domenica 17 marzo 2013

DOCUMENTAZIONE ANTIMAFIA


Con l'entrata in vigore delle disposizioni del libro II del D. Lgs. 159/2011, inerenti alla documentazione antimafia, i soggetti di cui all'art. 83, commi 1 e 2 (pubbliche amministrazioni, enti pubblici, enti e Aziende vigilati dallo stato o da altro ente pubblico, le società o imprese comunque controllate dallo stato o da altro ente pubblico, concessionari di opere pubbliche o di servizi pubblici, contraenti generali di cui all'art. 176 del D. Lgs. 163/2006) acquisiscono d'ufficio, tramite le prefetture, la documentazione antimafia (comunicazioni ed informazioni).
Non saranno istruite le istanze che perverranno dai soggetti privati (persone fisiche o giuridiche)

La comunicazione antimafia (art. 84 comma 2 del D. Lgs. 159/2011)
 
La comunicazione antimafia consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 del D. Lgs.159/2011.

Cause ostative al rilascio della comunicazione antimafia (art. 67, commi 1 e 8 del D. Lgs. 159/2011):
Provvedimenti definitivi di applicazione delle misure di prevenzione di cui all'art. 5 delD. Lgs. 159/2011;
Condanne con sentenza definitiva o confermata in appello per taluno dei delitti consumati o tentati elencati all'art. 51, comma 3-bis c.p.p.

La comunicazione antimafia va richiesta per ottenere:
1 - Licenze, autorizzazioni di polizia di competenza del Comune ed autorizzazioni al commercio;
2 - Concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;
3 - Concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici di valore superiore a € 150.000,00 e inferiore alla soglia comunitaria;
4 - Iscrizioni in Albi di appaltatori, fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la Pubblica Amministrazione, nei registri della Camera di Commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri dei commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;
5 - Attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;
6 - Altre iscrizioni o procedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;
7 - Licenze per detenzione o porti d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti;
8 - Contratti di appalto di opere e lavori pubblici di importo superiore a € 150.000,00 ma inferiore a € 5.000.000,00 (iva esclusa);
9 - Contratti di fornitura di beni e servizi di importo superiore a€ 150.000,00 ma inferiore a € 200.000,00 (iva esclusa);
10 - Per le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali si applica la direttiva 2004/17/CE (come modificata dal Regolamento UE n. 1251/2011):
Opere e lavori pubblici di importo inferiore a € 5.000.000,00;
Forniture e servizi: inferiore a € 400.000,00.
Tali importi si applicano solo agli appalti che gli enti pubblici aggiudicano per scopi relativi all'esercizio delle loro attività (art. 20 Direttiva 2004/17/CE).
Nei casi previsti ai punti 8 e 9, l'Ente Pubblico/Stazione Appaltante dovrà acquisire la copia integrale della visura camerale aggiornata con l'attuale compagine societaria contenente tutti i componenti di cui all'art. 85 del D. Lgs. 159/2011 o la dichiarazione sostitutiva del legale Rappresentante recante le medesime indicazioni (vedi modello 3).
E' vietato a pena di nullità, il frazionamento dei contratti, delle concessioni o delle erogazioni compiute a scopo di eludere l' applicazione della predetta normativa.

La comunicazione antimafia non va richiesta nei seguenti casi (art. 83, comma 3 del D. Lgs. 159/2011):
1 - Per i rapporti tra soggetti pubblici, pubbliche amministrazioni, enti pubblici, enti e Aziende vigilati dallo stato o da altro ente pubblico, le società o imprese comunque controllate dallo stato o da altro ente pubblico, concessionari di opere pubbliche o di servizi pubblici, contraenti generali di cui all'art. 176 del D. Lgs. 163/2006;
2 - Per i rapporti tra i soggetti pubblici in precedenza menzionati ed altri soggetti, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo siano sottoposti, per disposizioni di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di divieto, sospensione o di decadenza previste dall'art. 67 del D. Lgs. 159/2011;
3 - Per il rilascio o il rinnovo delle autorizzazioni o licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza;
4 - Per la stipulazione o il rinnovo di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole e professionali non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale;
5 - Per i provvedimenti, gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non superi i € 150.000,00;
Non va richiesta, inoltre, per i rapporti fra privati e per le verifiche di cui all' art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006.
In tutti i casi suddetti le richieste erroneamente presentate saranno restituite.

