giovedì 19 aprile 2018

CONCESSIONE DI SERVIZI


Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, nella sentenza n. 217/2018 pubblicata il 12 aprile, ha chiarito che le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici - approvato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - in materia di concessioni di servizi abrogano tacitamente tutte le altre disposizioni con esse incompatibili che disciplinano la materia.
Il C.g.a. ha precisato che il Codice dei contratti pubblici non ha riordinato le discipline settoriali in materia di concessioni di servizi (non attuando il principio di delega che imponeva il riordino e la semplificazione) ma questo non significa che non si imponga una verifica se esse sopravvivano in tutto o in parte al codice e che non si debba verificare se vi siano state tacite abrogazioni delle disposizioni previgenti: segnatamente, per quel che qui rileva, quanto a requisiti soggettivi, relativi a condanne penali, più severi di quelli previsti dal nuovo Codice.
Tanto più quando i requisiti sono posti da fonte regolamentare anteriore al codice, sicché le disposizioni del codice sembrano determinare abrogazione tacita in base al triplice canone della legge generale, cronologicamente successiva, e di rango superiore nella gerarchia delle fonti.
Sicché, ove così fosse, il bando sarebbe nullo perché prevede cause di esclusione non previste dal Codice dei contratti pubblici (donde la non necessità di impugnare il bando in via immediata e la rilevabilità d’ufficio della nullità del bando), e sarebbe non applicabile, pertanto, in parte qua.

mercoledì 18 aprile 2018

PARERE CDS SU LINEE GUIDA N.2 AGGIORNATE


Nell'Adunanza della Commissione speciale del 16 marzo 2018, il Consiglio di Stato ha reso parere favorevole - n. 966 del 13 aprile 2018 -, con osservazioni, sullo schema di aggiornamento delle Linee guida n. 2 del 2016 dell'Autorità anticorruzione (Anac) sull’offerta economicamente più vantaggiosa.
L’Anac, con nota in data 14 febbraio 2018, ha chiesto al Consiglio di Stato di esercitare le proprie funzioni consultive in relazione alle Linee guida di aggiornamento ed adeguamento delle Linee guida n. 2/2016, adottate dalla stessa Autorità in attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, alle disposizioni del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. decreto correttivo del Codice dei contratti pubblici).
Con la nota in questione l’Anac ha sottolineato che le modifiche apportate dal c.d. ‘Decreto correttivo’ al Codice hanno riguardato in particolare: i) l’ambito oggettivo di applicazione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV) secondo il miglior rapporto qualità/prezzo e ii) l’introduzione del limite massimo attribuibile al peso della componente economica (il cui valore massimo non può eccedere il 30 per cento del totale secondo l’attuale formulazione del comma 10-bis dell’articolo 95).
OSSERVAZIONI GENERALI. Nelle “Osservazioni generali sul testo” contenute nel suddetto parere n. 966 del 13 aprile 2018, il Consiglio di Stato osserva che “al momento della loro adozione (21 settembre 2016, ad appena cinque mesi dall’entrata in vigore del nuovo ‘Codice’) le Linee guida n. 2 hanno assolto al rilevantissimo compito di chiarire (sia pure con portata non vincolante) l’ambito di applicazione e la portata della nuova disciplina codicistica in tema di criteri di aggiudicazione.
L’Autorità ha del tutto correttamente dato atto di tale impostazione generale, rappresentando che le Linee guida n. 2 avessero in primis la finalità di facilitare le stazioni appaltanti e gli operatori economici nella gestione della nuova disciplina, nonché di fornire indicazioni operative per il calcolo dell’OEPV, soprattutto per quanto concerne la scelta del criterio di attribuzione dei punteggi per i diversi elementi qualitativi e quantitativi che compongono l’offerta e la successiva aggregazione dei punteggi.
Ebbene, se – per un verso – deve darsi atto che nella prima fase di attuazione del D.lgs. 50 del 2016 le Linee guida n. 2 abbiano assolto in modo adeguato alle richiamate (e limitate) finalità, deve anche osservarsi che, in sede di adeguamento del testo (la cui adozione avverrà a circa due anni dall’entrata in vigore del ‘Codice’), sarebbe stato auspicabile ampliare il campo di indagine al fine di offrire agli operatori del settore uno strumento ancora più utile per la gestione delle procedure di aggiudicazione.
Del resto, il comma 2 dell’articolo 213 del ‘Codice’ (i.e.: la disposizione che abilita l’ANAC all’adozione anche di linee guida non vincolanti) prevede che gli atti di regolazione siano finalizzati (inter alia) a promuovere l’efficienza e la qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, nonché a favorire lo sviluppo delle migliori pratiche.
La medesima disposizione stabilisce, altresì, che al fine del migliore esercizio della regolazione flessibile, l’Autorità si avvale dei metodi della verifica di impatto della regolazione al fine di non confinare l’attività di rule making in una dimensione – per così dire – ‘statica’, ma di conferirle un ruolo dinamico e duttile rispetto all’evoluzione del sistema.
Il ‘Codice’ assegna in tal modo all’attività di regolazione flessibile il rilevante compito di tenere conto (secondo la logica propria della verifica di impatto della regolazione) delle esperienze applicative al fine di riorientare, secondo una logica iterativa, le linee di indirizzo rivolte agli operatori. Sotto tale aspetto la metodica della verifica di impatto presenta un valore aggiunto particolarmente significativo in relazione all’attività di regolazione subprimaria, attesa la maggiore flessibilità e più agevole modificabilità che caratterizza tale attività rispetto alla tipica disciplina di fonte primaria.”
Il CdS evidenzia che “a due anni circa dall’entrata in vigore del nuovo ‘Codice’ sarebbe stato forse utile non limitare (come, pure, si era comprensibilmente fatto nel settembre del 2016) il campo di indagine alle sole indicazioni operative per il calcolo dell’OEPV, ma di estendere l’ambito dell’atto di regolazione ad obiettivi più ampi, valorizzando in modo adeguato l’esperienza applicativa del primo biennio.
Le Linee guida in esame, ad esempio, forniscono utili indicazioni in ordine alla definizione degli obiettivi e dei criteri di valutazione che devono essere sottesi alla costruzione degli elementi o criteri di valutazione.
Esse, tuttavia, non forniscono criteri per orientare la discrezionalità delle amministrazioni sulla scelta del criterio di aggiudicazione nelle ipotesi in cui (ai sensi del comma 4 dell’articolo 95) è comunque ammesso il ricorso al criterio del minor prezzo.
In definitiva, il testo in esame fornisce utili indicazioni circa la gestione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, dando per acquisita l’opzione per tale criterio, ma non fornisce alcuna indicazione di carattere generale volta ad orientare con un ragionevole grado di certezza la scelta delle amministrazioni nelle ipotesi in cui la scelta per tale criterio sia meramente opzionale.
Ebbene, a due anni circa dall’entrata in vigore del ‘Codice’ e valorizzando in modo adeguato l’esperienza conoscitiva maturata con l’applicazione dell’articolo 95, sarebbe stato indubbiamente utile arricchire il testo in esame con indicazioni volte ad orientare in modo più consapevole la scelta per l’uno o l’altro criterio di aggiudicazione”.
Secondo la Commissione speciale del Consiglio di Stato, “un ulteriore utile indicazione operativa per le stazioni appaltanti avrebbe potuto riguardare la previsione del nuovo comma 14-bis dell’articolo 95 (per come introdotto ad opera del ‘decreto correttivo’ del 2017), secondo cui “in caso di appalti aggiudicati con il criterio [dell’OEPV sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo], le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta”.
La ratio di fondo che ha ispirato in parte qua la novella legislativa è piuttosto evidente: si è inteso evitare che, a fronte di procedure indette sulla base del progetto esecutivo (come di regola avviene ai sensi dell’articolo 59 del ‘Codice’), l’aggiudicazione possa essere disposta – come per il passato è spesso avvenuto – premiando elementi di carattere avulso rispetto al proprium della procedura (e, in particolare, l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quelle incluse nella progettazione esecutiva).
Tale previsione primaria, tuttavia, determina l’effetto di rendere ben difficile per le stazioni appaltanti la concreta individuazione degli elementi qualitativi dell’offerta nell’ambito di un criterio (quello dell’OEPV) che, pure, dovrebbe garantirla in massimo grado.
Ed infatti, l’esistenza di un duplice vincolo (quello derivante dalla sostanziale immodificabilità della progettazione e quello – nuovo – derivante dalla non valuatabilità di opere aggiuntive) rende quanto mai difficoltosa l’enucleazione di criteri idonei a valutare gli aspetti qualitativi dell’offerta.
Ebbene, ritiene la Commissione speciale che le Linee guida in esame avrebbero potuto (al richiamato fine di garantire la promozione dell’efficienza e della qualità dell’attività amministrativa, nonché l’omogeneità dei procedimenti amministrativi) fornire indicazioni di grande utilità pratica al fine di impostare in modo adeguato la gestione del criterio di aggiudicazione in esame, alla luce dei nuovi vincoli di cui al comma 14-bis dell’articolo 95.
Anzi, l’auspicata formulazione di indicazioni operative intese a suggerire alle stazioni appaltanti metodologie e parametri di valutazione della qualità delle offerte, in caso di procedure basate su un progetto esecutivo e sul criterio di aggiudicazione dell’OEPV sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, permetterebbe, al contempo, una gestione più utile ed efficace delle procedure, consentirebbe di superare un’impasse amministrativa, che, diversamente, risulterebbe di ardua soluzione, e realizzerebbe, in definitiva, proprio quel compito di supporto e di orientamento che il Legislatore ha inteso affidare all’ANAC (e che non può, nella fattispecie, intendersi esaurito da un adeguamento meramente formale del documento originario alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo correttivo)”.

