venerdì 30 luglio 2021

VERIFICA DELLA CONGRUITÀ DELLA MANODOPERA

 

Sulla GU n. 180 del 29 luglio 2021, è stato pubblicato un comunicato relativo alla disponibilità sul sito del Ministero del D.M. n. 143 del 25 giugno 2021 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali che definisce un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili.

La verifica della congruità si riferisce all’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.

Rientrano nel settore edile tutte le attività, comprese quelle affini, direttamente e funzionalmente connesse all’attività resa dall’impresa affidataria dei lavori, per le quali trova applicazione la contrattazione collettiva edile, nazionale e territoriale, stipulata dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, mentre con riferimento ai lavori privati le disposizioni del decreto si applicano esclusivamente alle opere il cui valore risulti complessivamente di importo pari o superiore a euro 70.000.

In fase di prima applicazione, la verifica della congruità della manodopera impiegata è effettuata in relazione agli indici minimi di congruità riferiti alle singole categorie di lavori, riportati nella tabella allegata al decreto.

Ai fini della verifica si tiene conto delle informazioni dichiarate dall’impresa principale alla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, con riferimento al valore complessivo dell’opera, al valore dei lavori edili previsti per la realizzazione della stessa, alla committenza, nonché alle eventuali imprese subappaltatrici e subaffidatarie.

In caso di variazioni da parte del committente riferite ai lavori oggetto di verifica, l’impresa è tenuta a dimostrare la congruità in relazione al nuovo valore determinato dalle varianti apportate.

L’attestazione di congruità è rilasciata, entro dieci giorni dalla richiesta, dalla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, su istanza dell’impresa affidataria o del soggetto da essa delegato, ovvero del committente.

Per i lavori pubblici, la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva è richiesta dal committente o dall’impresa affidataria in occasione della presentazione dell’ultimo stato di avanzamento dei lavori da parte dell’impresa, prima di procedere al saldo finale dei lavori.

Per i lavori privati, la congruità dell’incidenza della manodopera deve essere dimostrata prima dell’erogazione del saldo finale da parte del committente. A tal fine, l’impresa affidataria presenta l’attestazione riferita alla congruità dell’opera complessiva.

Qualora non sia possibile attestare la congruità, la Cassa Edile/Edilcassa, a cui è stata rivolta la richiesta, evidenzia analiticamente all’impresa affidataria le difformità riscontrate, invitandola a regolarizzare la propria posizione entro il termine di 15 giorni, attraverso il versamento in Cassa Edile/Edilcassa dell’importo corrispondente alla differenza di costo del lavoro necessaria per raggiungere la percentuale stabilita per la congruità.

La regolarizzazione nel termine previsto consente il rilascio dell’attestazione di congruità.

Decorso inutilmente il termine, l’esito negativo della verifica di congruità è comunicato ai soggetti che hanno effettuato la richiesta con indicazione degli importi a debito e delle cause di irregolarità.

Conseguentemente, la Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente procede all’iscrizione dell’impresa affidataria nella Banca nazionale delle imprese irregolari (BNI).

Qualora lo scostamento rispetto agli indici di congruità sia accertato in misura pari o inferiore al 5% della percentuale di incidenza della manodopera, la Cassa Edile/Edilcassa rilascia ugualmente l’attestazione di congruità previa idonea dichiarazione del direttore dei lavori che giustifichi tale scostamento.

L’impresa affidataria risultante non congrua può altresì dimostrare il raggiungimento della percentuale di incidenza della manodopera mediante esibizione di documentazione idonea ad attestare costi non registrati presso la Cassa Edile/Edilcassa, in base a quanto previsto nell’Accordo collettivo del 10 settembre 2020.

In mancanza di regolarizzazione, l’esito negativo della verifica di congruità riferita alla singola opera, pubblica o privata, incide, dalla data di emissione, sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzate al rilascio per l’impresa affidataria del DURC online.

Le disposizioni contenute nel decreto si applicano ai lavori edili per i quali la denuncia di inizio lavori sia effettuata alla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente dal 1° novembre 2021.

giovedì 29 luglio 2021

DURC – SCOSTAMENTO NON GRAVE


Con il D.M. 30 gennaio 2015, in attuazione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, articolo 4, sono stati definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica della regolarità contributiva nei confronti dell’Inps, dell’Inail e delle Casse edili, che, a decorrere dal 1° luglio 2015 a seguito dell’entrata in vigore del Decreto stesso, avviene in modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale. Con la circolare n. 19/2015 il Ministero del lavoro ha fornito i primi chiarimenti di carattere interpretativo come recepiti dall’Istituto con la circolare n. 126/2015.

A seguito di richieste di chiarimenti in ordine all’applicazione del criterio dello scostamento non grave previsto dal D.M. 30 gennaio 2015, articolo 3, comma 3, l’Inps – con messaggio n. 213/2021 – specifica i termini di attuazione del criterio nell’ambito del procedimento di verifica.

Tra le lievi irregolarità, rispetto alle quali “nulla osti” al rilascio del Durc, rientra lo “scostamento non grave”.

Il D.M. 30 gennaio 2015, all’articolo 3, ultimo comma, nell’elencare le fattispecie in presenza delle quali la regolarità contributiva deve essere attestata, contempla un’ulteriore condizione di sussistenza della regolarità in presenza di uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun degli enti chiamati ad effettuare la verifica. Non si considera grave lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate in ciascuna Gestione nella quale l’omissione si è determinata che risulti pari o inferiore ad € 150,00 comprensivi di eventuali accessori di legge.
La rilevanza della condizione dello scostamento opera con riguardo al momento in cui viene generato in automatico dal sistema l’esito della verifica all’atto dell’interrogazione. Tale condizione infatti è preordinata a garantire la possibilità di produrre un’attestazione di regolarità – “Durc On Line” – pur in presenza di una differenza tra somme dovute e somme versate, giudicata appunto non grave, e come tale è integrata nei controlli effettuati dalla procedura per generare l’esito in tempo reale.
Qualora a seguito della proposta di esito automatizzato irregolare sia notificato al contribuente l’invito a regolarizzare, le esposizioni debitorie, fatta salva l’ipotesi di annullamento parziale o totale delle stesse a seguito dei chiarimenti forniti dall’interessato, dovranno essere interamente versate per determinare la formazione di un esito regolare.

L’eventuale regolarizzazione parziale che determini un debito residuo di importo pari o inferiore a € 150,00 per tutte o solo alcune delle Gestioni previdenziali evidenziate nell’invito a regolarizzare comporterà la formazione di un Documento irregolare denominato “Verifica regolarità contributiva”, indipendentemente dall’importo residuo non versato. Resta infatti esclusa in questa fase del procedimento, l’applicabilità del criterio dello scostamento non grave.


Pertanto, nel caso di regolarizzazione parziale, non trovando applicazione il criterio dello scostamento non grave, l’attestazione di irregolarità avverrà per l’importo residuo non pagato anche se di valore pari o inferiore a quello dello scostamento individuato in € 150,00 per Gestione.

Con il messaggio n. 2267/2018, l’Inps ha illustrato i contenuti delle implementazioni della procedura Durc On Line che è stata integrata con il rilascio della funzione di annullamento del Documento, denominato “Durc on Line” in caso di esito regolare e “Verifica regolarità contributiva” in caso di esito irregolare, in presenza di specifiche cause che giustificano l’adozione del relativo provvedimento. In tale ambito è stato specificato che il procedimento di annullamento, attivabile d’ufficio ovvero su richiesta dell’interessato, può essere avviato solo dopo che il sistema ha generato un Documento in formato .pdf.

Il procedimento di annullamento prevede che, a conclusione dello stesso, il sistema Durc On Line notifichi con PEC, tramite il canale INPSCOMUNICA, l’avvenuto annullamento del Documento a tutti i soggetti che hanno effettuato l’interrogazione sul portale Inps.

Al fine di consentire il monitoraggio dello stato delle notifiche e l’eventuale ritrasmissione delle PEC per le quali non risulti correttamente ricevuta la notifica tramite consegna al destinatario nella sezione “Annullamenti” è stata inserita la funzione “Gestione Notifiche”.