Competenza al rilascio della comunicazione antimafia (art. 87.1 D. Lgs. 159/2011)
La comunicazione antimafia è rilasciata dal prefetto della provincia in cui hanno sede gli Enti pubblici/Stazioni Appaltanti indicati nell'art 83 del D. Lgs.159/2011.

Per effetto delle nuove disposizioni non sarà più possibile equiparare il certificato della C.C.I.A.A. munito della "dicitura antimafia" alla comunicazione antimafia.

Procedimento di rilascio della comunicazione antimafia (artt. 89 e 99, comma 2 bis, D. Lgs. 159/2011):
1 - Istanza di rilascio comunicazione antimafia (art. 99, comma 2 bis,D. Lgs. 159/2011)
Gli Enti Pubblici/Stazioni Appaltanti potranno richiedere alla Prefettura (in cui ha la sede l'Ente Pubblico/Stazione Appaltante) il rilascio della comunicazione antimafia (vedi modello 1).
La Prefettura provvederà ad istruire le istanze mediante l'utilizzo del collegamento informatico al Centro elaborazione dati di cui all'art. 8 della legge 1° aprile 1981 n. 121, al fine si verificare la sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 delD. Lgs. 159/2011.
2 - Autocertificazione (art. 89 D. Lgs. 159/2011)
La dichiarazione sostitutiva dell'assenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all'art. 67 del D. Lgs. 159/2011 è equiparabile alla comunicazione antimafia nei casi previsti dall'art 89 del D. Lgs. 159/2011 (vedi modello 2).
In tali casi, gli Enti Pubblici/Stazioni Appaltanti potranno acquisire dal soggetto interessato (persona fisica o società) al rilascio della comunicazione antimafia la dichiarazione sostitutiva dell'assenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all'art. 67 del D. Lgs.159/2011. Successivamente, gli Enti Pubblici/Stazione Appaltanti potranno trasmettere tali dichiarazioni sostitutive a questa Prefettura che procederà alle verifiche di cui all'art. 71 del D.P.R. 445/2000.

Le comunicazioni antimafia hanno una validità di 6 mesi dalla data dell'acquisizione.