LIMITI DEI COMPENSI DEL COLLEGIO ARBITRALE.


Sulla Gazzetta Ufficiale n.88 del 16 aprile 2018, è stato pubblicato un altro decreto del MIT – decreto 31 gennaio 2018 – che determina i limiti dei compensi del Collegio arbitrale, di cui all'art. 209, comma 16 e all'art. 216, comma 22 del Codice dei contratti pubblici.
Il decreto definisce i criteri e la tabella per i compensi.
Il ricorso all’arbitrato consente la risoluzione di controversie, nell’ambito degli appalti pubblici, in modo alternativo rispetto ai classici rimedi giurisdizionali. Il Codice dei Contratti pubblici prevede, infatti, che possono essere deferite ad arbitri le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario.
L'arbitrato si applica, inoltre, anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici.
Il decreto 31 gennaio 2018 entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


ALBO NAZIONALE COMPONENTI COMMISSIONI GIUDICATRICI


La tariffa di iscrizione all'albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici di cui all'art. 78 del codice e' stabilita in euro 168,00. Tale tariffa ha cadenza annuale con eventuale possibilita' di rideterminazione del relativo importo a partire dal terzo anno, sulla base dell'effettivo numero di iscritti, dei sorteggi effettuati e dei costi indiretti effettivamente sostenuti.”
È quanto stabilisce il primo comma dell'articolo 1 del decreto 12 febbraio 2018 del Mit, recante “Determinazione della tariffa di iscrizione all'albo dei componenti delle commissioni giudicatrici e relativi compensi.”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.88 del 16 aprile 2018.
Le disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, entrano in vigore decorsi quindici giorni dalla data di pubblicazione della delibera istitutiva dell'Albo di cui all'art. 78 del Codice dei contratti pubblici da parte dell'Autorità anticorruzione (Anac).
Le disposizioni di cui all'art. 2 - “Compenso per i commissari delle commissioni giudicatrici” - entrano in vigore decorsi 15 giorni dalla data di pubblicazione del decreto 12 febbraio 2018 nella Gazzetta Ufficiale.

