera del D.P.R. n. 207 del 2010, a decorrere dalla sua entrata in vigore e cioè dall’8 ottobre 2010). 

CONTRATTO APERTO E ACCORDO QUADRO DI MANUTENZIONE


Parere dell’AVCP AG 8/2011 del 22 giugno 2011
Preliminarmente, appare necessario procedere alla corretta interpretazione dei due istituti del contratto aperto di manutenzione e dell’accordo quadro, rappresentandone differenze, analogie e reciproci rapporti; successivamente, pare opportuno esaminare le ragioni che hanno indotto il legislatore a non riprodurre nel nuovo Regolamento (D.P.R. n. 207/2010) la disposizione che, nel previgente Regolamento (D.P.R. n. 554/1999), prevedeva l’istituto del contratto aperto di manutenzione.
Il contratto aperto, disciplinato dall’articolo 154, comma 2, del D.P.R. 554/1999, può definirsi come il contratto che, in relazione a un determinato arco di tempo, prevede, come oggetto, l’esecuzione di lavorazioni che sono singolarmente definite nel loro contenuto prestazionale ed esecutivo ma non nel loro numero, poiché la quantità delle prestazioni da eseguire dipende dalle necessità che verranno in evidenza nell’arco temporale previsto contrattualmente (cfr. Determinazione 28 luglio 2004, n. 13). Di contro, ai sensi dell’art. 3, comma 13, D.Lgs. n. 163/2006, l’accordo quadro “è un accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste”. La disciplina dell’accordo quadro, istituto non contemplato dalla l. n. 109/1994 e previsto per la prima volta per i settori ordinari nel Codice dei contratti pubblici, è dettata dall’art. 59. Da questa disposizione, si ricava – in particolare – che “per i lavori, gli accordi quadro sono ammessi esclusivamente in relazione ai lavori di manutenzione” (art. 59, comma 1, secondo periodo); e si evince, inoltre, che l’accordo quadro (framework agreement) può essere di due tipi: da un lato, l’accordo quadro che involge più di un operatore economico (multilateral framework agreement) e, dall’altro, l’accordo quadro concluso con un solo operatore economico (bilateral framework agreement).
Sotto il profilo civilistico, appare corretto osservare che – nel contratto aperto di manutenzione – gli atti di adempimento dell’obbligazione sono dei comportamenti esecutivi, attivati da una manifestazione di volontà (c.d. ordine di intervento) di una parte nei confronti dell’altra; mentre – nell’accordo quadro – accade che vengano posti in essere, in dipendenza dello stesso, qualificato come contratto normativo , dei contratti applicativi non autonomi, il cui oggetto è solamente determinabile, in applicazione del contenuto prefissato nell’accordo medesimo. Nel primo caso si può individuare, più esattamente, un unico contratto a prestazioni continuative, ancorché discontinue, con oggetto indeterminato, ma determinabile; nel secondo caso, un contratto normativo, dal quale discendono non già obblighi esecutivi e neppure un obbligo a contrarre (pactum de contrahendo), bensì l’unico obbligo, nel caso in cui l’amministrazione si determini a contrarre, di applicare al futuro contratto (o alla serie di futuri contratti) le condizioni contrattuali predefinite nell’accordo quadro (pactum de modo contrahendi). L’Autorità ha precisato che “il contratto quadro rientra nella tipologia dei contratti aperti e, ai fini della relativa stipulazione, è necessario che siano stabiliti i prezzi unitari da porre a base dell’affidamento e la descrizione delle modalità di esecuzione delle prestazioni” (Deliberazione 20 febbraio 2007, n. 40).
Sotto il profilo del rapporto tra le fonti, merita osservare che, mentre il contratto aperto di manutenzione è previsto nel regolamento attuativo della l. n. 109/1994 (D.P.R. n. 554/1999), la cui vigenza è destinata ad esaurirsi a partire dalla data di entrata in vigore del nuovo Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), la disciplina dell’accordo quadro è prevista in una fonte di rango legislativo, peraltro successiva alla prima, in quanto contenuta, per la prima volta per i settori ordinari, nel Codice dei contratti pubblici, dunque a partire dal 2006. Inoltre, la disciplina del Codice, nella parte che ha previsto il nuovo istituto dell’accordo quadro, ha subìto un periodo di sospensione, dettato con l. 12 luglio 2006, n. 228 (di conversione del D.l. 173/2006), che ne ha differito l’applicazione fino al 1° febbraio 2007.
Il problema della sovrapposizione normativa dei due istituti si è posto – in un primo tempo – con l’entrata in vigore del Codice. L’Autorità – posta di fronte al quesito della ammissibilità/opportunità della contestuale vigenza di due istituti dalle caratteristiche simili – ha affermato il principio che “la disciplina del contratto aperto è tuttora pienamente in vigore, in quanto compatibile, ex art. 253, comma 3, del Codice dei contratti, di cui al D.lgs. 163/2006 con il Codice stesso, e tenuto conto della sospensione (sino al febbraio 2007) che la legge 12 luglio 2006, n. 228, art. 1-octies, (di conversione del D.l. 173/2006) ha operato nei confronti del nuovo, più ampio e similare istituto dell’accordo quadro introdotto dal menzionato Codice degli appalti” (Deliberazione 14 novembre 2006, n. 86). Siffatta asserzione è stata ribadita dall’Autorità anche a seguito della definitiva, piena, efficacia del Codice (Deliberazione 20 febbraio 2007, n. 40): in tal senso, la disciplina normativa del contratto aperto di manutenzione, poiché ritenuta compatibile con quella del Codice dei contratti pubblici, deve ritenersi applicabile ai lavori pubblici, almeno fino a quando sarà vigente il Regolamento di cui al D.P.R. n. 554/1999, ovvero fino al giorno 8 giugno 2011, ma non oltre, perché non più riprodotta nel nuovo Regolamento.