ATTI DI SOTTOMISSIONE E ATTI AGGIUNTIVI CONSEGUENTI A PERIZIE SUPPLETIVE E DI VARIANTE


Circa gli atti negoziali relativi a varianti che attengono a lavori pubblici in corso di esecuzione, la giurisprudenza, in genere, utilizza indifferentemente - tanto per i lavori la cui entità non è superiore ad un quinto dell'importo dell'appalto in essere, quanto per quelli di valore eccedente tale limite e per quelli extracontrattuali - i termini di 'atto di sottomissione' e di 'atto aggiuntivo', benché ad essi si attribuisca, nel linguaggio corrente, significato diverso. Infatti, l'atto con il quale le parti convengono l'esecuzione di varianti in corso d'opera riveste natura sostanzialmente diversa a seconda che :
a) gli ulteriori lavori ricadano nel c.d. 'quinto d'obbligo' - in tal caso l'appaltatore è tenuto ad eseguirli ex lege agli stessi patti, prezzi e condizioni del negozio originario e il conseguente atto tra amministrazione ed impresa (in genere denominato 'atto di sottomissione') viene considerato quale mera integrazione del contratto principale;
b) gli ulteriori lavori eccedano il predetto limite di valore o si configurino come extracontrattuali - in questa evenienza l'appaltatore non è più obbligato ad eseguirli e l'eventuale accordo tra le parti (che generalmente si individua col termine di 'atto aggiuntivo') costituisce un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario.
La differenza tra le due tipologie è anche chiarita dalla giustizia arbitrale , secondo la quale, mentre l'atto aggiuntivo è un negozio bilaterale, con il quale committente ed appaltatore concordano lavori complementari o propedeutici a quelli previsti dal progetto, fissando natura, quantità, prezzi e tempo di esecuzione in totale autonomia rispetto al rapporto obbligatorio originario, l'atto di sottomissione è la dichiarazione dell'appaltatore di voler adempiere all'obbligo, imposto dalla legge, di dare esecuzione alle variazioni in aumento o in diminuzione non eccedenti il quinto d'obbligo, ordinate dall'amministrazione committente e si configura, perciò, come negozio unilaterale, che non dà vita ad un rapporto distinto dall'appalto in corso e che, anzi, si inserisce nell'ambito del contratto originario, del quale diventa parte integrante.
In relazione alla libertà, o meno, di scelta della forma dell'atto contrattuale che occorre stipulare nelle predette evenienze, si segnala che:
a) la Corte dei conti avrebbe affermato che la forma pubblica adottata per l'atto principale vincola pacificamente anche i successivi eventuali atti aggiuntivi ;
b) il Ministero delle infrastrutture avrebbe ritenuto che, anche qualora si tratti di varianti contenute nel c.d. quinto d'obbligo, la forma dell'atto di sottomissione debba essere la medesima utilizzata per l'atto principale.
L'A.N.C.I. , indica che:
- trattando dell'atto aggiuntivo quale negozio meramente accessorio, che inerisce al contratto originario, di cui costituisce parte integrante, ha sostenuto la facoltà dell'ente di seguire le stesse forme previste ed utilizzate per il contratto originario ;
- riferendosi all'atto di sottomissione (senza, peraltro, precisare se l'analisi attenga ad una o ad entrambe le tipologie di cui si è detto) e richiamando l'art. 11, comma 13, del codice dei contratti pubblici , ha affermato che da tale disposizione «sembra quindi doversi desumere che non necessariamente debba seguirsi la stessa forma usata per il contratto originario, essendo sufficiente il ricorso anche ad una delle altre forme ivi consentite, tenendo conto della eventuale regolamentazione comunale sulla materia» ;
- rammentando la differenza tra gli atti aventi valore di mere integrazioni contrattuali (varianti entro il c.d. 'quinto d'obbligo') e quelli costituenti, invece, ulteriori ed autonomi contratti, ha ritenuto che, mentre per i primi «non vi è necessità di redazione dell'atto in forma pubblica amministrativa, e quindi non vi è nemmeno l'obbligo di pagamento dell'imposta di registro», i secondi vanno sottoposti «alle ordinarie norme in tema di forma dei contratti della p.a., e al regime fiscale dei nuovi contratti» .
Per quanto attiene all'imposta di registro, occorre fare riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ed, in particolare, agli artt. 5 (Registrazione in termine fisso e registrazione in caso d'uso), 6 (Caso d'uso) e 20 (Interpretazione degli atti).

INTERVENTI DISPOSTI DAL DIRETTORE DEI LAVORI “PER RISOLVERE ASPETTI DI DETTAGLIO”


Il ricorso alla fattispecie “extra-varianti” di cui all’art. 132, comma 3, 1° periodo, del D.Lgs. 163/2006, è possibile soltanto qualora gli interventi disposti dal direttore dei lavori “per risolvere aspetti di dettaglio” non comportino aumenti dell’importo contrattuale, con la conseguenza che le somme destinate a tali interventi (da contenersi entro il 5% delle categorie di lavoro dell’appalto, o entro il 10% per lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro delle categorie di lavoro dell’appalto (cfr. Deliberazione Aut. LL.PP. n. 35 del 23/05/2006) dovranno essere in ogni caso compensate con corrispondenti diminuzioni di importo di altre voci del contratto. Qualora l’importo complessivo di quest’ultimo venga invece ad aumentare, si potrà procedere in regime di variante, alternativamente:
a) nei casi e nei limiti ordinari specificatamente elencati all’art. 132, comma 1;
b) nel caso, contemplato dall’art. 132, comma 3, 2° periodo, di varianti “migliorative”, a condizione che le stesse non comportino modifiche sostanziali al progetto, siano motivate da “obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili”, e siano contenute nel limite del 5% dell’importo contrattuale.
In particolare, è generalmente ritenuto che tali modifiche, da una parte, debbano essere motivate e non dettate dalla mera discrezionalità (es. impossibilità o inopportunità di realizzare l’aspetto di dettaglio previsto originariamente dal progetto), dall’altra non debbano introdurre variazioni significative e tanto meno sostanziali al progetto. Sia la motivazione sia la discriminante tra aspetti di dettaglio e aspetti significativi sono demandate alla professionalità del direttore dei lavori che dispone la modifica e alla competenza del responsabile del procedimento che ne verifica l’ammissibilità o sia necessario procedere ad una variante in corso d’opera.