NORMA UNI EN ISO 19650-3:2021 (BIM)

 

L'8 aprile 2021 è stata pubblicata la norma UNI EN ISO 19650-3:2021 Organizzazione e digitalizzazione delle informazioni relative all'edilizia e alle opere di ingegneria civile, incluso il Building Information Modelling (BIM) - Gestione informativa mediante il Building Information Modelling - Parte 3: Fase gestionale dei cespiti immobili, che recepisce la EN ISO 19650-3:2020 e adotta la ISO 19650-3:2020.

La norma specifica i requisiti per la gestione delle informazioni, sotto forma di un processo gestionale, nel contesto della fase di gestione dei cespiti immobili e dello scambio di informazioni, quando si utilizza il Building Information Modelling (BIM).

La norma può essere applicata a tutti i tipi di cespite immobile e da tutti i tipi e dimensioni di organizzazione, coinvolti nella fase gestionale dei cespiti immobili.

Detta norma internazionale si applica congiuntamente alla serie UNI 11337, che si pone come norma complementare.

mercoledì 14 luglio 2021

PROCEDURA NEGOZIATA INDETTA SUCCESSIVAMENTE AD UN GARA PUBBLICA ANDATA DESERTA

 

Il TAR per la Calabria, Seconda Sezione, con la sentenza n. 1132 del 31 maggio 2018, ha rilevato che pur costituendo la procedura negoziata un segmento procedimentale autonomo rispetto alla originaria gara pubblica, nel concreto caso di specie la lettera di invito alla stessa procedura non conteneva una disciplina compiuta ed autosufficiente avente ad oggetto la puntuale regolamentazione dei relativi adempimenti concorsuali, ma era strutturata quale appendice della gara pubblica richiamata nelle premesse e di cui sostanzialmente viene rinnovata la disciplina. In particolare, la lettera di invito sollecitava i concorrenti a presentare un'offerta tecnica ed un'offerta prezzo, ma non precisava esplicitamente quali fossero i relativi criteri di valutazione, per cui sul punto era evidente l'implicito richiamo alla disciplina di cui alla presupposta gara pubblica. Nel caso di specie, l'unico modo per attribuire un senso compiuto alla disciplina di cui alla lettera di invito, secondo un criterio di buona fede volto alla individuazione di una soluzione interpretativa logicamente sostenibile e del significato che il destinatario può ragionevolmente intendere (art. 1366 c.c.), il TAR ha ritenuto che essa, in ossequio al criterio di cui all’art. 125, co. 1 lett. a), d.lgs. 50/2016, fosse pedissequamente reiterativa delle condizioni essenziali delle lex specialis della gara pubblica indicata nelle premesse della stessa lettera di invito.

IL CAPPOTTO TERMICO IN CONDOMINIO

 

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n.10371/2021 pubblicata il 20 aprile, interviene in merito alla realizzazione di un isolamento termico delle superfici che interessano un fabbricato condominiale, nonché nella esecuzione delle collegate opere accessorie e di ripristino della facciata. La realizzazione di un "cappotto termico" sulle superfici esterne dell'edificio condominiale, in quanto volta a migliorare l'efficienza energetica dello stesso, non dà luogo ad opera che possa ritenersi suscettibile di utilizzazione separata, agli effetti dell'art. 1121, comma 1, c.c., né, una volta eseguita, configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell'intero fabbricato, sicché le relative spese possano intendersi da ripartire in proporzione dell'uso o da porre a carico del solo gruppo dei condomini che ne trae utilità.

La sentenza ricorda che il "cappotto termico" da realizzare sulle facciate dell'edificio condominiale, al fine di migliorarne l'efficienza energetica, non è opera destinata all'utilità o al servizio esclusivo dei condomini titolari di unità immobiliare site nella parte non interrata del fabbricato, come sostengono i ricorrenti (proprietari di locali interrati serviti da autonomo ingresso). Le opere, gli impianti o manufatti che, come il "cappotto" sovrapposto sui muri esterni dell'edificio, sono finalizzati alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, vanno ricompresi tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall'intera collettività condominiale (art. 1117, n. 3, c.c.), inclusi i proprietari dei locali terranei, e non sono perciò riconducibili fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, commi 2 e 3, c.c. Ne consegue che, ove la realizzazione del cappotto termico sia deliberata dall'assemblea, trova applicazione l'art. 1123, comma 1, c.c., per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. Nell'ordinanza la Cassazione aggiunge inoltre che una delibera che disponga una innovazione diretta al miglioramento dell'efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al "miglioramento del decoro architettonico" della facciata, essendo, al contrario, l'eventuale alterazione del decoro architettonico un limite imposto alla legittimità della innovazione (art. 1120, ultimo comma, c.c.).

SULLA RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE DELLA STAZIONE APPALTANTE

 

Il concorrente che abbia partecipato a una gara successivamente annullata dal giudice amministrativo ha diritto a vedersi riconosciuto dall'ente appaltante il risarcimento del danno subito, quantificabile nelle spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara.

Ciò in virtù dei principi che regolano la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione - e quindi anche delle stazioni appaltanti - secondo cui quest'ultima è chiamata a rispondere dei danni causati da comportamenti che abbiano generato un affidamento incolpevole nei soggetti privati con cui la stessa entra in relazione. (Tar Lazio, Sez. II, 12 marzo 2021, n. 3063)

Durante lo svolgimento della procedura, la gara veniva annullata a seguito di una pronuncia del Tar – poi confermata dal Consiglio di Stato – che rilevava come l'individuazione dei lotti in cui era suddivisa la gara era contraria ai principi di massima concorrenzialità e di apertura al mercato, oltre che lesiva dell'interesse della stessa stazione appaltante a favorire la più ampia partecipazione di operatori economici. In particolare, il giudice amministrativo evidenziava le rilevanti lacune istruttorie e di analisi di mercato che avevano caratterizzato la fase di preparazione della gara, che avevano causato una forte restrizione della partecipazione.

A fronte di tali vicende il consorzio concorrente avanzava domanda di risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale in relazione all'inutile partecipazione alla gara. A tal fine evidenziava di aver partecipato alla gara confidando del tutto incolpevolmente nelle piena legittimità della stessa, anche in relazione alla conclamata professionalità della stazione appaltante comunemente ritenuta tra quelle maggiormente qualificata a livello nazionale. Tale partecipazione aveva comportato dei costi per la preparazione dell'offerta, sia per l'impiego delle strutture interne che per il ricorso a consulenti esterni. A fronte di tale situazione, l'improvvisa interruzione delle trattative avviate con la pubblicazione del bando, dovuta alla pronuncia di illegittimità della gara emanata dal giudice amministrativo, era da imputare esclusivamente a un comportamento colposo posto in essere dalla stazione appaltante.

Quanto alla quantificazione del danno di cui chiedeva il risarcimento, la stessa si fondava su una serie di voci. In primo luogo la perdita di guadagno conseguente alla chance di aggiudicazione dei lotti per i quali il consorzio aveva presentato offerta, calcolata nel 10% del valore dei lotti rapportato al numero dei partecipanti o nel 2% di detto valore. In secondo luogo le spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara, rappresentate dai costi esterni e dai costi interni di struttura.

Ai fini di delimitare l'ambito della responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, il giudice amministrativo ricorda che nella fase pubblicistica di svolgimento della gara – che si contrappone a quella privatistica di esecuzione del contratto – la stazione appaltante è tenuta a seguire le regole di responsabilità che disciplinano l'attività negoziale della stessa nelle trattative c.d. multiple o parallele, cioè condotte contestualmente con una pluralità di soggetti, ovvero i concorrenti che partecipano alla gara. Tra queste regole di responsabilità assumono particolare rilievo quelle che discendono dai principi generali di comportamento secondo correttezza e buona fede. In base alla giurisprudenza tali principi devono intendersi violati, ad esempio, nel caso in cui sia omesso di fornire notizie rilevanti, conosciute o conoscibili secondo l'ordinaria diligenza, ai fini della negoziazione e della successiva stipulazione del contratto.