lunedì 16 aprile 2018

IN TEMA DI SUBAPPALTO


L’obbligo di indicare la terna vige solo nei confronti dei subappaltatori, non di tutti i subcontraenti dell’affidatario. Nei casi in cui manchi tale indicazione, è possibile ricorrere al soccorso istruttorio. Il subappalto può sopperire alla mancata iscrizione all’ANGA del concorrente, non alla completa carenza di qualificazione negli appalti misti.
Sono queste alcune delle più recenti indicazioni provenienti dai TAR – e segnalate dall'Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) - che, seppur espressione di decisioni primo grado, ove confermate anche in eventuale 2° grado, potrebbero già essere rappresentative di un orientamento che sta assumendo la giurisprudenza di merito sulla complessa disciplina del subappalto.
A ciò si aggiungono alcune indicazioni della UE, che non manca di esprimere la propria avversità a qualsiasi forma di penalizzazione del subappalto.
INDICAZIONE DELLA TERNA DI SUBAPPALTATORI. La direttiva 2014/24/UE ha parzialmente mutato prospettiva in tema di subappalto introducendo la facoltà per gli Stati membri di imporre ai concorrenti di dichiarare immediatamente i soggetti ai quali, nel prosieguo della gara, intendono subappaltare determinate lavorazioni.
Il legislatore nazionale ha declinato tale obbligo stabilendo la necessità di indicare il nominativo di una “terna di subappaltatori” in tutti i subappalti in affidamenti sopra soglia comunitaria e replicando tale obbligo laddove “sotto-soglia” siano previste attività “maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate al comma 53 dell'articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190” (cfr. art. 105, co. 6 del Codice dei contratti pubblici, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
A causa di una norma di non chiara lettura, l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori “sotto soglia” è stato oggetto di diverse posizioni interpretative circa il suo effettivo ambito di operatività (cfr. Vademecum ANCE “Il subappalto nel D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come modificato dal D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56”).
A tale proposito, si segnala che sta prendendo consistenza una giurisprudenza secondo cui quest’obbligo riguarda i soli affidamenti in subappalto, inteso in senso stretto, non tutti i sub-contratti.
Com’è noto, il subappalto costituisce, ai sensi dell’art. 105 del Codice, un “contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”.
Il subappaltatore, dunque, esegue una quota parte delle prestazioni oggetto del contratto di appalto, in ragione di un contratto subappalto, previsto dall’art. 1676 e segg. c.c., secondo cui l’appaltatore trasferisce a terzi l’esecuzione di parte della prestazione negoziale, così configurando, a sua volta, un vero e proprio appalto che si caratterizza, rispetto all’appalto-tipo, solo per essere un contratto-derivato da altro contratto di appalto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto (TAR Lazio, Sez. I-bis, sent. n. 1956/2018).
Viceversa, laddove ciò non avvenga, e il subcontraente non sostituisca l’appaltatore nell’esecuzione di parte delle prestazioni oggetto dell’appalto, il primo non può ritenersi tecnicamente subappaltatore (TAR Friuli, Trieste, sent. n. 35/2018 e TAR Campania, Salerno, n. 1156/2017).
In altri termini, il contratto di subappalto è ontologicamente caratterizzato da una forma paritetica di cooperazione imprenditoriale e, quindi, di coinvolgimento dell'assetto imprenditoriale dell'impresa subappaltatrice nell'attività dell'impresa aggiudicataria dell'appalto.
Il subappaltatore è infatti chiamato, nel raggiungimento del risultato, ad una prestazione rispondente ad autonomia non solo organizzativa ed imprenditoriale, ma anche tecnico-esecutiva, con conseguente maggior ampiezza della sua responsabilità per i vizi della cosa e per la sua non perfetta rispondenza a quanto convenuto.
Ciò, fermo restando sempre l’esclusiva responsabilità dell’appaltatore nei confronti della stazione appaltante.
Al contrario, nel contratto di sub-affidamento, che prevede l'inserimento di un contraente in un determinato livello del processo produttivo, quest’ultimo agisce sotto le direttive dell’appaltatore; ciò evidenzia una dipendenza tecnica del contraente, assunta nel suo più ampio significato (vedi rispondenza al progetto, specifiche e know how), nonché la dipendenza commerciale e di mercato dello stesso (cfr. Cass. Civ. Sz. III, 25.8.2014 n. 18186).
Tali principi sono alla base della sentenza in commento in cui vengono utilizzati al fine di verificare l’operatività dell’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori, da cui, pertanto, devono tenersi esclusi tutti gli altri subcontraenti.
La ricostruzione del giudice amministrativo è fondamentale perché consente di definire un criterio distintivo, in base al quale stabilire se “a valle” di un appalto di lavori, la prestazione del sub affidamento sia qualificabile come lavoro, oppure come servizio o come fornitura, ai fini dell’applicazione della disciplina del subappalto.
Sotto questo aspetto, già in passato era stato osservato che la prestazione deve intendersi quale “fornitura” quando il bene ha una precisa destinazione d’uso (pannelli prefabbricati, serramenti, corpi illuminanti, ecc.) e la posa in opera svolta in cantiere consiste in un’attività puramente accessoria e strumentale (montaggio, saldatura, incollatura, assemblaggio, ecc.) che non modifica in alcun modo il bene ma è diretta solamente a consentirne l’utilizzo (vedi circ. del Ministero dei Lavori pubblici n.477/UL del 9-3-1983).
Tale concetto di accessorietà della prestazione del subcontraente è alla base della sentenza in commento e viene come sopra esplicato al fine di verificare l’operatività dell’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori, da cui – pertanto - devono tenersi esclusi tutti gli altri subcontraenti.
In particolare, secondo tale giurisprudenza, la dichiarazione resa in gara di non avvalersi di subappaltatori e conseguente mancata indicazione della terna, non può incidere sulla facoltà di utilizzo di aziende esterne per l’acquisizione di prodotti (o servizi) necessari per l’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto, laddove questi ultimi siano semplici subcontraenti (TAR Lazio, Sez. I-bis, sent. n. 1956/2018 cit.).
Ne consegue altresì, “al contrario”, che l’indicazione della terna è strettamente connessa all’individuazione delle attività che costituiscono appalto e, come tali, sono state affidate in subappalto.
Esemplificativa in tal senso, è anche un’altra decisione del giudice amministrativo, riguardante un appalto di lavori di demolizione, in cui – applicando il meccanismo di individuazione del subappalto suddetto - è stata ritenuta legittima la richiesta da parte della stazione appaltante all’appaltatore di indicare la terna di subappaltatori.
Infatti, i lavori di demolizione, secondo la declaratoria del Regolamento sui contratti pubblici, includono il servizio di rimozione delle opere demolite, che, come noto, può esplicarsi attraverso la raccolta dei materiali di risulta, la loro separazione e l’eventuale riciclaggio (cfr. declaratoria della categoria OS 23 di cui all’allegato A del D.P.R. 207/2010).
Ne consegue che l’affidamento di tale sevizio a terzi costituisce subappalto.
In questo caso, il giudice amministrativo, ha stabilito che, indipendentemente dal valore specifico delle singole prestazioni, è necessaria l’indicazione della terna solo se tra le “lavorazioni relative a demolizioni/rimozioni di opere in cemento-amianto previste nel computo metrico estimativo dell’appalto […] figurano il trasporto e lo smaltimento in discariche autorizzate”, poiché quest’ultime attività sono evidentemente riconducibili alle voci a) e b) dell’art. 1, co. 53 della L. 190/2012 cit. e, quindi, sono soggette a rischio di infiltrazione mafiosa (Tar Piemonte, Sez. I, sentenza n. 94/2018).
Infatti, considerata la specifica attività di cui alla categoria OS23 l’affidamento a terzi del trasporto e dello smaltimento in discarica non rappresenta un sub-affidamento, ossia un’attività accessoria, ma un subappalto.
SOCCORSO ISTRUTTORIO NELL’INDICAZIONE DELLA TERNA. Secondo la giurisprudenza prevalente, risulta tuttora attuale il principio enunciato - in relazione al previgente D.Lgs. n. 163/2006 e al Regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010 - dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sent. n. 9 del 2 novembre 2015) in merito alla possibile esclusione del concorrente che non ha indicato i subappaltatori (ex multis, TAR. Piemonte, Torino, Sez. II, sent. n. 94/2018).
Pertanto, “l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art. 107, comma 2, d.P.R. cit.”
Ciò posto, l’omissione dell’indicazione della terna non comporta l’esclusione del concorrente, ma l’attivazione del soccorso istruttorio previsto dall’art. 83 comma 9 del Codice “in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica” (TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. n. 1790 del 29 dicembre 2016, TAR Liguria, Sez. II, sent. n. 112/2018 e TAR Sicilia, Palermo, sez. III, sent. n. 2475/2015, TAR veneto, Sez. I, ord. n. 63/2017, TAR Lazio, sez. III, sent. n. 11438/2017).
Infatti, pur trattandosi di una carenza relativa a un elemento essenziale ai fini della partecipazione alla gara, essa infatti non incide sull’offerta economica o sull’offerta tecnica (Tar Piemonte, Sez. II, sent. n. 94/2018).
A tale proposito, si segnala tuttavia la posizione opposta espressa dall’Autorità nazionale anticorruzione nei Bandi-tipo n. 1 e 2 (concernenti servizi e forniture), laddove ritiene non praticabile l’opzione di ricorso al soccorso istruttorio nell’indicazione della terna e, quindi, ritiene in tali casi non autorizzabile il subappalto.
Per completezza si ricorda che la stessa Autorità Nazionale Anticorruzione che, con delibere nn. 487 del 3 maggio 2017 e 973 del 27 settembre 2017 in sede di parere di precontenzioso, aveva ritenuto ammissibile il soccorso istruttorio al fine di integrare i nominativi della terna di subappaltatori.