Il c.3 dell’art 132 del DLgs 163/06 considera 2 ipotesi di variazioni al progetto:
a) variazioni finalizzate a risolvere aspetti di dettaglio, non assoggettate al regime delle varianti, purché contenute entro i limiti di importo stabiliti dalla norma (10% per le manutenzioni) e a condizione che non comportino un aumento dell’importo contrattuale;
b) variazioni considerate varianti, finalizzate al miglioramento dell’opera, ammesse a condizione che non comportino modifiche sostanziali al progetto e siano motivate da “obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili”. Per tale ultima ipotesi la norma indica il limite del 5% dell’importo contrattuale.
Le circostanze sopravvenute ed imprevedibili costituiscono un presupposto rafforzativo privo di autonoma rilevanza, essendo comunque richiesta la dimostrazione della finalità migliorativa della variante. Dette circostanze, da accertarsi secondo le modalità previste dall’art 161 del dPR 207/2010, assumono per contro autonoma rilevanza nell’ipotesi contemplata dall’art 132, c 1, lett b), del DLgs 163/06 dove non sono posti limiti economici.

Per quanto riguarda i limiti delle varianti in aumento, l’appaltatore ha l’obbligo di eseguire le variazioni che non superino il quinto dell’importo complessivo dell’appalto (art. 161 dPR 207/2010).
Qualora invece la variante (a patto che rientri nelle tipologie previste) superi il predetto importo del quinto (il cd. sesto quinto) l’appaltatore può recedere dal contratto con diritto al pagamento dei soli lavori eseguiti e regolarmente ordinati.
Si precisa infine (cfr. Det. Aut. di Vigilanza, n. 1/2001) che ogni modifica contrattuale che sia frutto di variante non dovrà mai snaturare il progetto originario dell’opera in esecuzione, dovendosi essa porre con necessario carattere di accessorietà rispetto all’opera progettata, altrimenti si ricadrà nell’ipotesi di “altri lavori” che escludono la qualificazione giuridica di “variante”.

Gli atti di sottomissione intesi come integrazioni contrattuali che conseguono a varianti comprese nel quinto d’obbligo (e che pertanto l’appaltatore è tenuto ad eseguire) non costituiscono un nuovo rapporto ma semplicemente concretano un’aggiunta all’originario contratto, che già prevedeva questa possibilità. Per questo motivo in tal caso non vi è necessità di redazione dell’atto in forma pubblica amministrativa, con conseguente assoggettamento a imposta di registro.
Nel caso invece in cui l’appaltatore si impegni ad eseguire lavori nuovi e diversi per un corrispettivo che supera il quinto (o nel caso di veri e propri lavori extracontrattuali), l’atto di sottomissione non rientra nell’ambito dell’appalto originario ma costituisce un secondo e autonomo contratto, modificativo del precedente, come tale sottoposto alle ordinarie norme in tema di forma dei contratti della p.a.