La violazione delle regole indicate comporta la lesione dell'affidamento incolpevole dei privati che entrano in correlazione con la pubblica amministrazione (e quindi con la stazione appaltante). L'affidamento è incolpevole qualora il soggetto privato compie scelte senza sua colpa, sul presupposto di un'azione corretta dell'ente pubblico.

Peraltro, secondo la giurisprudenza ormai consolidata che trae origine da un orientamento datato del giudice comunitario, il diritto al risarcimento del danno conseguente alla violazione della normativa sugli appalti pubblici prescinde dalla colpa dell'ente appaltante.

Sulla base di questo quadro complessivo di riferimento il giudice amministrativo ha ritenuto che nel caso di specie sussistessero i presupposti per il riconoscimento del risarcimento dei danni a favore del concorrente che aveva partecipato alla gara successivamente annullata prima della sua conclusione.

Si deve infatti ritenere che quest'ultimo fosse titolare di una situazione giuridica riconducibile all'affidamento incolpevole, in quanto la causa di illegittimità della gara è riconducibile non alla violazione di una norma imperativa – che poteva essere rilevata anche dal concorrente – ma al difetto di istruttoria strumentale alla formazione delle regole della gara. Nel primo caso sarebbe stata configurabile anche una colpa del concorrente, che è invece da escludere nel secondo caso.

A rafforzare ulteriormente la situazione di affidamento incolpevole contribuisce la circostanza che la stazione appaltante, dopo aver ricevuto la notifica del ricorso, da un lato non ha sospeso la procedura di gara, nonostante non fosse ancora scaduto il termine per la presentazione delle offerte; dall'altro, non ha neanche informato i concorrenti della pendenza del giudizio né addirittura dell'intervenuta sentenza di primo grado che disponeva l'annullamento della procedura.

Ai fini della quantificazione del danno risarcibile il giudice amministrativo rileva che nell'ambito della responsabilità precontrattuale lo stesso non è commisurabile alle utilità che sarebbero derivate dal contratto non concluso (interesse positivo), ma al solo interesse negativo, cioè l'interesse a non subire le conseguenze negative dell'azione illegittima della pubblica amministrazione. Nello specifico, al concorrente che ha partecipato alla gara poi annullata non può riconoscersi il danno da lucro cessante, individuato nel mancato guadagno conseguente alla non aggiudicazione dei lotti per i quali lo stesso aveva presentato offerta. Va invece riconosciuto il danno emergente, rappresentato dalle spese documentate inutilmente sostenute ai fini della partecipazione alla gara (costituzione del consorzio, fideiussioni, predisposizione offerta tecnica, contributo Anac).

In linea generale, si può affermare che la responsabilità precontrattuale è ravvisabile laddove vi sia un macroscopico errore della stazione appaltante. Negli altri casi, specie a fronte di scelte discrezionali, la sua configurabilità presenta elementi di notevole criticità.

LA REGISTRAZIONE SULLA PIATTAFORMA AVCPASS DEVE ESSERE SEMPRE EFFETTUATA OVE RICHIESTO IL PASSOE

 

Il Tar Lombardia, Milano, Sez. IV , con sentenza del 30.04.2019 , n. 970, dopo aver ricordato che AVCPASS è un sistema per la verifica online dei requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento, ribadiscono gli obblighi cui sono tenuti gli operatori.

Gli operatori economici, effettuata la registrazione al servizio AVCPASS, tramite un’area dedicata inseriscono a sistema i documenti relativi alla dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico professionale che sono nella loro esclusiva disponibilità. Gli operatori registrati, individuata la procedura di affidamento cui intendono partecipare, ottengono dal sistema un “PassOE” (cioè un documento il quale attesta che l’operatore economico può essere verificato tramite AVCPASS, in relazione a quella determinata procedura) da inserire nella busta contenente la documentazione amministrativa.

L’impresa ricorrente era stata esclusa dalla gara per non aver acquisito il codice AVCPASS sul portale di ANAC. Nel caso in esame l’esclusione del concorrente non discende tanto dalla mancata presentazione del documento costituito dal PassOE, quanto dall’insussistenza, al momento di presentazione della domanda di partecipazione, della stessa registrazione AVCPASS presso il portale ANAC.

E non è possibile ricorrere a soccorso istruttorio, in quanto la registrazione AVCPASS non costituisce tanto una dichiarazione, quanto una procedura articolata, e la sua omissione rappresenta un’irregolarità essenziale e insanabile. Questo rendeva impossibile per la stazione appaltante verificare, tramite la piattaforma informatica, il possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara. Il PassOE può essere oggetto di soccorso istruttorio, ma solo se sia avvenuta la registrazione su AVCPASS. (cfr. Tar Palermo, 15 gennaio 2016, n. 150; T.A.R. Lazio Roma, III, 6 novembre 2017, n.11031).

NOMINA DELLA COMMISSIONE DI GARA PER UN APPALTO SOTTOSOGLIA COMUNITARIA

 

ll Tar Lazio, Roma, sezione III, con sentenza n. 7852/2021si è espresso sulla pretesa illegittimità della nomina della commissione di gara, per un appalto sottosoglia comunitaria, per violazione del principio di rotazione. Principio richiamato nel comma 3 dell'articolo 77 del Codice dei contratti.

Nella sentenza si evidenzia che l'articolo 77 (e 78) del Codice ed in specie il comma 3 «che prevede come la commissione giudicatrice sia composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l'oggetto del contratto» con scelta dall'albo a gestione Anac, allo stato attuale risulta "inapplicabile" per effetto del Dl 32/2019 (convertito dalla legge 55/2019) e tale situazione risulta anche estesa, temporalmente, fino al 30 giugno 2023 dal Dl 77/2021. In pratica risulta attualmente inapplicabile non solo la disciplina sulla nomina dei commissari che avrebbero dovuto essere attinti dall'albo di esperti a gestione Anac (data l'inesistenza dell'albo predetto) ma sono inapplicabili le stesse norme che disciplinano la nomina della commissione di gara in ambito sotto soglia per cui si consente la scelta di membri interni (compreso il caso in cui l'appalto da aggiudicare non risulti di particolare complessità).

Nell'attuale situazione, puntualizza la sentenza – stante l'inoperatività dell'albo dei commissari - «vale la disciplina transitoria dettata dall'art. 216, comma 12, del Codice» in cui si precisa che «fino alla adozione della disciplina in materia di iscrizione all'Albo di cui all'articolo 78, la commissione giudicatrice continua ad essere nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante (…)».

Il congelamento/sospensione, e quindi l'inapplicabilità, del comma 3 dell'articolo 77 ovvero della nomina/scelta dei commissari dall'albo coinvolge anche le ulteriori prescrizioni della norma compresa quindi la nomina dei commissari negli appalti sotto la soglia comunitaria. Testualmente, in sentenza si legge che «l'obbligo di scegliere commissari esterni tranne che per gli appalti sotto soglia è strettamente legato alla nuova disciplina che consentirà di attingere all'Albo istituendo come è stato già affermato in pronunce giurisprudenziali (TAR Lombardia sezione Brescia 716/2020 )».

L'attuale vincolo, nella scelta dei commissari, pertanto si ravvisa nell'obbligo «di scegliere i membri tra persone con professionalità adeguata in base a criteri preventivamente individuati», ma, prosegue la sentenza, «la mancata individuazione di tali criteri nell'atto di nomina, come è avvenuto nel caso di specie, non determina automaticamente l'illegittimità della scelta che dipende dalla non adeguatezza della scelta».

Si tratta di una mera irregolarità formale che non determina illegittimità degli atti adottati considerato che la ratio legis della prescrizione «è quella di impedire che scelte delicate che determinano l'aggiudicazione di rilevanti appalti siano affidate a persone non in grado di padroneggiare gli elementi delle offerte tecnica ed economica (Consiglio di Stato 4865/2019, 6135/2019 )».

E neanche è ritenuta condivisibile, la pretesa violazione del principio di rotazione pur richiamato dal predetto comma 3 dell'articolo 77 del Codice. Tale principio non può ritenersi attualmente operativo stante il "congelamento" applicativo della norma in parola. Tuttavia, la rotazione, è stata prevista dall’Anac nel regolamento sulla nomina delle proprie commissioni di gara adottato con la deliberazione n. 620/2016.

