venerdì 2 marzo 2018

SINTESI NON TECNICA VIA


La Direzione generale per le Valutazioni e le Autorizzazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente ha provveduto alla pubblicazione dell’aggiornamento delle “Linee guida per la predisposizione della Sintesi non Tecnica dello Studio di Impatto Ambientale (VIA)”.
Il documento ha l’obiettivo di fornire ai proponenti uno strumento di supporto e di indirizzo per la predisposizione del riassunto non tecnico (Sintesi non Tecnica) che deve essere presentato nell’ambito dei procedimenti di valutazione ambientale per garantire una efficace comprensione del progetto e dei suoi potenziali effetti ambientali.
Una migliore qualità delle informazioni contenute nella Sintesi non Tecnica assicura chiarezza e facilità di comprensione degli aspetti progettuali e ambientali affrontati nella Valutazione di Impatto Ambientale anche da parte di un pubblico non esperto. Conseguentemente il processo di partecipazione del pubblico ai processi decisionali sarà più efficace, garantendo alla società civile di contribuire attivamente ed in maniera propositiva al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale.


DIRETTORE DEI LAVORI


Il Consiglio di Stato ha reso il parere - n. 360 del 12 febbraio 2018 - sul decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione, previsto dal nuovo Codice dei contratti.
SERVE PIÙ CHIAREZZA SUI CASI DI INCOMPATIBILITÀ. Per quanto riguarda l'art. 2 sui casi di incompatibilità, la Commissione “ribadisce quanto già osservato nel parere 3 novembre 2016, e cioè che la sede appropriata per la disciplina delle incompatibilità, per le limitazioni soggettive che ne discendono, è la legge; e inoltre che è dubbia la riconducibilità di tale profilo di disciplina alla delega di cui all’art. 111 del Codice. Fatta questa premessa, laddove si optasse per il mantenimento dell’articolo, occorrerebbe espungere dalla lett. a) l’aggettivo «nuovi» riferito agli incarichi professionali ricevuti dall’esecutore, che determinano l’incompatibilità del direttore dei lavori. L’incompatibilità è infatti ravvisabile anche se il direttore non ha mai ricevuto incarichi dall’esecutore”.
RAPPORTI CON IL RUP E IL COORDINATORE PER LA SICUREZZA. Per quanto riguarda l'art. 3 (Rapporti con altre figure) Palazzo Spada pone in evidenza “l’opportunità di riformulare il comma 4, relativo ai rapporti tra il direttore dei lavori e il coordinatore per l’esecuzione del lavori previsto dal testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Non è in particolare chiara la funzione e la portata dell’inciso finale del primo periodo «ancorché rapportandosi con il direttore dei lavori», dopo l’enunciazione del principio secondo cui il coordinatore per la sicurezza nella fase dell’esecuzione opera «in piena autonomia». Del pari non è chiaro il ruolo di coordinamento tra queste due figure svolto dal RUP”.
Il Consiglio di Stato ricorda che “in base al citato testo unico di cui al d.lgs. n. 81 del 2008 il coordinatore è colui che assume tutti i compiti connessi alla sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori e le relative responsabilità (in particolare ai sensi dell’art. 92) e che vanno pertanto evitate previsioni normative che possano avallare interpretazioni derogatorie rispetto alle regole di carattere generale contenute nel testo unico di settore".

DIBATTITO PUBBLICO


Il Consiglio di Stato ha reso il parere - n. 359 del 12 febbraio 2018 - sul decreto del Presidente del Consiglio sul dibattito pubblico, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo Codice dei contratti).
Su questo Dpcm il CdS critica la previsione di soglie di importo troppo alte per l'applicazione, che di fatto minimizzano il ricorso allo strumento del dibattito pubblico in grado di limitare i contenziosi.

L’ESPERIENZA NON PUÒ DETERMINARE IL PUNTEGGIO NELLE GARE D'APPALTO


Con la sentenza n. 279/2018 pubblicata il 17 gennaio, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha affermato che, nell'ambito delle gare d'appalto, l’inserimento di requisiti di esperienza tra i criteri di valutazione dell’offerta è ammissibile nel solo caso di appalti di servizi.
Inoltre, deve essere data una lettura garantista alla causa di esclusione dell’illecito professionale, che può operare solo a fronte di un precedente che abbia assunto carattere di definitività.
Infine, i chiarimenti forniti dalla Stazione appaltante su una procedura di gara devono ritenersi ammessi nei limiti in cui non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della stessa.

I CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE OFFERTE NELLE GARE CON OEPV. Ad avviso del Collegio, sono censurabili i criteri di valutazione dell’offerta che includono, ai fini dell’attribuzione del punteggio, elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa (certificazione di qualità e pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati), anziché alla qualità dell’offerta. In particolare, “è necessario tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli pertinenti all’offerta ed all’aggiudicazione, non potendo rientrare tra questi ultimi i requisiti soggettivi in sé considerati, avulsi dalla valutazione dell’incidenza dell’organizzazione sull’espletamento dello specifico servizio da aggiudicare”(cfr. C.d.S. nn. 4191/2013 e 5181/2015).
Tale orientamento, secondo il CdS, rispecchia un principio di matrice comunitaria, che si pone anche a tutela delle capacità competitive delle piccole e medie imprese che presentano un profilo esperienziale meno marcato.
Ne consegue che, secondo il Collegio, la commistione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione dell’offerta, da applicare sempre “cum grano salis”, può essere prevista ai sensi del Codice dei contratti nel caso in cui “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto … possa[no] avere un’influenza significativa sul livello di esecuzione dell’appalto” (art. 95, co. 6, lett. e) del D.lgs. 50/2016).
Peraltro, viene affermato che la valutazione nell’offerta tecnica di elementi di tipo soggettivo può riguardare solo gli appalti di servizi (e non quindi gli appalti di lavori), e ciò solo al ricorrere a precise condizioni:
 - l’attività dell’impresa premiata deve effettivamente “illuminare la qualità dell’offerta”
- lo specifico punteggio assegnato per l’attività svolta, con oggetto analogo a quella dell’appalto da affidarsi, non deve incidere in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo.
 Si tratta di una posizione ampiamente condivisa e anticipata, in più occasioni, dall’ANCE che ha sempre ritenuto non coerente con la natura degli appalti di lavori e con il sistema SOA, l’individuazione di un particolare requisito soggettivo (nel caso specifico l’esperienza pregressa) come criterio di attribuzione del punteggio.
Infatti, il concorrente ad un appalto di lavori di importo superiore a 150.000 euro ha già comunque obbligatoriamente dimostrato alla SOA i requisiti di capacità tecnica e professionale previsti dall’art. 83 e cioè di essere in possesso, oltre che dei requisiti di ordine generale, dell’idonea esperienza richiesta in relazione allo specifico appalto.
Gli stessi requisiti non potrebbero quindi assurgere a criterio soggettivo di attribuzione del punteggio.
L’ILLECITO PROFESSIONALE. Il Collegio approfondisce anche la causa di esclusione dell’illecito professionale, di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. 50 del 2016, Codice dei contratti pubblici, confermando l’orientamento più “garantista” già espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. giurisdizionale, con la sentenza 28 dicembre 2017, n. 575.
Secondo l’orientamento espresso, l’eventuale inadempimento contrattuale del concorrente (penali, risarcimento, incameramento della garanzia) non rappresenta una “significativa carenza” e, quindi, non può comportare l’esclusione dalla procedura di gara, nel caso in cui non si siano ancora prodotti effetti giuridici “definitivi”, perché non contestati ovvero confermati in giudizio.
A tale proposito, il giudice amministrativo ha altresì chiarito, in una diversa occasione, che non dovrebbe sussistere l’illecito professionale laddove le parti si siano accordate e l’inadempimento sia stato sanato col pagamento di una penale, proprio perché questa è frutto di un accordo con il committente, non di un risarcimento stabilito dal giudice al termine di un contenzioso (Tar Campania, sez. IV, sentenza n. 99/2018).
Pertanto, se nel primo caso l’impresa può essere esclusa per illecito professionale, nel secondo non sussistono tali presupposti.
Tornando al caso in esame, il Consiglio di Stato ha escluso che la morosità nel pagamento di canoni concessori possa rappresentare una condotta che integra un grave illecito professionale, laddove non si tratti di un inadempimento definitivamente accertato, ossia non contestato in giudizio ovvero confermato all’esito di un giudizio.
 Rispetto al predetto orientamento, il Collegio evidenzia altresì che, nell’illecito professionale, il riscontro della gravità dell’evento verificatosi o della negligenza ed dell’errore professionale dell’operatore economico può spettare esclusivamente all’Amministrazione, non ad un terzo ricorrente.
Infatti, l’impresa ricorrente non può sostituirsi all’Amministrazione nell’”individuazione, avente carattere discrezionale, del punto di rottura dell’affidabilità della controparte contrattuale, tale da precludere la stipulazione di futuri rapporti negoziali, desumibile anche da vicende pregresse”.
La posizione più garantista espressa dalla suddetta giurisprudenza è ampiamente condivisa dall’ANCE, che in più occasioni ha ravvisato l’esigenza di consentire l’operatività di un quadro regolatorio efficace, senza privare gli operatori del settore delle necessarie garanzie in termini di certezza del diritto.
Sotto questo profilo, sarebbe opportuno pervenire ad una modifica della norma vigente, che riconduca chiaramente le fattispecie rilevanti quale illecito professionale a fatti accertati definitivamente, riferibili solo all’impresa e riscontrabili attraverso i dati inseriti nel Casellario dell’ANAC.
I CHIARIMENTI FORNITI DALLA STAZIONE APPALTANTE. Il Consiglio di Stato conferma l’orientamento secondo cui i chiarimenti forniti dalla Stazione appaltante “sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni di gara” (cfr., ex multis, C.d.S. nn. 978/2017, 735/2017 e 74/2016).
L’ammissibilità dei chiarimenti va invece esclusa allorquando, mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione del bando un significato ed una portata diversa o maggiore rispetto a quella che risulta dal testo.
Infatti, se nelle gare d’appalto le uniche fonti ad assumere carattere vincolante per la Commissione giudicatrice sono bando di gara, capitolato e disciplinare (unitamente agli eventuali allegati), i successivi chiarimenti (auto-interpretativi) della stazione appaltante non possono né modificarle, né integrarle (C.d.S. n. 4441/2015).
In altri termini, i chiarimenti della Stazione appaltante possono costituire interpretazione autentica soltanto nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le delucidazioni fornite dall’Amministrazione ed il tenore delle clausole chiarite (C.d.S. n. 1889/2015). E se del caso, laddove vi sia contrasto, deve darsi prevalenza alle clausole della lex specialis e al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono.