domenica 10 marzo 2013

APPALTO A CORPO


L’art. 53 comma 4 del codice dei contratti chiarisce che “Per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione”, invece “per le prestazioni a misura, il prezzo convenuto può variare, in aumento o in diminuzione, secondo la quantità effettiva della prestazione. Per l'esecuzione di prestazioni a misura, il capitolato fissa i prezzi invariabili per unità di misura e per ogni tipologia di prestazione” (1).
La differenza fra i due tipi di contratto viene sottolineata nel lodo arbitrale di Napoli del 22 giugno 2000, secondo il quale “nel contratto d’appalto stipulato a corpo, il prezzo viene determinato con la definizione di una somma fissa ed invariabile per la realizzazione di un’ opera tecnicamente rappresentata negli elaborati progettuali, per cui l’opera deve essere descritta in modo estremamente preciso, per mezzo di un progetto molto dettagliato; viceversa nel caso di prezzo a misura, questo può essere determinato nella sua effettiva entità soltanto al termine dei lavori, sommando le componenti dell’’opera finita e applicando loro il prezzo unitario prefissato”.
Entrambe le categorie contrattuali, però presentano alcuni elementi di criticità più volte segnalati dalla giurisprudenza.
Come sostenuto dal collegio arbitrale di Roma del 23 ottobre 1997 “Il criterio di determinazione del prezzo dell’appalto a corpo non costituisce, e non può costituire, strumento per trasformare l’appalto in una scommessa o in un contratto aleatorio, né tantomeno in un espediente per ottenere a spese dell’appaltatore l’esecuzione di opere pubbliche a costi inferiori a quelli effettivi, ma è consentito ed ammissibile, in via di principio, soltanto se ed in quanto sia possibile procedere preventivamente alla precisa determinazione dell’opera, quando cioè la possibilità di calcolare e misurare, precisamente tutte le categorie di lavoro richieste, consente di forfettizzare il corrispettivo globale e di lasciare quindi a carico oppure a vantaggio dell’appaltatore il rischio o l’utile delle maggiori o minori quantità che risultassero necessarie” (Lodo arbitrale Roma 23 ottobre 1997 n. 89). Ed ancora "In caso di contratto a forfait (…) il rischio che grava sull'appaltatore in tale tipo di contratto deve essere inteso nel senso che sull'impresa non possono gravare oneri correlati a difficoltà che siano insorte nel corso del rapporto e che siano al di fuori di ogni previsione originaria" (Lodo Roma 27 Maggio 2002).
Diversamente, invece, come sostenuto dal collegio arbitrale di Roma del 6 aprile 2000 “Nell’appalto a misura l’importo presunto dell’appalto costituisce un tetto economico, concordato tra le parti, indicativo dei limiti di spesa dell’appalto, nonché, secondo certe regole, dell’obbligo e del diritto dell’appaltatore di eseguire le opere indicate nel contratto”. Inoltre “negli appalti a misura l’ampiezza degli oneri espressamente contemplati nella descrizione di uno o più prezzi unitari altro non comporta se non che l’impresa, nel formulare la propria offerta, deve prefigurarsene l’entità in relazione a tutti i dati progettuali a disposizione” (Lodo arbitrale Roma 22 marzo 2002).

(1) Disposizione in parte analoga era prevista nella vecchia legislazione sulle opere pubbliche Legge 20 marzo 1865, n. 2248 (allegato F), che ai sensi dell’art. 326 prevedeva “Per le opere o provviste a corpo, il prezzo convenuto è fisso e invariabile, senza che possa essere invocata dalle parti contraenti alcuna verificazione sulla misura o sul valore attribuito alla qualità di dette opere o provviste. Per le opere appaltate a misura, la somma prevista nel contratto può variare, tanto in più quanto in meno, secondo la quantità effettiva delle opere eseguite. Per l’esecuzione loro sono fissati nel capitolato d’appalto prezzi variabili per unità di misura e per ogni specie di lavoro”. Tale norma è stata abrogata dall’art. 256 del Codice dei contratti.