LA SUPERVISIONE DEL RUP SULLE OFFERTE IN GARA

 

Con il parere n. 918/2021, il Mims risponde sulla questione dei rapporti tra commissione di gara e stazione appaltante nel caso in cui l'operato della prima non «venga ritenuto corretto» dalla stazione appaltante. Il compito della commissione di gara si sostanzia nella valutazione dell'offerta tecnico/economica, mentre compete poi al Rup predisporre gli atti per l'approvazione dell'operato della commissione.

Qualora si ritenesse necessario, il Rup può procedere con riconvocazione della commissione «per specifici approfondimenti istruttori su punti controversi, che possono sfociare in una modifica dei provvedimenti assunti (Tar Milano, sentenza n. 1955/2019)».

Nel parere si precisa che la conduzione delle operazioni avviene sotto l'egida e controllo di un unico soggetto, il Rup appunto, a cui spettano, anche per la centralità ad esso assegnata dal Codice dei contratti, «compiti di verifica e supervisione sull'operato della Commissione». Pertanto, sulla scorta anche di quanto sostenuto in tempi recenti dal Tar Lecce, sentenza, n. 311/2021, si sottolinea che «in ogni caso, anche un'offerta giudicata positivamente dalla Commissione di gara, perché rispondente a criteri di valutazione stabiliti nel bando, può essere ritenuta dall'amministrazione aggiudicatrice non conveniente o non idonea rispetto alle esigenze che la stessa si propone di realizzare attraverso l'affidamento del contratto». Anche in questa fase, evidentemente, è fondamentale il ruolo del Rup che deve anche tutelare "le ragioni" della stazione appaltante proponendo di non aggiudicare l'appalto.

QUANDO È SANABILE L'ERRORE NELLA FORMULAZIONE DELL'OFFERTA

 

L'errore in cui sia incorso un concorrente nella formulazione dell'offerta, specie relativamente alla componente economica di essa, può essere rettificato ex officio dall'amministrazione e per essa dalla commissione, solo ove sia ictu oculi riconoscibile in base a un semplice calcolo aritmetico e non necessiti di approfondimenti o di attività di interpretazione e ricostruzione della volontà dell'offerente. La giurisprudenza, condivisa dal Collegio è costante sul punto (cfr. T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III quater, 4 gennaio 2021, n. 62; Consiglio di Stato, Sez. III, 9 dicembre 2020, n. 7758; T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 35/2020; Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; id., 16 marzo 2016, 1077; TAR Campania, Napoli, sez. I, 1 dicembre 2015, n. 5530). Tar Lazio – Roma, sez. III 22 giugno 2021 n. 7416

I GIUDIZI DEI SINGOLI COMMISSARI SONO ASSORBITI NELLA DECISIONE FINALE

 

Gli apprezzamenti dei commissari sono destinati ad essere assorbiti nella decisione collegiale finale, costituente momento di sintesi della comparazione e composizione dei giudizi individuali, mentre la separata enunciazione dei punteggi attribuiti dai singoli Commissari assume valore di formalità interna relativa ai lavori della Commissione esaminatrice (C.S., Sez. V, 14.2.2018, n. 952, Sez. III, 13.10.2017 n. 4772, Sez. V, 8.9.2015 n. 4209)”. Consiglio di Stato, sez. III 24 giugno 2021 n. 4847

martedì 13 luglio 2021

MANUTENZIONE, CONTROLLO E ISPEZIONE DEGLI IMPIANTI TERMICI CIVILI


Sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 25 del 21 giugno 2021 è pubblicato il decreto dirigenziale 16 giugno 2021 n. 8224, recante “Disposizioni operative per l’esercizio, la manutenzione, il controllo e l’ispezione degli impianti termici civili, in attuazione della d.g.r. 3502 del 5 agosto 2020”.

Le nuove disposizioni operative sostituiscono quelle approvate con decreto dirigenziale n. 11785 del 23 dicembre 2015.

Il provvedimento:

• contribuisce all’attuazione del Programma energetico ambientale regionale, approvato con d.g.r. 3706 del 12 giugno 2015 ed è conforme agli indirizzi del nuovo Piano Regionale Energia e Clima, approvati dal Consiglio regionale d.c.r. 1445 del 24 novembre 2020;

• contribuisce all’attuazione del Piano regionale degli interventi per la qualità dell’aria (PRIA), aggiornato con d.g.r. n. 449 del 2 agosto 2018;

• concorre al conseguimento del risultato atteso dal Programma Regionale di Sviluppo con codice TER.1701.225: «Incremento dell’efficienza energetica nel settore civile».

REGIME TRANSITORIO IN MATERIA DI VIA

 

Sulla Gazzetta ufficiale n. 148 del 23/6/2021 è pubblicato il decreto-legge 23 giugno 2021, n. 92 recante “Misure urgenti per il rafforzamento del Ministero della transizione ecologica e in materia di sport”, in vigore dal 24 giugno.

All’Art. 7 - Regime transitorio in materia di VIA si prevede:

“L'articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica alle istanze presentate a partire dal 31 luglio 2021. L'articolo 31, comma 6, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, che trasferisce alla competenza statale i progetti relativi agli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, di cui all'Allegato II alla Parte seconda, paragrafo 2), ultimo punto, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica alle istanze presentate a partire dal 31 luglio 2021.

All'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2-bis, il secondo periodo e' sostituito dal seguente:

«Il personale delle pubbliche amministrazioni e' collocato d'ufficio in posizione di fuori ruolo, comando, distacco, aspettativa o altra analoga posizione, secondo i rispettivi ordinamenti, alla data di adozione del decreto di nomina di cui al quinto periodo del presente comma»;

b) al comma 5, le parole «comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «comma 2-bis».

All’Art. 8 Disposizioni urgenti per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 si prevede:

“All'articolo 3, del decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 maggio 2020, n. 31, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2:

1) al primo periodo, dopo le parole «Lo scopo statutario e'» sono inserite le seguenti: «la progettazione nonche'» e dopo le parole «bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» sono inserite le seguenti: «nonche' delle opere finanziate interamente, anche connesse e di contesto relative agli impianti sportivi olimpici, sulla base di un piano degli interventi predisposto dalla societa', di intesa con il Ministero delle infrastrutture e della mobilita' sostenibili e con le Regioni interessate, e approvato con decreto del Presidente Consiglio dei ministri o dell'autorita' politica delegata allo sport adottato entro il 31 ottobre 2021»;

2) al terzo periodo, le parole «commissari straordinari dotati dei poteri e delle funzioni di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32» sono sostituite dalle seguenti: «commissari straordinari dotati dei poteri e delle funzioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32»;

b) al comma 2-bis, le parole «sono attribuiti i poteri e le facolta' previsti dall'articolo 61, commi 5 e 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50» sono sostituite dalle seguenti: «sono attribuiti i poteri e le facolta' previsti dall'articolo 61, commi 4, 5, 7 e 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50»;

c) al comma 9, il terzo periodo e' sostituito dal seguente: «Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui all'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.».

IL COORDINATORE PER L'ESECUZIONE NON È IL CONTROLLORE DEL DATORE DI LAVORO MA IL GESTORE DEL RISCHIO INTERFERENZIALE

 

Con la sentenza n. 24915/2021, la Corte di cassazione (quarta sezione penale) ha affermato il principio di diritto secondo cui il coordinatore per l'esecuzione ha una posizione di garanzia che non va confusa con quella del datore di lavoro.

Egli ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto). L'unica eccezione è costituita dalla previsione di cui all'art. 92 lett. f) del  D.Igs. 81/2008 secondo cui egli, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, ed immediatamente percettibile, è tenuto a sospendere le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

Il coordinatore per l'esecuzione, in altri termini, non è il controllore del datore di lavoro, ma il gestore del rischio interferenziale.

Con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti:

a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori;

b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento;

c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS.

Il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni.

Essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, che compete alle imprese esecutrici. Attività di verifica che tuttavia non può significare presenza quotidiana nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo.

Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (art. 92, co. 1 lett. f) d.lgs. n.81/2008).

L'obbligo di cui alla lettera f) è particolarmente importante, perché è norma di chiusura che, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, il che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose.

Per il resto, il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse l'attuazione dei piani 'attraverso la mediazione dei datori esecutori'. Certo non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie). Parallelamente, l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce di azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale.

LE SPESE SOSTENUTE DALL'IMPRESA PER LA PARTECIPAZIONE ALLA GARA NON POSSONO ESSERE RISARCITE

 

Il Consiglio di Stato (sentenza 26 febbraio 2021, n. 1678) ha stabilito che, in caso di domanda di risarcimento da mancata aggiudicazione, le spese sostenute dall'impresa per la partecipazione alla gara non possono essere risarcite, trattandosi di costi destinati a rimanere a carico dell'impresa sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi possono assumere rilevanza ai fini del riconoscimento del danno emergente solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione.

La richiesta di risarcimento danni era stata presentata da una società di costruzioni che aveva partecipato alla gara per l'affidamento, secondo il criterio dell'offerta più vantaggiosa, di lavori.

L'ente locale, dopo aver aggiudicato la gara ad un'impresa, aveva annullato in autotutela la nomina della commissione giudicatrice e, conseguentemente, tutte le attività poste in essere, compresa l'aggiudicazione, che era stata nuovamente disposta in favore della stessa impresa. La ricorrente aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione e chiesto il risarcimento dei danni per equivalente, con riferimento alle spese di partecipazione alla gara, al danno curricolare, al danno curricolare e al profitto ritraibile dall'esecuzione dell'appalto, da risarcire a titolo di lucro cessante.

In particolare, i costi di partecipazione alla gara:

1) non possono essere risarciti perché costituiscono una voce di spesa che resta comunque a carico dell'impresa «anche nel caso in cui risulti vincitrice della gara ed esegua il contratto» (cfr. Cons. Stato: Sez. VI, sentenza 17 febbraio 2017, n. 731; Sez. VI, sentenza 28 luglio 2015, n. 3716);
2) devono essere ristorati in forma specifica «mediante rinnovo delle operazioni di gara e, solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente» (Cons. Stato, Sez. VI: sentenze 16 settembre 2011 e 9 giugno 2008 n. 5168), altrimenti si concederebbe al partecipante alla gara «un beneficio maggiore di quello che deriverebbe da una partecipazione regolare e addirittura dalla stessa aggiudicazione» (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 7 settembre 2010, n. 6485).

La richiesta di risarcimento delle altre "voci" di danno è stata dichiarata inammissibile perché la ricorrente, diversamente da quanto stabilito dall'art. 40, comma 1, lett. d), cod. proc. amm. («il ricorso deve contenere distintamente i motivi specifici su cui si fonda») si era riservata di "esplicitare" i danni subiti nella memoria conclusiva ex art. 73 cod. proc. amm., attribuendo a tale atto una funzione diversa da quella riconosciuta, vale a dire «[la] mera illustrazione delle censure già ritualmente proposte in giudizio» (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 27 novembre 2017, n. 5543).

Fermo restando il principio generale secondo il quale è onere dell'impresa allegare i danni subiti a causa della mancata esecuzione della commessa e provarli nel loro ammontare dal momento che, diversamente da quanto avviene per l'azione di annullamento di atti amministrativi, nell'azione di risarcimento dei danni per equivalente opera l'art. 64, comma 1, cod. proc. amm. («il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza 12 febbraio 2020, n.1116 che ha rigettato la tesi secondo cui il danno subito a causa della perdita dell'appalto sarebbe determinabile «sulla base di criteri presuntivi, derivati a loro volta dalle previsioni concernenti le analisi da effettuare per la determinazione dei prezzi»).

LIMITI DIMENSIONALI DELL'OFFERTA TECNICA

 

Secondo il ricorrente, il superamento da parte dell'operatore economico poi risultato aggiudicatario, del limite dimensionale dell'offerta tecnica, limite fissato dalla legge di gara in 40 pagine senza ulteriori prescrizioni, doveva comportare la sua esclusione. L'Anac (parere n.402/2021) non condivide detta conclusione.

Il parere evidenzia che in relazione al principio della tassatività della cause di esclusione, seguendo l’orientamento della più recente giurisprudenza, le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica (ex multis, Consiglio di Stato, V, n. 693/2018 e n. 607/2020; Tar Cagliari, I, n. 72/2020).

Oltre a queste considerazioni, nel parere si rammenta che «la nota illustrativa al bando tipo n. 1/2017, rimarca che la limitazione dimensionale della relazione tecnica rappresenta una mera indicazione e non può costituire causa di esclusione dalla gara».

In sostanza la previsione di un limite dimensionale della relazione «tecnica, non dovrebbe dunque avere (e comunque non dovrebbe essere interpretata come avente) una natura prescrittiva». E una lettura in senso prescrittivo, tale da determinare l'esclusione, si scontrerebbe in ogni caso con il principio di tassatività delle cause di esclusione. Il superamento del limite, in ultima analisi, dovrebbe avere per effetto quello di impedire una valutazione di quanto indicato nelle pagine ulteriori e ciò deve essere esplicitato comunque nella legge di gara.

COMMISSIONE DI GARA E CORREZIONE DELL'OFFERTA

 

Alcuni operatori economici partecipanti alla gara hanno evidenziato che il modello di presentazione dell'offerta economica risultava compilato in modo non rispettoso delle richieste della stazione appaltante. In particolare, oltre al ribasso da esprimersi in percentuale sulla base d'asta il concorrente avrebbe dovuto indicare, in lettere, anche la cifra del ribasso. Nel caso in esame, l'offerente, invece del ribasso espresso in lettere, ha indicato il prezzo offerto (al netto del ribasso). La commissione è intervenuta rilevando l'errore materiale, calcolando il ribasso e ammettendo il concorrente.

Secondo l'Anac (parere n.402/2021) non sussiste illegittimità, in quanto «l’offerta economica del concorrente può essere modificata, anche ex officio, allorché la stessa rechi un mero errore materiale, la cui correzione non alteri l’effettiva volontà dell’offerente, risultante chiaramente dagli altri elementi dell’offerta economica stessa». Perché sia ammissibile un intervento "correttivo" della commissione, prosegue il parere, sono necessarie almeno due condizioni:

a) che sia possibile, attraverso l'attività interpretativa, giungere ad una rettifica degli elementi della dichiarazione che non lasci margini di incertezza;

b) che l'interpretazione non faccia ricorso a fonti di conoscenza esterne alla dichiarazione di offerta della quale si tratta, né a dichiarazioni integrative dell'offerente (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1827/2016; Tar Lazio, Sezione III, n. 1965/2019; deliberazione Anac n. 600/2017).

giovedì 8 luglio 2021

LA RESPONSABILITÀ DELLA VERIFICA DELL'ANOMALIA È DEL RUP


Con la sentenza n. 5077/2021 il Consiglio di Stato ha riassunto gli orientamenti giurisprudenziali consolidati in tema di valutazione sulla potenziale anomalia dell'offerta espressa dalla stazione appaltante, sulla corretta conduzione del subprocedimento di verifica da parte del RUP e sul ruolo della commissione di gara. 

Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudizio di anomalia costituisce espressione di tipico potere tecnico discrezionale riservato alla Pubblica Amministrazione, insindacabile in sede giurisdizionale se non per manifesta erroneità, irragionevolezza e/o inadeguatezza dell’istruttoria, senza che possa essere sostituita alla verifica compiuta dall’Amministrazione una autonoma valutazione di congruità delle offerte da parte del concorrente controinteressato o del giudice (cfr. tra le tante, C.d.S. A.P. 29.12.2012, n. 36, Sez. V, 28.10.2019, n. 7391; 12.2.2020,, n. 1066; Sez. III 19.9.2019, n. 6248 e 29.3.2019, n.2079).