SUBAPPALTO INDICAZIONI DALLA UE. Al fine di facilitare l'attuazione di programmi operativi e incoraggiare le buone pratiche, attraverso raccomandazioni generali, La Commissione UE ha pubblicato una guida su come evitare gli errori più comuni nei progetti finanziati dai fondi strutturali e di investimento europei.
La guida che si rivolge principalmente alle amministrazioni aggiudicatrici nell'Unione europea, responsabili della pianificazione e degli appalti di opere pubbliche, non costituisce un'interpretazione vincolante e definitiva del diritto dell'UE.
Tuttavia, lo stesso può fornire un valido ausilio su come applicare concretamente quanto previsto dalla direttiva 2014/24/UE.
In particolare, tra le diverse indicazioni, la guida rappresenta come una “cattiva pratica” quella di utilizzare il subappalto come criterio di aggiudicazione allo scopo di limitarne il ricorso.
 Ciò, ad esempio, mediante aggiudicazione di punteggi più alti per gli offerenti che dichiarano di non ricorrere al subappalto.

PUNTEGGIO MASSIMO E DOPPIA RIPARAMETRAZIONE


Per le gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta più vantaggiosa nessuna norma di carattere generale impone alle stazioni appaltanti di attribuire alla migliore offerta tecnica in gara il punteggio massimo previsto dalla lex specialis mediante il criterio della c.d. doppia riparametrazione, la quale deve essere espressamente prevista dalla legge di gara.
Così si è espresso il Consiglio di Stato (Sezione Quinta) nella sentenza n.1845/2018 pubblicata il 23 marzo.
Il CdS ha ricordato che il principio enunciato è quello prevalente nella giurisprudenza del giudice amministrativo (Cons. St., sez. V, 27 gennaio 2016, n. 266; id. 30 gennaio 2017, n. 373; id. 12 giugno 2017, n. 2811 e n. 2852; id., sez. III, 20 luglio 2017, n. 3580) e fermo nel superamento di quello seguito dalla decisione della sez. III dello stesso Consiglio di Stato (16 marzo 2016, n. 1048), pronunciata, peraltro, in un caso in cui la doppia parametrazione era prevista nella legge di gara.
Anche le Linee guida n. 2 di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, approvate dal Consiglio ANAC con delibera n. 1005 del 21 settembre 2016, hanno previsto la mera facoltà per la stazione appaltante di procedere alla riparametrazione dei punteggi, a condizione che la stessa sia prevista nel bando di gara, in conformità a quanto affermato dal Consiglio di Stato nel parere preventivo sulle linee guida (Cons. St., sez. consultiva, 2 agosto 2016, parere n. 1767), in dichiarata continuità con la giurisprudenza prevalente.

NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI 2018 – NOTA ANCI


Nota di lettura dell'Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) al decreto del Ministero delle Infrastrutture 17 gennaio 2018 relativo al “Testo aggiornato delle norme tecniche per le costruzioni”.
APPROVAZIONE ED ENTRATA IN VIGORE. In data 20 febbraio 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero delle Infrastrutture 17 gennaio 2018 recante: “Testo aggiornato delle norme tecniche per le costruzioni”, di cui al DPR n. 380/2001 e al DL n. 136/2004 convertito in legge n. 186/2004, su cui è stata sancita l’Intesa nella seduta della Conferenza Unificata del 22 dicembre 2016.
Ai sensi dell’art. 52 del DPR 380/2001 e ss.mm.ii. le nuove norme tecniche, in sigla NTC 2018, entrano in vigore trenta giorni dopo la pubblicazione dei rispettivi decreti in Gazzetta Ufficiale e pertanto il 22 marzo 2018.