APPALTO A CORPO


LODI ARBITRALI Roma - Lodo 25/01/2010 n. 8/2010
Nell’appalto a corpo l’appaltatore sopporta infatti il rischio delle quantità rispetto al prezzo pattuito, ma nell’ambito (e non potrebbe essere diversamente) di quanto disegnato e progettato, senza che ciò legittimi la trasformazione dell’appalto in un contratto aleatorio, né escluda che competano all’appaltatore compensi per i maggiori oneri sostenuti in dipendenza di circostanze a lui non imputabili.
La pattuizione di immodificabilità del prezzo in cui l’appaltatore assume, sulla base del progetto a base di gara, il carico dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che concorrono alla realizzazione dell’opera, e la contemporanea necessità di non sovvertire l’equilibrio del sinallagma contrattuale, accentuano l’ineludibile necessità di un adeguato approfondimento del progetto esecutivo ad un livello tale da definire in modo compiuto l’opera da realizzare, al fine di garantire la possibilità di individuare le singole parti dell’opera ed assicurare la pedissequa rispondenza della medesima agli elaborati grafici ed alle specifiche tecniche.
Le modalità di pagamento del corrispettivo “a corpo” non trasformano, dunque, l’appalto in un contratto aleatorio. Come ricordato dall’Autorità di Vigilanza per i Lavori Pubblici nella deliberazione n. 51 del 21/2/2002 “…che il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisca un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”, si riscontra anche dalla lettura dell’art. 1661 c.c., laddove è, appunto, prevista come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo la variazione, tipologica e dimensionale, dell’opera.
A conferma di ciò la centralità attribuita dal legislatore della Merloni alla fase della progettazione, che ha portato la stessa ad una definizione approfondita, graduale rispetto alle tre fasi previste, che comporta un livello revisionale che lascia pochissimi spazi a variazioni in fase esecutiva.
La predeterminazione del sinallagma contrattuale viene meno, pertanto, allorché vi sia una modifica dei disegni esecutivi (e quindi una modifica dell’oggetto del contratto) che comporti la necessità di maggiori (ovvero minori) quantità di opere o di lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della fissazione del prezzo e della conseguente formulazione dell’offerta da parte dell’appaltatore; oppure vi sia una variazione delle specifiche tecniche, previste nel progetto facente parte del contratto, che, allo stesso modo di cui sopra, variando l’oggetto del contratto, comportino maggiori o minori costi ed oneri per l’appaltatore. Verificandosi una simile evenienza, con la conseguenza di far esorbitare il rischio assunto con l’offerta “a corpo” fuori della normale ed accettabile alea, ci si trova di fronte alla necessità di rideterminare il prezzo “a corpo”, non assolvendo più quest’ultimo alla sua naturale funzione”.
Il Collegio ritiene, quindi, che il rischio che l’appaltatore assume nell’appalto “a corpo” non può estendersi illimitatamente in violazione dei presupposti che sovrintendono all’equilibrio sinallagmatico del rapporto, soprattutto in presenza di gravi carenze del progetto esecutivo, come nel caso di specie.

APPALTO “A CORPO” ED “A MISURA”: DIFFERENZE


TAR Lombardia, Milano, sez. III, 3 febbraio 2006, n. 175

Le peculiarità che contraddistinguono l’appalto a corpo da quello a misura non attengono alla fase preliminare della scelta del contraente, che si effettua con uno dei procedimenti ad evidenza pubblica predisposti dall’ordinamento, bensì in quella esecutiva, conseguente alla stipulazione del contratto.
Difatti, mentre nell’appalto a misura il corrispettivo può variare in più o in meno, rispetto all’ammontare pattuito, in funzione della maggiore o minore quantità di lavoro effettivamente eseguito, nell’appalto a corpo rileva il “rischio” a carico dell’impresa, dato che il prezzo globale pattuito rimane invariato qualunque sia la quantità di maggior lavoro che venga eventualmente a gravare sull’appaltatore. Anche per il contratto a corpo sussiste l’esigenza di pubblico interesse che le opere previste siano realizzate a condizioni di minor possibile dispendio di risorse finanziarie, compatibilmente con l’esigenza di conseguire il massimo risultato in termini di congruità ed efficienza dell’opera stessa in relazione alle finalità pubbliche da soddisfare. L’appalto a corpo si caratterizza, quindi, per l’invariabilità del prezzo globalmente pattuito al quale “naturalmente” accede la conseguente alea incombente sull’appaltatore (cfr., in termini, Consiglio di Stato, sez. VI, 20 maggio 1997 n. 740, nonché T.A.R. Piemonte, sez. II, 31 maggio 1996, n. 319).