Inoltre, l’esame dell’offerta anomala va condotto complessivamente e non per singole voci, con giudizio globale e sintetico, al fine di valutarne la serietà e affidabilità nel suo complesso ed eventuali inesattezze o inadeguatezze di singole voci sarebbero irrilevanti ai fini dell’esclusione dalla gara (C.d.S., Sez. V, 18.12.2018, n. 7129; 29.1.2018, n. 589).

Si ribadisce l’irrilevanza della censura che mira a dimostrare l’inattendibilità di singole voci di costo, tanto più allorché si tratti di voci di costo “secondarie” nell’economia dell’appalto, o qualora il valore di altre componenti non è idoneo a far venir meno la complessiva efficienza e utilità del servizio per la stazione appaltante, né la convenienza e l’utile per l’affidataria in modo complessivamente significativo.

Con riguardo al subprocedimento per la verifica dell’anomalia dell’offerta, si osserva che la richiesta di consulenza esterna da parte del RUP rientra nella scelta discrezionale dello stesso, cui è affidata la verifica, non essendo il giudizio di congruità di competenza della Commissione di gara, le cui incombenze sono limitate alla valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico ex art. 77 D.lgs n. 50/2016 (Sez. III 5.6.2020, n. 3602).

Ove il RUP ritenga necessario per la verifica di un elemento di particolare complessità approfondire l’istruttoria avvalendosi dell’ausilio di un tecnico esterno specializzato, ben può adottare tale soluzione e non è obbligato a rivolgersi alla Commissione o a dipendenti interni (C.d.S. Sez. V, 13.11.2019, n. 7805; sez. III 5.6.2020 n. 3602).

Non ritiene il Collegio che il disciplinare di gara possa interpretarsi nel senso di vincolare il RUP ad avvalersi esclusivamente della Commissione per la verifica dell’offerta anomala, atteso che la norma precisa che il RUP si avvale della Commissione “se ritenuto necessario”. La norma diversamente interpretata restringerebbe illegittimamente i poteri istruttori del RUP.

Neppure può sostenersi fondatamente che l’aver preso atto delle risultanze del parere tecnico da parte del RUP equivalga a spogliarsi della propria competenza o recepirne acriticamente le conclusioni: il RUP ha manifestato di condividere le valutazioni tecniche del consulente e, a tal fine, non si richiede una diffusa motivazione, che sarebbe, viceversa, necessaria, secondo le regole generali, ove il parere tecnico acquisito venisse disatteso (C.d.S. Sez.III, 20 maggio 2020, n. 3207). D’altra parte, l’acquisizione di parere tecnico presuppone una specifica competenza i cui esiti, salvo macroscopiche illogicità o errori, non si vede come potrebbero essere disattesi dal Responsabile del procedimento che tali specifiche competenze ammette di non possedere per il fatto stesso di risolversi ad avvalersi di un esperto.

Va, peraltro, osservato che il consulente esterno è stato nominato in seconda battuta, a seguito della richiesta di seconde giustificazioni, mentre in una fase precedente le giustificazioni prodotte erano state esaminate dal RUP, che ha ritenuto di dover approfondire esclusivamente un particolare aspetto del costo della manodopera.

E’ inammissibile per genericità e difetto di interesse, peraltro, la censura concernente la mancata esternazione dei criteri di competenza/esperienza che hanno presieduto alla scelta del professionista incaricato, che è avvenuta in assenza di risorse interne dotate di adeguata competenza tecnica ed è caduta su un consulente del lavoro, sicuramente competente a svolgere le valutazioni in materia di costo del lavoro, le uniche valutazioni “delegate” dal RUP. In questi casi, è sufficiente la motivazione indicata negli atti di conferimento dell'incarico.

mercoledì 7 luglio 2021

IL FRAZIONAMENTO IN LOTTI DEGLI APPALTI

 

Il frazionamento in lotti degli appalti è disciplinato dall’articolo 51 del d.lgs. 50/2016 ed è finalizzato a favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Il comma 1 dell’articolo 51 impone di non utilizzare la pratica del frazionamento al solo fine di aggirare le procedure del Codice. In applicazione di quanto disposto dall’articolo 51 del d.lgs. 50/2016, le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito.

Per i contratti relativi a lavori e servizi:

a) quando un'opera prevista o una prestazione di servizi può dare luogo ad appalti aggiudicati per lotti distinti, è computato il valore complessivo stimato della totalità di tali lotti;

(lettera così modificata dall'art. 1, comma 20, lettera g), della legge n. 55 del 2019)

b) quando il valore cumulato dei lotti è pari o superiore alle soglie di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente codice si applicano all'aggiudicazione di ciascun lotto.

Per gli appalti di forniture:

a) quando un progetto volto ad ottenere forniture omogenee può dare luogo ad appalti aggiudicati per lotti distinti, nell'applicazione delle soglie di cui ai commi 1 e 2 è computato il valore complessivo stimato della totalità di tali lotti;

(lettera così modificata dall'art. 1, comma 20, lettera g), della legge n. 55 del 2019)

b) quando il valore cumulata dei lotti è pari o superiore alle soglie di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente codice si applicano all'aggiudicazione di ciascun lotto.

Come riportato all’articolo 3 del bando tipo n. 3 – ANAC, (relativo ai servizi di architettura e ingegneria – pubblicato sulla G.U. n. 186 dell11/8/2018), in ragione delle specificità prestazionali, i servizi di architettura e ingegneria possono essere suddivisi in lotti (progettazione architettonica, strutture, impianti, ecc.) secondo il principio della verticalità delle prestazioni (settori dei servizi) che presuppongono anche riconosciute competenze o abilitazioni specifiche (strutture, impianti, sicurezza, antincendio) senza ricadere nella fattispecie del frazionamento artificioso.

Si applica, anche per i servizi di architettura e ingegneria, quanto disposto dall’articolo 51, comma 1 del d.lgs. 50/2016 che dispone che le stazioni appaltanti suddividano gli appalti in lotti funzionali o prestazionali in conformità ai singoli settori dei servizi (progettazione architettonica, strutture, impianti …) che non possono essere, però, frazionati al loro interno (per es. progettazione architettonica suddivisa in due o tre affidamenti) in quanto si determinerebbe la fattispecie del frazionamento artificioso sanzionata dal Codice.

martedì 6 luglio 2021

INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE DI GARA

 

In tema di interpretazione delle regole di gara vige il principio per cui il bando, costituendo la lex specialis del concorso, deve essere interpretato in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l'operato dell'amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione sia dei principi dell'affidamento e di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima, sia del più generale principio che vieta la disapplicazione del bando, quale atto con cui l' amministrazione si è originariamente autovincolata nell'esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva (da ultimo, Cons. Stato, VI, 2 marzo 2021, n.1788; id., III, 15 febbraio 2021, n.1322). Consiglio di Stato, sez. VI, 23 giugno 2021, n. 4817

LA SUDDIVISIONE IN LOTTI È UNA FACOLTÀ DELLA STAZIONE APPALTANTE

 

L'art. 51 D.lgs. 50/2016 prevede, al comma 1, la regola generale della suddivisione in lotti al fine di favorire la massima partecipazione alla gara, anche in favore delle piccole e medie imprese; la possibilità di limitare il numero di lotti aggiudicabili ad uno stesso soggetto è prevista in via facoltativa al successivo comma 3. La giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che si tratta di una mera facoltà (Consiglio di Stato 2881/2020, 3682/2020 e 4361/2020). L'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato ha recentemente concluso un'istruttoria che segnalato l'esistenza di pratiche collusive per spartirsi gli appalti; il vincolo di aggiudicazione anziché favorire la concorrenza potrebbe favorire accordi sottobanco per una ripartizione territoriale dei lotti. L'art. 48, comma 7 del D.lgs. 50/2016 prevede il divieto di doppia partecipazione alla singola gara, ma non è riferibile alle gare con suddivisione in lotti. Tar Lazio – Roma – sez. III – 18 giugno 2021 n. 7304

lunedì 5 luglio 2021

ACCELERAZIONE DEL PROCEDIMENTO IN CONFERENZA DI SERVIZI

 

L’art. 51, comma 1, lettera g) del D.L. 77/2021, ha prorogato il termine di validità al 30 giugno 2023 dell’art. 13 del D.L. 76/2020 convertito nella Legge 120/2020 che prevede una procedura di conferenza di servizi straordinaria.