Per quanto attiene il periodo transitorio, avremo che per le opere in corso di esecuzione al 21 marzo 2018, così come per i progetti definitivi o esecutivi già affidati alla stessa data, sarà possibile continuare ad applicare la normativa con la quale sono state progettate, a condizione che la consegna dei lavori avvenga entro il 22 marzo 2023 (5 anni dalla data di entrata in vigore). In tutte le altre fattispecie sarà necessario fare riferimento alle nuove norme.
CONTENUTI. Con le NTC 2018 si porta a termine l’aggiornamento delle norme tecniche del 2008 e si definiscono, tra le altre cose:
- I criteri generali tecnico costruttivi per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici e per il loro consolidamento;
- I criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni;
- Le indagini sui terreni e sulle rocce, i criteri generali e le precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione; i criteri generali e le precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo di opere speciali quali: ponti, dighe, torri, costruzioni prefabbricate in genere, acquedotti, fognature;
- La protezione delle costruzioni dagli incendi.
CONFRONTO CON LE NTC 2008. Rispetto alle Norme Tecniche del 2008 il testo è stato parzialmente rivisto, integrato ed aggiornato nei contenuti specifici, sia in relazione all’evoluzione tecnico-scientifica del settore delle costruzioni sia a seguito dell’aggiornamento della normativa comunitaria in materia di prodotti da costruzione, nonché nella prospettiva di una sempre maggiore integrazione delle norme nazionali con i documenti normativi europei, fra cui gli Eurocodici.
La sicurezza strutturale degli edifici, e quindi la pubblica incolumità, è uno dei temi cardine su cui sarà posta altissima attenzione nelle nuove costruzioni, con regole in generale molto stringenti, ma più flessibili negli edifici esistenti. Il grosso nodo rimane, infatti, il “costruito” poiché sono urgenti le richieste di riqualificazione in chiave antisismica dell’edificato; richieste coerenti con il concetto di “consumo di suolo zero” e con il “recupero di aree degradate” per innalzarne il livello di vivibilità.
RINVIATO IL FASCICOLO DEL FABBRICATO. Nel corso dell’istruttoria del provvedimento in Conferenza Unificata si è discusso circa l’introduzione del vincolo del fascicolo di fabbricato, tra gli strumenti primari di monitoraggio dei territori, prospettando la necessità di sviluppare una proposta nell’ambito della revisione, in via di attuazione, del T.U. sull’edilizia (DPR 380/2001 e ss.mm.ii.) per il quale è stato costituito un tavolo tecnico.
L’introduzione del vincolo del Fascicolo di Fabbricato - che dovrà essere discussa all’interno del tavolo sulla riforma del T.U. sull’edilizia - dovrà essere anticipata da una propedeutica analisi dettagliata degli oneri finanziari e gestionali connessi che impatteranno sui Comuni, nonché dall’ipotesi di introduzione di una misura quale l’obbligo dell’attestazione di classificazione sismica per tutti gli edifici pubblici e privati, sul modello sisma-bonus.
LA CIRCOLARE APPLICATIVA E LE APPENDICI AGLI EURO CODICI. In sostituzione della precedente circolare 2 febbraio 2009, n. 617 (diffusa a seguito delle NTC 2008), dovrà essere emanata a breve la circolare applicativa delle NTC 2018. Ad ulteriore completamento del quadro normativo dovranno essere pubblicate, infine, le “Appendici nazionali agli Eurocodici strutturali” che potranno quindi essere utilizzati a livello nazionale, secondo quanto stabilito dalla Raccomandazione UE 11/12/2003, dando così piena attuazione alle nuove NTC 2018.
La circolare applicativa potrà, tra l’altro, essere occasione per affrontare in modo risolutivo questioni problematiche riconducibili a pronunce della dottrina e giurisprudenza contrastanti.
In particolare vi è stata una sentenza che ha proposto alcuni principi che appaiono in contrasto con le Norme Tecniche per le Costruzioni, invocando una generica “non prevedibilità dei terremoti” a supporto della necessità immediata di adeguamento (o miglioramento) senza accettare la logica della “programmazione per priorità” risultante dall’apparato normativo vigente, dal quale risulta che in caso di inadeguatezza per “azioni non controllabili dall’uomo” (tra cui il sisma) non c’è l’obbligatorietà dell’intervento e che “le decisioni dovranno essere calibrate in relazione alla gravità dell’inadeguatezza, alle conseguenze, alle disponibilità economiche e alla classe d’uso” (Circolare Ministero Infrastrutture 2 febbraio 2009, n.617).
GLI EDIFICI SCOLASTICI ESISTENTI. Tra le novità delle NTC 2018, l’esatta individuazione degli indici minimi di vulnerabilità sismica che dovranno essere raggiunti in caso di “miglioramento” (riservato agli immobili storici) o di “adeguamento” degli edifici scolastici esistenti, pari rispettivamente ai valori di 0,6 e 0,8.
Come noto, la O.P.C.M 20 marzo 2003, n. 3274, ha introdotto (art. 2, comma 3) “l’obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei proprietari” delle opere di particolare rilevanza (scuole, ospedali, ecc.), esentando da tale vincolo “le opere progettate secondo le norme vigenti successivamente al 1984”, sempreché la classificazione sismica del territorio sia rimasta quella definita all’epoca della costruzione (Art. 2, comma 5).
Da tempo la Protezione Civile (circolare 4 novembre 2010, n. DPC/SISM/0083283) ha fornito chiarimenti sulla gestione degli esiti delle verifiche di vulnerabilità sismica specificando che, per legge, la verifica è obbligatoria ma non lo è l’intervento e che “la necessità di adeguamento sismico degli edifici e delle opere … sarà tenuta in considerazione nella redazione dei piani triennali ed annuali … nonché ai fini della predisposizione del piano straordinario di messa in sicurezza antisismica …”. È stato anche chiarito che “il termine adeguamento è usato in senso generico e può comprendere anche le fattispecie del miglioramento e della riparazione locale”.
Nelle NTC 2018 (punto 8.4.3) sono definiti gli interventi in presenza dei quali l’adeguamento sismico è obbligatorio (“a) sopraelevare la costruzione; b) ampliare la costruzione mediante opere ad essa strutturalmente connesse e tali da alterarne significativamente la risposta; c) apportare variazioni di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali verticali in fondazione superiori al 10%... d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un sistema strutturale diverso dal precedente, …; e) apportare modifiche di classe d’uso che conducano a costruzioni di classe III ad uso scolastico o di classe IV.”). In assenza di tali interventi, l’adeguamento sismico non è obbligatorio.
GLI EDIFICI SCOLASTICI DELLE ZONE A RISCHIO 1 E 2. Il decreto legge 9 febbraio 2017, n. 8 (convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2017, n. 45 e poi integrato dall'art. 11-ter, comma 3, del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2017, n. 123) all’art. 20-bis ha stanziato le risorse (euro 105.112.190,27) per l’effettuazione delle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici nelle zone classificate a rischio sismico 1 e 2 nonché per la progettazione degli eventuali interventi che risulteranno necessari a seguito delle verifiche.
Le risorse per gli interventi di adeguamento/miglioramento o sostituzione, saranno, invece, assegnate a decorrere dall'anno 2018, nell'ambito della programmazione nazionale unica degli interventi in edilizia scolastica predisposta in attuazione dell'articolo 10 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128.
Il comma 4 dello stesso art. 20-bis del citato decreto legge 8/2017 stabilisce che “Entro il 31 agosto 2018 ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati 1 e 2 al decreto-legge n. 189 del 2016, deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica”.
GLI EDIFICI SCOLASTICI DELLE ZONE A RISCHIO 3 E 4. Gli enti locali dovranno recuperare nel proprio bilancio le risorse per le verifiche degli edifici ricadenti nelle zone 3 e 4 oppure potranno, in parte, inserire le verifiche all’interno dei progetti che candideranno al finanziamento del “fondo per la progettazione” istituito e finanziato dall’art. 1, cc. 1079 e seguenti, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in relazione al quale è stata definita intesa in Conferenza Unificata in data 8 marzo 2018 sul testo di un decreto che sarà pubblicato nelle prossime settimane.
Anche per gli edifici ricadenti nelle zone 3 e 4, le risorse per gli interventi saranno assegnate nell'ambito della programmazione nazionale unica degli interventi in edilizia scolastica.

DOCUMENTO DI GARA UNICO EUROPEO (DGUE) ESCLUSIVAMENTE IN FORMA ELETTRONICA



Dal 18 aprile 2018 il Documento di gara unico europeo (DGUE) dovrà essere reso disponibile esclusivamente in forma elettronica, nel rispetto di quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici (art. 85, comma 1).
Per le procedure di gara bandite dal 18 aprile, le stazioni appaltanti predisporranno ed accetteranno il DGUE in formato elettronico secondo le disposizioni del DPCM 13 novembre 2014.
I documenti di gara dovranno contenere le informazioni sullo specifico formato elettronico del DGUE, l’indirizzo del sito internet in cui è disponibile il servizio per la compilazione del DGUE e le modalità con le quali il DGUE elettronico deve essere trasmesso dall’operatore economico alla stazione appaltante.
Fino al 18 ottobre 2018 - data di entrata in vigore dell’obbligo delle comunicazioni elettroniche ex art. 40, comma 2, del Codice dei contratti pubblici - le stazioni appaltanti che non dispongano di un proprio servizio di gestione del DGUE in formato elettronico, o che non si servano di altri sistemi di gestione informatica del DGUE, richiederanno nei documenti di gara all’operatore economico di trasmettere il documento in formato elettronico, compilato secondo le modalità ivi indicate, su supporto informatico all’interno della busta amministrativa o mediante la piattaforma telematica di negoziazione eventualmente utilizzata per la presentazione delle offerte.
Dal 18 ottobre, il DGUE dovrà essere predisposto esclusivamente in conformità alle regole tecniche che saranno emanate da AgID ai sensi dell’art. 58 comma 10 del Codice dei contratti pubblici. Per tutte le procedure di gara bandite a partire dal 18 ottobre, eventuali DGUE di formati diversi da quello definito dalle citate regole tecniche saranno considerati quale documentazione illustrativa a supporto.
I requisiti di integrità, autenticità e non ripudio del DGUE elettronico devono essere garantiti secondo quanto prescritto dal Codice dell’Amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