COMPUTO METRICO ESTIMATIVO TRA I DOCUMENTI DI GARA



La questione controversa sottoposta all’AVCP con l’istanza di parere in oggetto concerne l’inserimento del computo metrico estimativo e dell’elenco dei prezzi unitari tra i documenti di gara resi noti ai partecipanti.
Sulla questione l’Autorità si è già espressa con la deliberazione n. 78 del 5 maggio 2004, fornendo un indirizzo per i comportamenti da tenere da parte delle stazioni appaltanti dal quale non vi è motivo di discostarsi.
Nello specifico, dopo aver ricostruito le disposizioni utili per stabilire se sia obbligatorio o meno rendere disponibili i documenti costituenti il computo metrico e l’elenco dei prezzi unitari ai partecipanti agli affidamenti di appalti di lavori pubblici l’Autorità ha precisato quanto segue: “Il computo metrico estimativo definitivo previsto dall’art. 35 del D.P.R. n. 554/1999 differisce dalla stima sommaria dell’intervento di cui all’art. 34 che si presenta come un iniziale calcolo approssimativo effettuato dalla stazione appaltante in sede di progetto definitivo. Gli artt.71 e 90, in merito alla presentazione delle offerte fanno riferimento al computo metrico, omettendo il termine estimativo. Si ritiene che l’omissione del termine estimativo possa derivare dalle diverse procedure di aggiudicazione previste dagli artt. 89 e 90 del D.P.R. n. 554/1999. Relativamente al rilievo e alla ostendibilità del computo metrico estimativo, e quindi anche dell’elenco dei prezzi unitari, risulta evidente che tali documenti devono essere posti in visione ai partecipanti nei casi di aggiudicazione al prezzo più basso determinato sull’importo posto a base di gara o sull’elenco prezzi adottati dalla stazione appaltante, di cui all’art. 89 del D.P.R. n. 554/1999. Diversamente opinando l’aggiudicatario si troverebbe infatti a sottoscrivere un contratto a cui, secondo quanto previsto dall’art. 110 del D.P.R. n. 554/1999, deve essere allegato un elenco prezzi unitari a lui non noto, contravvenendo ai principi di correttezza ed equità. Nel caso di aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari, di cui all’art. 90 del D.P.R. n. 554/1999, vi è in ogni caso l’obbligo dell’ostensione del computo metrico come previsto dagli artt. 71 e 90 del D.P.R. n. 554/1999. Per quanto riguarda l’omissione del termine estimativo precedentemente richiamata, si rileva che la mancata ostensione dell’elenco prezzi, e quindi della parte estimativa, in questo caso non determinerebbe successivamente problemi contrattuali : l’elenco prezzi da allegare al contratto sarebbe infatti già noto all’offerente in quanto da lui stesso prodotto.” Sulla base di tali considerazioni è stato, conseguentemente deliberato, con specifico riguardo al caso dell’affidamento di un appalto a corpo mediante offerta a prezzi unitari – come quello in rilevo nel caso di specie – che “nel caso di aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari, di cui all’art. 90 del D.P.R. n. 554/1999, vi sia l’obbligo di porre in visione il solo computo metrico che definisce le quantità delle lavorazioni, dedotte dagli elaborati grafici di progetto”.
La corretta applicazione di tale indirizzo fornito da questa Autorità al caso in esame comporta che, in disparte l’obbligo di leale collaborazione gravante sulla stazione appaltante – che, nella fattispecie, può dirsi senz’altro assolto, come si ricava dalle controdeduzioni fornite al riguardo – l’Università di Bologna, procedendo all’affidamento di una appalto al “prezzo più basso, ai sensi dell’art. 81 e 82 del D.Lgs. n. 163/2006 con modalità di determinazione del corrispettivo a corpo” (art. 2 del Disciplinare di gara) e con “l’offerta del prezzo determinate mediante prezzi unitari” (punto B. 3. del disciplinare di gara) non era tenuta a inserire tra i documenti di gara resi noti ai partecipanti il computo metrico estimativo, e quindi anche l’elenco dei prezzi unitari, tuttavia, era senz’altro tenuta all’ostensione del computo metrico come previsto dagli artt. 71 e 90 del D.P.R. n. 554/1999, ossia – come precisato da questa Autorità – sussisteva l’obbligo di porre in visione il computo metrico che definisce le quantità delle lavorazioni, dedotte dagli elaborati grafici di progetto.
Né può essere condivisa la tesi sostenuta dalla stazione appaltante che all’interno degli elaborati di progetto sono contenute e ricavabili le indicazioni per la soluzione dei problemi posti dall’impresa odierna istante, “indicazioni che il candidato potrà tenere presenti per la formulazione della propria offerta”, in quanto – come correttamente rilevato dall’istante S.T.I.A. S.r.l. – non è compito dei candidati redigere un proprio computo metrico per valutare le quantità definite da ciascun corpo di lavorazione, trattandosi di un documento di computo che deve esse previsto, invece, in progetto, mentre è compito delle imprese verificare le quantità previste in progetto in base agli elementi forniti dallo stesso. Depone, senz’altro, nel medesimo senso, lo stesso quinto comma dell’art. 90 del D.P.R. n. 554/1999 (che detta regole concernenti le gare con il criterio del prezzo più basso, determinato mediante offerta a prezzi unitari), secondo cui, per quel che ne occupa, “…nel caso di appalti i cui corrispettivi sono stabiliti esclusivamente a corpo ovvero a corpo e a misura, la lista delle quantità relativa alla parte dei lavori a corpo posta a base di gara ha effetto ai soli fini dell'aggiudicazione; prima della formulazione dell'offerta, il concorrente ha l'obbligo di controllare le voci riportate nella lista attraverso l'esame degli elaborati progettuali, comprendenti anche il computo metrico, posti in visione ed acquisibili…”. La stessa disposizione prevede, poi, che il concorrente controlli le voci riportate nella lista delle categorie di lavorazioni e forniture, previo esame degli elaborati progettuali, e all'esito di tale verifica integri o riduca le quantità che ritiene carenti o eccessive e inserisca le voci e le relative quantità che ritiene mancanti, con indicazione dei prezzi unitari.
Del resto, se fosse come ipotizzato dalla stazione appaltante, per un verso, verrebbe ad essere ingiustificatamente compresso il diritto dell’aspirante appaltatore di effettuare corrette e ponderate valutazioni dell’appalto, con conseguenti ricadute negative sulla formulazione dell’offerta, essendo fondamentale, in particolare in un lavoro da appaltare e contabilizzare a corpo, la definizione qualitativa e quantitativa del lavoro da eseguire, in corrispondenza del quale è indicato un prezzo complessivo ed invariabile; per altro verso verrebbe a mancare un criterio di uniformità di valutazione rispetto alle quantità effettivamente stimate dal progettista per la valutazione del corpo, con impossibilità anche di fornire giustificativi rispondenti a quanto previsto dal progettista.