In questo periodo, le pubbliche amministrazioni hanno facoltà, in caso di conferenza di servizi decisoria, di procedere mediante una conferenza semplificata, di cui all’art. 14-bis della L. n. 241 1990, in modalità asincrona, che prevede una tempistica più rapida rispetto a quella ordinaria, mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni e delle determinazioni. Rispetto alla disciplina ordinaria, si prevede che tutte le amministrazioni coinvolte rilascino le determinazioni di competenza entro il termine perentorio di sessanta giorni. Si considera in ogni caso acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano partecipato alla riunione ovvero, pur partecipandovi, non abbiano espresso la propria posizione, ovvero abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

MODIFICHE ALLA LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241

 

L’articolo 12 del D.L. 76/2020 convertito nella Legge 120/2020 ha introdotto diverse modifiche alla legge n.241 del 1990 (legge generale sul procedimento amministrativo), in funzione di semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa.

All'articolo 1 si aggiunge il seguente comma 2-bis: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede".

All’art. 2, dopo il comma 4, si inserisce un comma 4-bis, che obbliga le pubbliche amministrazioni a misurare e pubblicare nel proprio sito internet istituzionale, nella sezione "Amministrazione trasparente", i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, comparandoli con i termini previsti dalla normativa vigente. Le modalità ed i criteri di misurazione saranno definiti con decreto ministeriale. Sempre all’art. 2, dopo il comma 8, si aggiunge il comma 8-bis, che stabilisce l’inefficacia di alcuni provvedimenti adottati fuori termine, in tema di conferenza unificata, di acquisizione di assensi, concerti e nulla osta da parte di altre amministrazioni pubbliche, nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, nonché di divieto di prosecuzione dell’attività e rimozione degli eventuali effetti, al fine di incentivare il rispetto dei termini procedimentali ed evitare l’adozione di “atti tardivi”, rendendo effettivo il meccanismo del silenzio-assenso. Contestualmente si fa salvo il potere di annullamento d’ufficio previsto dall’articolo 21- nonies, della legge n. 241 del 1990, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.

Si modifica l’art. 3-bis, prevedendo a livello generale un obbligo più stringente e perentorio, in base al quale le amministrazioni “agiscono mediante strumenti informatici e telematici”.

All’art. 5 si prevede l’obbligo di comunicare il domicilio digitale, oltre che l’unità organizzativa responsabile e il nominativo del responsabile.

Si inserisce, nell’art. 8, sui contenuti della comunicazione di avvio del procedimento, il domicilio digitale dell’amministrazione e l’obbligo di comunicare le diverse modalità telematiche con le quali è possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla legge. È obbligatorio continuare ad indicare anche l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti, ma solo in via subordinata, ossia ove gli atti non siano disponibili o accessibili mediante modalità telematiche.

Si modifica la disciplina relativa alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, di cui all’art.10-bis, prevedendo che la comunicazione sospenda, invece che interrompere (come in precedenza previsto), i termini di conclusione del procedimento, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine per presentare le osservazioni. Inoltre dell’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni dell’istante è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. In caso di annullamento in giudizio del provvedimento di rigetto dell’istanza, l’amministrazione, nell’esercitare nuovamente il suo potere, “non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato”, al fine di evitare che l’annullamento conseguente al mancato accoglimento delle osservazioni del privato a seguito del preavviso di diniego determini plurime reiterazioni dello stesso esito sfavorevole con motivazioni ogni volte diverse, tutte ostative.

Le modifiche così introdotte si collegano a quella di cui alla lettera i), che interviene sull’articolo 21-octies, comma 2, della L. 241/1990, in materia di annullabilità del provvedimento amministrativo, stabilendo che al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis sul preavviso di diniego non si applica la norma di cui all’art. 21-octies, co. 2, secondo periodo, che esclude l’annullabilità in caso in mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. L’effetto della disposizione è dunque di consentire l’annullabilità del provvedimento in ogni caso, con la sola eccezione dei vizi formali.

Si prevede che in caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere, ancorché si tratti di un parere obbligatorio, o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere.

Si introduce al comma 1 dell’art. 17-bis la previsione in base alla quale, nei casi in cui, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi, è prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, questa deve essere trasmessa entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta. Tale disposizione non si applica nei casi in cui la proposta riguardi amministrazioni preposte alla tutela di interessi particolarmente sensibili (in campo ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini).

Conseguentemente, qualora l’amministrazione proponente rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale, si applica lo stesso termine di cui al quarto periodo del comma 1 dell’art. 17, in base al quale l’assenso, concerto o nulla osta è reso nei 30 giorni successivi dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento. Resta fermo in ogni caso che non sono ammesse per entrambe le fattispecie ulteriori interruzioni. Infine si dispone che, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini, l’amministrazione competente ha facoltà di procedere. In tal caso, l’inerzia dell’amministrazione proponente comporta che lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, sia trasmesso alla stessa al fine di acquisirne l’assenso, al quale si applica la disciplina di cui al medesimo art. 17-bis.

L’art 18 viene aggiornato e integrato: si ribadisce l’obbligo delle amministrazioni di adottare le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Inoltre si inserisce una nuova disposizione, ai sensi della quale nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni da parte di pubbliche amministrazioni, ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento.

L'art. 61, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 77/2021, ha introdotto all’art. 2 i commi di seguito riportati:

Comma 9-bis - L' organo di governo individua un soggetto nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione o una unità organizzativa cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione. Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell’amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l’indicazione del soggetto o dell’unità organizzativa a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l’interessato può rivolgersi ai sensi e per gli effetti del comma 9-ter. Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria.

Comma 9-ter - Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il responsabile o l’unità organizzativa di cui al comma 9-bis, d’ufficio o su richiesta dell’interessato, esercita il potere sostitutivo e, entro un termine 28 maggio 2021 61 pari alla metà di quello originariamente previsto, conclude il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

ALTRE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI

 

L’art. 51, comma 1, lettera f) del D.L. n. 77 del 31/5/2021 (GURI n. 129 del 31 maggio 2021) ha prorogato fino al 30 giugno 2023 (dal 31 dicembre 2021), le seguenti disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici previste dall’art. 8, comma 1 del D.L. Semplificazioni 76/2020 convertito nella Legge 120/2020.

Il comma 1 prevede che:

-       è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l'esecuzione del contratto in via d'urgenza nelle more della verifica dei requisiti di cui all'articolo 80 sui motivi di esclusione, nonche' dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura (lett. a).

-    Le stazioni appaltanti possono prevedere, a pena di esclusione dalla procedura, l’obbligo per l’operatore economico di procedere alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati esclusivamente laddove detto adempimento sia strettamente indispensabile in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell’appalto da affidare (lett. b).

-       In relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza previste dalle disposizioni del codice indicate (lett. c), senza necessità, nella motivazione del provvedimento di riduzione dei predetti termini, di dare conto nella motivazione delle ragioni dell’urgenza, considerate comunque sussistenti.

-      Si stabilisce la possibilità di avvio delle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture anche in mancanza di una specifica previsione nei documenti di programmazione (Programma biennale degli acquisiti di beni e servizi, Programma triennale dei lavori pubblici e relativi aggiornamenti annuali) già adottati, a condizione che entro trenta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge si provveda ad un aggiornamento in conseguenza degli effetti dell’emergenza COVID-19 (lett. d).

L’art. 8 del D.L. Semplificazioni 76/2020 convertito nella Legge 120/2020 contiene anche le seguenti disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici:

Il comma 4 reca una serie di disposizioni con riferimento ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto legge 76/2020.