SUDDIVISIONE IN LOTTI DI UN APPALTO


Il principio della suddivisione in lotti di un appalto, previsto dall’art. 51, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, può essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione di scelta discrezionale, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti.
Così la quinta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza 2044/2018 pubblicata il 3 aprile.
La V Sezione del CdS ha chiarito che se è vero che l’art. 51 del nuovo Codice dei contratti ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli artt. 99 e 139”.

L'OBBLIGO PER LE STAZIONI APPALTANTI DI NON INVITARE IL GESTORE USCENTE


Con la sentenza n. 2079/2018 pubblicata il 3 aprile, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha ribadito l'obbligo per le stazioni appaltanti di non invitare il gestore uscente, nelle gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”.
Ciò “al fine di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854; Consiglio di Stato, Sez.VI, 31 agosto 2017, n.4125)”.
Tale principio “è volto a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore, quello degli appalti 'sotto soglia', nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio”.

RESPONSABILITA' SOLIDALE ANCHE NELL’IPOTESI DI SUBFORNITURA (ALL’ART. 29, COMMA 2, DEL D.LGS. N. 276/2003)


Con la circolare n. 6 del 29 marzo 2018, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro analizza la sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 per contrarietà agli artt. 3 e 36 Cost., ritenendo che il regime di solidarietà disciplinato dalla predetta norma trovi applicazione anche nelle ipotesi di subfornitura. “Com’è noto”, ricorda la circolare dell'INL, “l’art. 29, comma 2, prevede che in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Alla luce del dato letterale della norma, il Giudice remittente ha ritenuto che la limitazione del regime di solidarietà ai soli casi espressamente previsti – di appalto e subappalto – avrebbe negato la medesima garanzia legale ai dipendenti del subfornitore, parimenti coinvolti in processi di esternalizzazione e parcellizzazione del processo produttivo, in contrasto con l’art. 3 e 36 della Cost.
Va rammentato, in proposito, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva già avuto modo di soffermarsi sul campo di applicazione dell’art. 29, nella nota prot. 5508 del 19 marzo 2012, manifestando l’opinione di una possibile estensione del regime della solidarietà al contratto di subfornitura sul presupposto della sussistenza, anche in tal caso, di un controllo diretto ed integrale sull’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa committente.
Sotto tale aspetto, peraltro, al fine di dare maggiore tutela ai lavoratori impiegati nell’esecuzione delle prestazioni negoziali non inquadrabili in termini di appalto o subappalto, il Ministero aveva dato rilevanza (cfr. interpello n. 2/2012) anche all’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. sent. n. 6208/2008) che non escludeva la possibilità di applicare la solidarietà nei rapporti tra consorzio aggiudicatario dell’appalto e imprese consorziate esecutrici dovendosi dare prevalenza, a parere dei giudici, alla funzione di garanzia sostanziale proprio del regime di solidarietà rispetto alla qualificazione giuridica del negozio richiamata nella norma.
Con la recente sentenza n. 254/2017, la Corte Costituzionale è intervenuta sull’ambito applicativo del citato art. 29, superando le questioni poste dal Giudice remittente attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata della norma basata sulla ratio della responsabilità solidale; la Corte, infatti, chiarisce che la ratio della norma risiede nella necessità di
“evitare il rischio che i meccanismi di decentramento – e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione – vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale” e pertanto “non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento”.
In ragione di ciò l’art. 29 va interpretato nel senso che “il committente è obbligato in solido anche con il subfornitore relativamente ai crediti lavorativi, contributivi ed assicurativi dei dipendenti di questi”, a nulla rilevando, nell’economia dell’argomentare della Corte, che il contratto di subfornitura sia da ritenersi species dell’appalto o piuttosto tipo negoziale autonomo. Diversamente, per la Corte appare più rilevante constatare, alla luce del precetto costituzionale dell’art. 3, che nell’ambito del contratto di subfornitura le esigenze di tutela dei lavoratori impiegati sarebbero ancora più pregnanti che non nel caso di un contratto di appalto, stante la “strutturale debolezza” del datore di lavoro/subfornitore.
Il principio tracciato dalla Corte sembra pertanto rispondere anche alle esigenze di tutela già emerse nell’ambito, ad esempio, dei rapporti tra consorzio e società consorziate – cui si è accennato – perché anche in tal caso, viene in rilievo l’esigenza di salvaguardia dei lavoratori in presenza di una “dissociazione” tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione lavorativa.
Inoltre, l’interpretazione della Corte spiega effetti sulle ipotesi di distacco ex art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 e del distacco di cui al D.Lgs. n. 136/2016 comportando l’applicazione dell’art. 29, comma 2, tra società estera distaccante e società utilizzatrice in Italia, non soltanto nei casi in cui la prestazione di servizi sia riconducibile ad una filiera di appalto/subappalto ma anche laddove la stessa consista in altre operazioni commerciali (cfr. art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 136/2016).
Restano ferme le altre disposizioni che dettano una disciplina specifica del regime di solidarietà, mutuata dall'art. 29, comma 2 ma adattata alle peculiarità delle tipologie contrattuali cui si riferiscono (v. ad es. somministrazione di lavoro, contratto di trasporto ecc.).”

BANCA DATI NAZIONALE DEI CONTRATTI PUBBLICI (BDNCP)


Disciplina dell'accessibilità ai dati presenti nella Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici (BDNCP). È quanto prevede la delibera 1 marzo 2018 dell'Autorità nazionale anticorruzione, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n.80 del 6 aprile 2018.
Restano esclusi dall'ambito applicativo del regolamento:
a) il trattamento dei dati sensibili e giudiziari e le modalita' di accesso ai documenti amministrativi, sia cartacei che telematici, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, gia' disciplinati dai regolamenti in uso presso l'Autorita';
b) le modalita' di acquisizione dei dati mediante il sistema AVCPass per le finalita' di cui all'art. 81 del decreto legislativo n. 50/2016, secondo quanto previsto dall'art. 216, comma 13, del medesimo testo normativo;
c) il diritti di accesso ai dati personali esercitato dagli interessati ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo n. 196/03;
d) le attivita' di pubblicazione obbligatoria, sul sito web istituzionale, dei dati, informazioni, atti e documenti relativi all'organizzazione e all'attivita' dell'ANAC previste dalla normativa vigente in materia di trasparenza e pubblicita' delle pubbliche amministrazioni e le modalita' per l'esercizio dell'accesso civico di cui all'art. 5, comma 1 del decreto legislativo n. 33/2013.