NO AI REQUISITI SOGGETTIVI TRA I CRITERI DI VALUTAZIONE OFFERTA


L’Associazione dei costruttori edili (Ance), a seguito di segnalazione proveniente dal territorio, ha impugnato, con istanza di pre-contenzioso presentata ad aprile 2017, la legittimità di un bando, rilevando, tra l’altro, criticità nella parte in cui erano previsti, tra i criteri di valutazione dell’offerta tecnica, elementi attinenti alla struttura e all’affidabilità dell’offerente di natura quantitativa.
In particolare, il disciplinare di gara individuava i seguenti criteri:
 A) struttura tecnica dell’impresa;
B) organizzazione del personale e
C) organizzazione tecnica.
A sua volta, la valutazione del criterio della struttura di impresa avveniva, inter alia, attraverso la valutazione economica finanziaria dell’impresa, definita attraverso gli “indici psf” (ossia di indicatori di natura patrimoniale, finanziaria e reddituale).
L’Anac, con delibera n. 70 del 24 gennaio 2018, ha condiviso le censure sollevate sul punto da Ance, ritenendo che tali criteri di valutazione “non appaiono idonei a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti sotto un profilo qualitativo della prestazione offerta ”.
In motivazione, l’Autorità afferma, in linea con quanto stabilito nelle Linee Guida n. 2 sull’OEPV, che i criteri di valutazione dell’offerta “idonei a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti e a differenziare le stesse in ragione della rispondenza alle esigenze della stazione appaltante. I citati criteri devono, pertanto, consentire un effettivo confronto concorrenziale sui profili tecnici dell’offerta, scongiurando situazioni di appiattimento delle stesse sui medesimi valori, vanificando l’applicazione del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo”.
In ragione di ciò, l’Anac ha ritenuto che, nel caso di specie, le previsioni della lex specialis relative ai criteri di valutazione dell’elemento qualità dell’offerta tecnica (struttura d’impresa, organizzazione del personale e organizzazione tecnica), e i relativi sub criteri, erano riferibili piuttosto che alle migliorie dell’offerta tecnica, a meri requisiti di partecipazione del concorrente.
Pertanto, tali requisiti sono stati ritenuti inidonei ad evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti, sotto il profilo qualitativo dell’offerta.
Si tratta di un principio di fondamentale importanza, da tempo sostenuto dall’Ance, teso ad evitare distorsioni del mercato derivanti da un’impropria commistione in gara, tra i requisiti di selezione delle imprese e gli elementi di valutazione qualitativa dell’offerta.

LINEE GUIDA SUI CONTRATTI SOTTO SOGLIA COMUNITARIA


Il Consiglio di Stato ha pubblicato il 12 febbraio 2018 il parere n. 361/2018 sull'aggiornamento delle Linee guida Anac “Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici. Aggiornamento sulla base delle disposizioni del d.lgs. n. 56/2017.”