Il comma 5 apporta modifiche al d.lgs. n. 50 del 2016: l’art. 30, l’art. 36, le disposizioni sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza (art. 38 ), sugli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria (art. 46), sui motivi di esclusione in relazione ad irregolarità relative al pagamento delle imposte e tasse ovvero di contributi previdenziali (art. 80), sui livelli delle coperture assicurative contro i rischi professionali richieste dalle stazioni appaltanti (art. 83), sul partenariato pubblico e privato (art. 180), sulla finanza di progetto (art. 183). Il comma 6 dispone in ordine alla decorrenza temporale di tali modifiche che si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge o alle procedure in cui, alla stessa data, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi.

Il comma 10-bis prevede che al Documento unico di regolarità contributiva si aggiunga quello relativo alla congruità dell'incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento, secondo modalità indicate con decreto ministeriale, fatte salve le procedure i cui bandi o avvisi sono pubblicati prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso.

STIPULAZIONE DEI CONTRATTI PUBBLICI E RICORSI GIURISDIZIONALI

 

L'articolo 4, al comma 1, del D.L. Semplificazioni n. 76/2020 convertito nella Legge 120/2020 ha modificato l’articolo 32 del codice dei contratti pubblici, in materia di procedure per la conclusione del contratto di affidamento, prevedendo tra l'altro che la stipulazione del contratto deve avere luogo entro sessanta giorni successivi al momento in cui è divenuta efficace l'aggiudicazione e che la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e all'interesse nazionale alla sollecita esecuzione del contratto.

Non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto. Inoltre, si prevede che le stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione.

I commi 2 e 4 dell'articolo 4, oltre a prevedere specifiche disposizioni processuali con riguardo al contenzioso relativo alle procedure di affidamento di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge, recano alcune modifiche alla disciplina processuale del c.d. rito appalti incidendo sui tempi di decisione, con modifica dell’art. 120.

Il comma 3 prevede che in caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture la cui realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi derivanti dalle misure di contenimento si applichi l'intero articolo 125 c.p.a., estendendo quindi non solo la previsione relativa all'onere motivazionale della pronuncia cautelare, ma anche quella riguardante i limiti alla caducazione del contratto in seguito alla accertata illegittimità della aggiudicazione.

SOSPENSIONE DELL'ESECUZIONE DELL'OPERA PUBBLICA

 

L’art. 51 del D.L. n. 77 del 31/5/2021 (GURI n. 129 del 31 maggio 2021) ha prorogato fino al 31 dicembre 2023 (dal 31 dicembre 2021), le seguenti disposizioni dell’art.5 del D.L. 76/2020 convertito nella Legge 120/2020, in relazione alle ipotesi in cui è possibile sospendere l’esecuzione dell’opera pubblica, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, indicandole in modo specifico, al fine di limitare la possibilità di sospendere l’esecuzione delle opere pubbliche. La sospensione è in ogni caso disposta dal responsabile unico del procedimento con diverse modalità (commi 2 e 3).

Nel caso in cui la prosecuzione dei lavori, per qualsiasi motivo, ivi incluse la crisi o l’insolvenza dell’esecutore, non possa proseguire con il soggetto designato, la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, dichiara senza indugio la risoluzione del contratto, che opera di diritto, e provvede alternativamente: o all’esecuzione in via diretta dei lavori; o ad interpellare i soggetti risultanti nella graduatoria dell’originaria procedura di gara, stipulando un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori; o ad indire una nuova procedura per l’affidamento del completamento dell’opera; o propone la nomina di un commissario straordinario per il completamento dell’opera (comma 4).

Tali disposizioni si applicano, ai sensi del comma 5, anche in caso di ritardo dell’avvio o dell’esecuzione dei lavori, non giustificato dalle esigenze descritte al comma 1 della norma, per un numero di giorni pari o superiore a un decimo del tempo previsto o stabilito per la realizzazione dell'opera e, comunque, pari ad almeno trenta giorni per ogni anno previsto o stabilito per la realizzazione dell'opera.

Le parti non possono invocare l’inadempimento della controparte o di altri soggetti per sospendere l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera ovvero le prestazioni connesse alla tempestiva realizzazione dell’opera, e si dettano criteri per la valutazione in sede giudiziale, sia in fase cautelare che di merito. In ogni caso, si stabilisce per legge che l’interesse economico dell’appaltatore o la sua eventuale sottoposizione a procedura concorsuale o di crisi non può essere ritenuto prevalente rispetto all’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica (comma 6).

venerdì 2 luglio 2021

COLLEGIO CONSULTIVO TECNICO


L’art. 6 del D.L. 76/2020 convertito nella Legge 120/2020 ha previsto l’istituzione del Collegio consultivo tecnico. Inizialmente fino al 31 dicembre 2021, mentre oggi a seguito delle modifiche  introdotte dal D.L. 77/2021, in vigore dal 1° giugno 2021, fino al 30 giugno 2023, per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, è obbligatoria, presso ogni stazione appaltante, la costituzione di un collegio consultivo tecnico, prima dell'avvio dell'esecuzione, o comunque non oltre dieci giorni da tale data. Il collegio ha funzioni in materia di sospensione dell'esecuzione dell'opera pubblica e di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche che possono insorgere nel corso dell'esecuzione.

Il comma 2 dispone sulla composizione del collegio (da 3 a 5 componenti in relazione alla complessità dell’opera e dell’eterogeneità delle professionalità richieste), sui requisiti dei componenti (membri dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera) e sulla nomina degli stessi. I componenti del collegio possono essere scelti dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti, individuati anche tra il proprio personale dipendente ovvero tra persone ad esse legate da rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione anche continuativa in possesso dei requisiti previsti dal primo periodo, e che il terzo o il quinto componente, con funzioni di presidente, sia scelto dai componenti di nomina di parte.

Il comma 3 incide sulle modalità operative, prevedendo che l’inosservanza delle determinazioni del collegio viene valutata ai fini della responsabilità per danno erariale e costituisce grave inadempimento degli obblighi contrattuali, mentre la sua osservanza è clausola di esclusione di responsabilità per danno erariale, fatto salvo il dolo.

Il comma 4 prevede, anche per le opere diverse da quelle di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, la facoltà per le parti di nominare comunque un collegio consultivo tecnico mentre il comma 5 attribuisce la facoltà alle stazioni appaltanti, tramite il loro RUP, di costituire un collegio consultivo tecnico formato da tre componenti per risolvere problematiche tecniche o giuridiche di ogni natura anche per la fase antecedente alla esecuzione del contratto.

Il comma 6 disciplina lo scioglimento del collegio che avviene al termine dell’esecuzione del contratto ovvero, qualora la sua costituzione non sia obbligatoria, in data anteriore su accordo delle parti.

Il comma 7 reca disposizioni in merito ai compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico a carico delle parti che devono essere proporzionati al valore dell'opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni assunte. In caso di ritardo nell'assunzione delle determinazioni il suddetto compenso è decurtato da un decimo a un terzo, per ogni ritardo. I suddetti compensi sono computati all’interno del quadro economico dell’opera alla voce spese impreviste. Il ritardo ingiustificato nell'adozione anche di una sola determinazione è causa di decadenza del collegio e, in tal caso, la stazione appaltante può assumere le determinazioni di propria competenza prescindendo dal parere dello stesso (comma 8). Il comma 8 stabilisce, inoltre, dei limiti, ovvero il divieto di svolgimento di più di cinque incarichi contemporaneamente e più di 10 incarichi in due anni.

Il comma 8-bis prevede che, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del D.L. 77/2021, con provvedimento del MIMS sono approvate apposite Linee guida volte a definire i requisiti professionali e i casi di incompatibilità dei membri e del Presidente del collegio consultivo tecnico, i criteri preferenziali per la loro scelta, i parametri per la determinazione dei compensi rapportati al valore e alla complessità dell’opera, nonché all’entità e alla durata dell’impegno richiesto ed al numero e alla qualità delle determinazioni assunte, le modalità di costituzione e funzionamento del collegio e il coordinamento con gli altri istituti consultivi, deflattivi e contenziosi esistenti. Con il medesimo decreto, è istituito presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici un Osservatorio permanente a cui i Presidenti dei collegi consultivi provvedono a trasmettere gli atti di costituzione del collegio e le determinazioni assunte dal collegio, entro cinque giorni dalla loro adozione.