TIPOLOGIE DI DATI RESI ACCESSIBILI. Sono rese accessibili le seguenti tipologie di dati contenute nella BDNCP:
a) Dati identificativi delle stazioni appaltanti (codice fiscale; partita IVA; denominazione; provincia; citta'; CAP; pec/e-mail);
b) Dati identificativi delle SOA (codice fiscale; partita iva; denominazione; provincia; citta'; CAP; pec/e-mail);
c) Dati identificativi dei soggetti a diverso titolo coinvolti nelle procedure di affidamento dei contratti (amministrazione o denominazione/ragione sociale dell'operatore economico cui appartiene il soggetto; cognome; nome);
d) Dati identificativi degli operatori economici (codice fiscale; partita IVA; denominazione);
e) Dati relativi alle attestazioni SOA possedute dai soggetti qualificati;
f) Dati relativi ai Certificati Esecuzione Lavori (CEL);
g) Dati relativi al Casellario informatico delle imprese ad eccezione delle annotazioni riservate;
h) Dati relativi all'appalto (informazioni contenute nel bando; informazioni relative alla procedura di scelta del contraente; imprese partecipanti);
i) Dati relativi al contratto: dati relativi all'aggiudicatario (codice fiscale; partita IVA; denominazione), importi di aggiudicazione; date di inizio e fine contratto;
j) Dati relativi allo stato avanzamento lavori;
k) Dati relativi alle varianti;
l) Dati relativi a interruzioni e sospensioni dei lavori;
m) Dati relativi al collaudo;
n) Dati relativi al subappalto;
o) Dati relativi ai prezzi di riferimento di cui all'art. 9 del decreto-legge n. 66/2014;
p) Dati identificativi dei Responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza delle amministrazioni, dei Responsabili per l'amministrazione dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (amministrazione; cognome; nome).
I dati acquisiti da soggetti terzi sono presentati e resi accessibili cosi' come ricevuti da parte del soggetto responsabile della comunicazione degli stessi all'ANAC.
L'ANAC esegue i controlli di propria competenza e, qualora emergano incompletezze o incoerenze, ne da' comunicazione al soggetto o all'Amministrazione che li ha trasmessi affinche' provveda alle dovute modifiche o integrazioni.
I dati personali resi accessibili sono esclusivamente quelli per i quali e' gia' previsto un regime di pubblicita' ai sensi della normativa vigente.
L'ANAC e' titolare del trattamento e garantisce i diritti dell'interessato che possono essere esercitati ai sensi della normativa vigente.
LIBERA ACCESSIBILITA' AI DATI. Chiunque puo' accedere ai dati di cui all'art. 3, nel rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali, attraverso apposite modalita' intese quali servizi di consultazione disponibili sul portale dell'ANAC, la quale ne disciplina le caratteristiche tecniche.
I dati liberamente accessibili sono riutilizzabili secondo le modalita' di cui all'art. 7 del decreto legislativo n. 33/2013.
Sono escluse dall'accesso libero le annotazioni riservate inserite nel casellario informatico delle imprese di cui alla lettera g) dell'art. 3, il cui accesso resta regolamentato dalle specifiche disposizioni di settore.
ACCESSIBILITA' REGOLAMENTATA AI DATI. L'ANAC valuta le richieste che comportino un accesso massivo ai dati ovvero complesse attivita' di estrazione o che richiedano specifiche modalita' tecniche di accesso, e, se ritenute ammissibili anche al fine di perseguire i propri obiettivi istituzionali, mette a disposizione i dati:
a) mediante servizi di cooperazione applicativa che consentono l'interoperabilita' e lo scambio di dati puntuali o massivi tra la BDNCP e le banche dati di altre pubbliche amministrazioni;
b) mediante estrazioni e/o elaborazioni specifiche; in tali casi l'ANAC, valutate entro trenta giorni l'ammissibilita' e le condizioni per la accessibilita' ai dati richiesti, ne da' comunicazione al richiedente. Entro i trenta giorni successivi dalla data di comunicazione di ammissibilita', l'ANAC fornisce i dati richiesti salvo esigenze elaborative legate alla natura e alla complessita' dei dati.
Per l'accesso ai dati secondo le modalita' di cui alle lettere a) e b), si puo' prevedere la stipula di un protocollo d'intesa o convenzione tra le parti su iniziativa dell'ANAC o della parte interessata.
Qualora le richieste non siano riconducibili ad un protocollo d'intesa o convenzione gia' esistente, l'accesso ai dati e' autorizzato dal Consiglio o, in via d'urgenza, dal Presidente, previa istruttoria degli uffici competenti che ne verificano la pertinenza, la fattibilita' tecnica e la sostenibilita' economica.
Per l'accesso ai dati con le modalita' di cui al presente articolo, di cui l'Autorita' disciplina le caratteristiche tecniche, deve essere inviata istanza all'ANAC utilizzando esclusivamente la modulistica prevista disponibile sul sito dell'ANAC nella sezione Servizi-Modulistica, specificando le finalita' di trattamento dei dati.
In relazione alla tipologia della richiesta, l'ANAC individuera' eventuali costi a carico del richiedente connessi all'erogazione del servizio.
Al fine di garantire la protezione dei dati personali nell'ambito dei trasferimenti effettuati ai sensi del presente articolo sono adottate idonee misure di sicurezza.
RICHIESTE DI ACCESSO GENERALIZZATO. Le richieste di accesso generalizzato ai sensi dell'art. 5, comma 2 del decreto legislativo n. 33/2013 sono, di norma, soddisfatte mediante il rinvio ai dati resi pubblici secondo le modalita' di cui all'art. 4 del presente regolamento. Nei rimanenti casi, si procede fornendo riscontro secondo le procedure stabilite nell'apposito regolamento interno dell'Autorita' sull'accesso generalizzato.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE. Fino al momento della completa disponibilita' dei servizi di cui all'art. 4, le richieste riguardanti dati non gia' liberamente accessibili attraverso il portale dell'Autorita' sono formulate utilizzando l'apposita modulistica messa a disposizione sul sito dell'ANAC.
ENTRATA IN VIGORE. Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

PREZZO DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE


Ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 133 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni ed integrazioni, nonche' di cui all'art. 216, commi 1 e 27-ter del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, si rileva che il prezzo dei materiali da costruzione piu' significativi nell'anno 2017, rispetto all'anno 2016, non ha subito variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori al dieci per cento.”
È quanto si legge all'articolo 1 del decreto 27 marzo 2018 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, avente ad oggetto la “Rilevazione dei prezzi medi per l'anno 2016 e delle variazioni percentuali annuali, in aumento o in diminuzione, superiori al dieci per cento, relative all'anno 2017, ai fini della determinazione delle compensazioni dei singoli prezzi dei materiali da costruzione piu' significativi.”