Nell’ambito del capitolo 3 della bozza di linea guida dedicato ai “Principi comuni”, ai punti 3.6 e 3.7 l’Autorità anticorruzione si occupa della delicata questione dell’applicazione delle disposizioni innovative, introdotte nel Codice dal decreto correttivo del 2017, in materia di principio di rotazione e dell’istituto del “reinvito”.
In proposito, il Consiglio di Stato suggerisce alcune modifiche ai suddetti paragrafi 3.6 e 3.7, che per chiarezza espositiva e di lettura si ritrascrivono integralmente nella versione integrata e modificata:
3.6 - Si applica il principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti, con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello di cui si tratti, nei casi in cui i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi. Il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento. La rotazione non si applica laddove l’affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione. La stazione appaltante, in apposito regolamento (di contabilità ovvero di specifica disciplina delle procedure di affidamento di appalti di forniture, servizi e lavori), può suddividere gli affidamenti in fasce di valore economico, in modo da applicare la rotazione solo in caso di affidamenti rientranti nella stessa fascia. Il provvedimento di articolazione in fasce deve prevedere una effettiva differenziazione tra forniture, servizi e lavori e deve essere adeguatamente motivato in ordine alla scelta dei valori di riferimento delle fasce; detti valori possono tenere conto, per i lavori, delle soglie previste dal sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori. In ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici.
3.7 Fermo restando quanto previsto al paragrafo 3.6, secondo periodo, il rispetto del principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti fa sì che l’affidamento o il reinvito al contraente uscente abbiano carattere eccezionale e richiedano un onere motivazionale più stringente. La stazione appaltante motiva tale scelta in considerazione della particolare struttura del mercato e della riscontrata effettiva assenza di alternative, tenuto altresì conto del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento. La motivazione circa l’affidamento o il reinvito al candidato invitato alla precedente procedura selettiva, e non affidatario, deve tenere conto dell’aspettativa, desunta da precedenti rapporti contrattuali o da altre ragionevoli circostanze, circa l’affidabilità dell’operatore economico e l’idoneità a fornire prestazioni coerenti con il livello economico e qualitativo atteso. Negli affidamenti di importo inferiore a 1.000 euro, è consentito derogare all’applicazione del presente paragrafo, con scelta, sinteticamente motivata, contenuta nella determinazione a contrarre od in atto equivalente.

STAZIONI APPALTANTI CERTIFICATE E IN NUMERO RIDOTTO


E’ questa la principale novità prevista dall’atteso decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) in attuazione dell’articolo 38 del Codice appalti (Dlgs 50/2016) che istituisce presso l'ANAC un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza. E con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono definiti i requisiti tecnico organizzativi per l'iscrizione all'elenco e le modalità attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione.
Lo schema di Dpcm, in attesa ora del parere del Consiglio di Stato e dell'Anac, prevede che tutti gli enti che intendono pubblicare bandi per acquisire lavori oltre i 150 mila euro e per i servizi e forniture oltre 40 mila euro, soddisfino requisiti di qualificazione minimi in relazione a tre ambiti: capacità di programmazione e progettazione; capacità di affidamento; capacità di verifica sull'esecuzione e controllo dell'intera procedura, ivi incluso il collaudo e la messa in opera.
Le stazioni appaltanti, per ottenere la qualificazione, dovranno dimostrare ad esempio di avere nella struttura organizzativa dipendenti con specifiche competenze, come la presenza obbligatoria di un laureato in scienze economiche per gestire affidamenti in concessione o in Ppp.
Vengono previsti inoltre dei requisiti premianti, quali: la valutazione positiva dell'ANAC in ordine all'attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità; la presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento CE 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio; la disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara (come il BIM, Building Information Modeling); il livello di soccombenza nel contenzioso; l’applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell'attività di progettazione e affidamento.
L’iter per l’entrata in vigore della nuova disciplina richiede ancora tempi lunghi: una volta approvato il Dpcm serviranno altre misure attuative, tra cui un provvedimento dell’ANAC che stabilisce le modalità di attuazione del sistema di qualificazione, ed assegna alle stazioni appaltanti e alle centrali di committenza un termine congruo al fine di dotarsi dei requisiti necessari alla qualificazione.