A tal riguardo, si deve ricordare che la motivazione che ha suggerito di espungere dal nuovo Regolamento la previsione normativa del contratto aperto di manutenzione, determinandone un’abrogazione implicita, è da ravvisarsi, in larga misura, nel parere che il Consiglio di Stato ha reso in sede consultiva sullo schema di Regolamento già predisposto dal Governo (Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, Parere 17 settembre 2007, n. 3262). In detto parere, il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno estromettere dallo schema di Regolamento la disposizione che ancora prevedeva il contratto aperto di manutenzione, perché “nel sistema del codice, da un lato non vi è alcuna norma che preveda il contratto aperto di manutenzione e per converso è stato previsto l’accordo quadro per lavori di manutenzione (art. 59 del codice), e dall’altro lato il regolamento non può né delegificare, né andare preter legem, essendo un regolamento di sola esecuzione ed attuazione”. Alla luce di queste considerazioni, l’abrogazione implicita del contratto aperto di manutenzione da parte del nuovo Regolamento risulta, per un verso, opportuna, per la presenza nel Codice dei contratti pubblici dell’analoga previsione dell’accordo quadro, nella parte in cui i due istituti vengono sostanzialmente a coincidere, ossia con riguardo alla sotto-categoria dell’accordo quadro concluso con un unico operatore economico, che vincola ciascuna parte ad applicare ai futuri contratti applicativi le condizioni prefissate nell’accordo medesimo. Per altro verso, detta abrogazione risulta altresì necessitata dal fatto che – trattandosi di un Regolamento di esecuzione ed attuazione e non già di di delegificazione – questo atto non poteva contenere norme che andassero oltre la normativa primaria.
Sulla scorta delle argomentazioni esposte, l’Autorità non può che aderire a quanto è già stato espresso dal massimo organo consultivo del Consiglio di Stato. Peraltro, nello stesso senso, la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale ha aggiunto che non soltanto il nuovo Regolamento ha abrogato la previgente disciplina del contratto aperto di manutenzione, ma altresì che una previsione di tal genere non possa essere contenuta in una legge regionale, in quanto “spetta al legislatore statale – ferma restando l’autonomia negoziale delle singole amministrazioni aggiudicatrici – individuare, per garantire uniformità di trattamento sull’interno territorio nazionale, il tipo contrattuale da utilizzare per la regolamentazione dei rapporti di lavori, servizi e forniture” (Corte costituzionale 11 febbraio 2011, n. 43)
Resta da chiedersi, dunque, se sia astrattamente possibile ipotizzare che – per il generale principio civilistico dell’autonomia contrattuale – le stazioni appaltanti individuino quale oggetto di un contratto pubblico un contenuto che ricalchi la previsione del contratto aperto di manutenzione di cui all’art. 154 del D.P.R. n. 554/1999. Questa affermazione deve essere valutata alla luce dei principi che regolano il rapporto tra autonomia e tipicità contrattuale, con specifico riferimento al Codice dei contratti pubblici.
In primo luogo, infatti, l’autonomia contrattuale della stazione appaltante incontra il limite della tipizzazione già effettuata dal legislatore statale. In tal senso, poiché il legislatore ha dettato, nel Codice dei contratti pubblici, la disciplina dell’accordo quadro bilaterale (bilateral framework agreement) per lavori di manutenzione, la disciplina da essa divergente, o parzialmente divergente, dovrà ritenersi ammissibile previa valutazione della meritevolezza della causa; e l’attribuzione di un originale nomen juris assumerà rilevanza nella misura in cui la disciplina contrattuale sia indice di uno schema contrattuale sostanzialmente diverso, i.e. laddove la regolamentazione esorbiti dalla normale elasticità dello schema tipico. Invero, ciò non sembra avvenire nel rapporto tra i due istituti in esame. Dalla disciplina dell’accordo quadro con un solo operatore risaltano, infatti, più analogie che differenze con le previgenti norme del contratto aperto di manutenzione. In particolare, la differenza rilevante – evidenziata anche dall’istante – consiste nel fatto che il primo apre ad una serie di contratti autonomi, mentre il secondo prevede, a valle, il susseguirsi di meri comportamenti esecutivi; ciò, tuttavia, non sembra impedire all’autonomia negoziale della stazione appaltante di prefissare nell’accordo quadro, destinato a regolare i futuri contratti applicativi, le clausole che connotano il contratto aperto di manutenzione, quali: predeterminazione del termine finale della prestazione e del suo contenuto tecnico ed esecutivo senza predeterminazione del numero dei singoli interventi manutentivi, ovviamente fermi restando i limiti di compatibilità con la vigente disciplina di settore.
Naturalmente, quale corollario implicito del principio di autonomia contrattuale, occorre tener presente che la libertà di dettare una disciplina non prevista dal Codice dei contratti pubblici si può esercitare soltanto entro il limite della disciplina civilistica, ma non può, in alcun modo, travalicare tali confini per proiettarsi sui criteri di scelta del contraente, i quali – diversamente – rispondono a criteri pubblicistici e integrano norme di carattere imperativo.
Alla luce di queste argomentazioni, si possono trarre alcune conclusioni con riguardo alla applicabilità della risalente elaborazione giurisprudenziale e interpretativa dell’Autorità al nuovo istituto. A tal proposito, è indubitabile che la disciplina normativa del contratto aperto non sopravviva all’abrogazione implicita operata dal nuovo Regolamento, ma sia stata assorbita da quella dell’accordo quadro. Nondimeno, attese le evidenti somiglianze tra i due istituti e la riconosciuta continuità dell’uno nell’altro, limitatamente alla categoria dell’accordo quadro con un solo operatore economico (bilateral framework agreement), l’interprete applicherà i consueti criteri interpretativi, secondo le regole che presiedono alla successione di leggi nel tempo: in questo senso, le categorie ermeneutiche elaborate per il contratto aperto di manutenzione saranno applicabili all’istituto dell’accordo quadro, nei limiti della compatibilità.