venerdì 1 marzo 2013

CERTIFICAZIONI C.C.I.A.A. CON LA DICITURA ANTIMAFIA


Dal 13 febbraio 2013 è cessato il rilascio delle certificazioni C.C.I.A.A. con la dicitura antimafia: ai sensi del d.lgs. n. 159 del 2011, l'unico mezzo è costituito dalla comunicazione o dalla informazione antimafia di competenza degli UTG (ex prefetture)

STIPULA DEI CONTRATTI PUBBLICI


L’Autorità ha emanato la Determinazione n. 1 del 13 febbraio 2013 che fornisce alle stazioni appaltanti ed agli operatori economici un ausilio interpretativo sull’applicazione delle nuove disposizioni relative alla stipula dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che hanno modificato l’art. 11, comma 13  del Codice dei contratti (art. 6, comma 3, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, il cd. decreto sviluppo bis).
Con la determinazione n. 1 del 2013 l’AVCP illustra le recenti modifiche normative e, in primo luogo, chiarisce che l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni riguarda la tipologia di contratti pubblici soggetti alle regole dell’art. 3 del Codice.
L’Autorità ritiene inoltre che l’art. 11, comma 13 del Codice, consenta la stipulazione del contratto conseguente all'atto di aggiudicazione mediante tre forme:
atto pubblico notarile informatico, ai sensi della legge sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili (l. 16 febbraio 1913 n. 89 e s.m.i.; in particolare nella determinazione, si menzionano le modifiche apportate dal d.lgs. 2 luglio 2010, n. 110 “Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio, a norma dell'articolo 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69”);
forma pubblica amministrativa, con modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice;
scrittura privata, per la quale resta ammissibile la forma cartacea e le forme equipollenti ammesse dall’ordinamento.
La determinazione chiarisce, infine, che la “modalità elettronica” della forma pubblica amministrativa può essere assolta anche attraverso l'acquisizione digitale della sottoscrizione autografa,nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 25, comma 2 del D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82.