PRINCIPIO DELL’INVARIANZA DELLA SOGLIA DI ANOMALIA DELL’OFFERTA


L’art. 95 comma 15 del nuovo Codice dei contratti (Dlgs n. 50/2016) recita: “Ogni variazione (della platea dei concorrenti) che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte.”
In proposito il Tar Piemonte, con la sentenza 238/2018 pubblicata il 16 febbraio, osserva che “la corretta interpretazione dell’art. 95 co. 15 del nuovo codice dei contratti, che sancisce il cosiddetto principio dell’invarianza della soglia, è ampiamente controversa in giurisprudenza; si dibatte in particolare se la soglia cristallizzata ex lege sia immune anche da interventi in autotutela da parte dell’amministrazione e soprattutto a partire da quale momento del procedimento di gara si realizzi l’effetto di “sterilizzazione” (per la ricostruzione degli opposti orientamenti, che individuano tale momento rispettivamente nell’aggiudicazione definitiva ovvero nella proposta di aggiudicazione e dei rispettivi argomenti, si rinvia alla sentenza di questo TAR, sez. II, n. 631/2017)”.
I giudici amministrativi piemontesi evidenziano che “la tensione interpretativa che investe la norma è l’inevitabile conseguenza del concentrarsi sulla stessa di opposte e pur meritevoli esigenze di buona gestione delle gare: la semplificazione, la legalità, la non prevedibilità del risultato a presidio della trasparenza”.
Il Tar Piemonte ritiene che “il meccanismo dell’invarianza della soglia:
a) imponga alla stazione appaltante di esprimere, ai fini della determinazione della soglia di anomalia, una definitiva valutazione circa l’ammissibilità dei concorrenti alla luce della documentazione amministrativa e prima della cognizione delle offerte economiche (così ottenendosi il risultato della “sterilizzazione” di tali valutazioni da possibili suggestioni indotte dalla cognizione delle offerte economiche, oltre ad una semplificazione procedimentale);
b) precluda la variazione della soglia di anomalia con veri e propri regressi procedimentali (come esito di contenziosi, a causa di ripensamenti della stazione appaltante e persino di eventi sopravvenuti, si pensi al concorrente che perda i requisiti successivamente alla proposta di aggiudicazione) rispetto a valutazioni da esprimersi in fasi procedimentali precedenti (così ottenendo il risultato di scoraggiare contenziosi strumentali e di realizzare una semplificazione amministrativa);
c) non consenta una lettura meccanica del disposto normativo che, nell’ambito dell’unica fase procedimentale (e dunque senza garantire alcuna “casualità” degli effetti delle determinazioni della stazione appaltante sull’anomalia né alcuna semplificazione procedimentale) imponga all’amministrazione soluzioni incoerenti (per non dire illegittime), quali il ritenere contestualmente un concorrente non ammesso alla gara e pure determinante per l’individuazione della soglia di anomalia, senza che ciò risulti di oggettivo presidio ad altri concomitanti valori giuridici”.

NUOVO PORTALE “ACQUISTI IN RETE” REALIZZATO DA MEF E CONSIP


È online il nuovo Portale ‘Acquisti in rete’ (www.acquistinretepa.it) realizzato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e da Consip per rendere ancora più rapido, semplice e trasparente l’utilizzo degli strumenti digitali di acquisto del Programma di razionalizzazione degli acquisti della PA da parte di amministrazioni e imprese.
Attraverso il Portale Acquisti in Rete – utilizzando i vari strumenti disponibili: Convenzioni, Accordi quadro, Mercato elettronico della PA (Mepa), Sistema dinamico di acquisizione (Sdapa), gare su delega e in ASP (application service provider) – nell’anno appena trascorso, oltre 80mila punti ordinanti e 90mila fornitori hanno concluso quasi 700.000 transazioni, corrispondenti a contratti di acquisto per circa 9 miliardi di euro. Si tratta dunque di uno strumento particolarmente rilevante nell’ambito dei processi di governo e razionalizzazione della spesa pubblica.
Completamente rinnovato nella grafica, più intuitivo e facile da utilizzare, il nuovo Portale avrà informazioni chiave in evidenza e percorsi ben definiti, un ‘cruscotto utente’ personalizzabile che mostra in primo piano le attività da completare e una ‘ricerca prodotti’ ricca di filtri specifici. Sono nuove tutte le sezioni informative, le vetrine delle iniziative e le schede riassuntive, la visualizzazione del catalogo, il carrello, il cruscotto dell’utente e il motore di ricerca dei prodotti.
L’obiettivo dell’operazione è quello di rendere più efficiente ed efficace l’utilizzo delle iniziative di e-Procurement da parte di amministrazioni e imprese, fornendo in tal modo un contributo al più ampio percorso di trasformazione digitale del Sistema Paese.