domenica 12 maggio 2013

RISARCIMENTO DEL DANNO CON IVA


L'appaltatore che non abbia eseguito i lavori a regola d'arte deve risarcire il committente del danno patrimoniale, inclusa l'Iva, anche in assenza di fattura. Poiché il risarcimento del danno patrimoniale si estende agli oneri accessori e consequenziali se esso è liquidato sulla base di spese da affrontare, il risarcimento comprende anche l’imposta sul valore aggiunto, pur se la riparazione non è ancora avvenuta allorquando il prestatore d’opera sia come nella specie tenuto ai sensi dell’articolo 18 del D.P.R. n. 633 del 1972 ad addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente.

TRASMISSIONE DEI DATI ALL’AVCP


Per gli appalti pubblicati a far data dal 1 gennaio 2013, la soglia dei 150.000  euro prevista dall’art. 7, co. 8 del DLgs 163/2006, è aggiornata al valore di 40.000  euro. Pertanto:
- Per i contratti di lavori, servizi e  forniture, di importo superiore a 40.000, dovranno essere inviati: per i  settori ordinari, i dati relativi  all’intero ciclo di vita dell’appalto; per i settori speciali fino all’aggiudicazione compresa, secondo le specifiche  indicate nel richiamato Comunicato del 4 aprile 2008. Per le medesime  fattispecie di importo inferiore o uguale a 40.000 euro, sarà necessaria la  sola acquisizione dello SmartCIG.  
- Per i contratti parzialmente esclusi di cui artt. 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 26 del DLgs  163/2006 di importo superiore a 40.000 euro,   dovranno essere inviati i dati fino alla fase di aggiudicazione  compresa, secondo le specifiche indicate nel Comunicato del 14 dicembre 2010.  Per le medesime fattispecie di importo inferiore o uguale a 40.000 euro, sarà  necessaria la sola acquisizione dello SmartCIG.  
- Per i contratti relativi alle fattispecie di  seguito elencate, ferme restando le modalità di trasmissione dei dati di cui al  Comunicato del 14 dicembre 2010, si precisa che:    
- i dati relativi agli accordi quadro e fattispecie consimili di importo superiore a 40.000  euro, dovranno essere comunicati relativamente alla fase di aggiudicazione ed  eventuale stipula del contratto;      
- i dati relativi ai contratti discendenti dagli accordi quadro e  fattispecie consimili di importo superiore a 40.000 euro, dovranno essere  comunicati: per i settori ordinari e  speciali secondo le indicazioni di cui al  punto 1; per i contratti parzialemnte esclusi, secondo le indicazioni di cui al  punto 2.
- Per le medesime  fattispecie di importo inferiore o uguale a 40.000 euro, sarà necessaria la  sola acquisizione dello SmartCIG.