L'articolo 2 di questo decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.81 del 7 aprile 2018, rammenta che “ai sensi dell'art. 133, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonche' dell'art. 216, commi 1 e 27-ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, per la determinazione delle compensazioni relative ai materiali da costruzione piu' significativi impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell'anno 2017 si fa riferimento:
a) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2011;
b) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013 e nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2010;
c) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013 e nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2009;
d) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012 e nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 9 aprile 2010, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2008;
e) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012, nell'allegato n. 1 e nell'allegato n. 2 del decreto ministeriale 9 aprile 2010, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2007;
f) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012, nell'allegato n. 1 e nell'allegato n. 2 del decreto ministeriale 9 aprile 2010 e nella tabella allegata al decreto ministeriale 24 luglio 2008, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2006;
g) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, nell'allegato n. l del decreto ministeriale 3 maggio 2012, nell'allegato n. 1 e nell'allegato n. 2 del decreto ministeriale 9 aprile 2010, nella tabella allegata al decreto ministeriale 24 luglio 2008 e nella tabella allegata al decreto ministeriale 2 gennaio 2008, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2005;
h) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012, nell'allegato n. 1 e nell'allegato n. 2 del decreto ministeriale 9 aprile 2010, nella tabella allegata al decreto ministeriale 24 luglio 2008, nella tabella allegata al decreto ministeriale 2 gennaio 2008 e nella tabella allegata al decreto ministeriale 11 ottobre 2006, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2004;
i) ai prezzi medi e alle variazioni percentuali annuali per la parte eccedente il dieci per cento, rilevati nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 luglio 2013, nell'allegato n. 1 del decreto ministeriale 3 maggio 2012, nell'allegato n. 1 e nell'allegato n. 2 del decreto ministeriale 9 aprile 2010, nella tabella allegata al decreto ministeriale 24 luglio 2008, nella tabella allegata al decreto ministeriale 2 gennaio 2008, nella tabella allegata al decreto ministeriale 11 ottobre 2006 e nella tabella allegata al decreto ministeriale 30 giugno 2005, qualora l'offerta sia stata presentata nel 2003 o anteriormente.

AGGIORNAMENTO LINEE GUIDA N.1


Sono entrate in vigore il 7 aprile 2018 le Linee Guida Anac n. 1 - Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria - aggiornate al d.lgs. n. 56 del 19/4/2017 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.69 del 23 marzo 2018 con la Delibera n. 138 del 21 febbraio 2018 dell'Autorità anticorruzione.
Con riferimento alla necessità di tener conto delle modifiche apportate al d.lgs. 50/2016 ad opera del d.lgs. 56/2017, si evidenzia che quest’ultimo, per quanto di interesse per le Linee guida in questione, ha in primo luogo ampliato l’ambito oggettivo dei servizi di cui all’art. 3, comma 1, lett. vvvv), del codice, ricomprendendo tra gli stessi anche l’attività del direttore dell’esecuzione; pertanto, nell’elenco descrittivo delle prestazioni oggetto della Linee guida è stato aggiunto l’incarico di direzione dell’esecuzione (cfr. Parte II, punto 1.1., Parte IV, punto 1.1. e punto 2.2.1), esplicitamente richiamato, a seguito del correttivo, agli artt. 31 e 157 del codice tra i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.
Per effetto dell’abrogazione dell’art. 5 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ad opera dell’art. 217, co. 1, lett. dd), del codice, come integrato dal decreto correttivo, sono stati modificati i punti. 2.1. e 2.2. della Parte III, nella parte in cui richiamavano il rispetto delle previsioni di cui all’art. 9, comma 2, penultimo e ultimo periodo, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
Inoltre, il decreto correttivo ha apportato alcune modifiche all’art. 59, comma 1, del codice, prevedendo ulteriori fattispecie contrattuali per le quali è consentito, in via eccezionale, il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione di lavori pubblici; tali modifiche sono state recepite alla Parte II, punto 5.1. Con il d.lgs. 56/2017 sono stati introdotti anche due nuovi commi all’art. 59 (1-bis e 1-ter) che disciplinano la possibilità di ricorrere all’affidamento congiunto di progettazione esecutiva ed esecuzione per gli appalti di lavori in cui la componente tecnologica o innovativa assume carattere prevalente e le modalità di attuazione della stessa. Nelle Linee guida la modifica è stata recepita alla Parte II, punto 5.2., con il quale sono, altresì, fornite indicazioni operative in relazione alla valutazione delle prevalenza e all’adozione della determina a contrarre.
Si è ritenuto di inserire, accanto alla rotazione degli inviti, anche quella degli affidamenti, in conformità alle modifiche apportate dal decreto correttivo all’art. 36, commi 1 e 7, nonché alle linee guida n. 4 come aggiornate.
In attuazione delle modifiche introdotte dal correttivo all’art. 32, co. 2, del codice, con riferimento alla determina a contrarre in forma semplificata, è stata modificata la Parte IV, punto 1.3.2, richiamando il contenuto della determina medesima. La modifica introdotta nelle Linee guida recepisce anche la precisazione inserita dal decreto correttivo all’art. 36, co. 2, lett. b), del codice circa la non obbligatorietà in caso di affidamento diretto della previa consultazione di due operatori economici.
PROCEDURE DI AFFIDAMENTO. Per quanto concerne le procedure di affidamento, il decreto correttivo, modificando l’art. 157, co. 2, del codice, ha sancito l’applicabilità anche all’affidamento degli incarichi di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e altri servizi tecnici di importo superiore a 100.000 euro, delle procedure di gara di cui alla Parte II, Titoli III e IV del codice, in luogo del ricorso esclusivo alla procedura aperta o ristretta; è stato, quindi, modificata la Parte IV, punto 2.1.1., delle Linee guida, inserendo il richiamo a tutte le procedure di gara di cui sopra.
Un ulteriore aggiornamento alle Linee guida è stato introdotto alla Parte IV, punto 2.2.3.4., per tener conto della nuova formulazione dell’art. 47, co. 2, del codice che richiama espressamente anche i consorzi stabili di società di professionisti o di società di ingegneria, esplicitando le modalità per la dimostrazione dei requisiti di partecipazione alla gara definite dalla norma.
Infine, il decreto correttivo ha introdotto alcune modifiche in relazione alla validazione dei progetti, specificando che nel bando e nella lettera di invito devono essere indicati gli estremi della validazione del progetto e non più, genericamente, l’intervenuta verifica (art. 26, co. 8) e disciplinando la tempistica della validazione dei progetti redatti dall’affidatario di un appalto integrato (art. 26, co. 8-bis); è stata, pertanto, adeguata alle novellate disposizioni normative la Parte VII, punto 1.3. e punto 1.5.
Per quanto concerne le indicazioni di cui al Comunicato del Presidente dell’Autorità, si evidenzia che le stesse sono state recepite nella Parte IV, punto 2.2.2.4; trattasi di specifiche in relazione a tipologie di servizi che sono da ritenersi idonei ai fini della dimostrazione dei requisiti di partecipazione in termini di fatturato e di servizi svolti, e che possono aumentare le possibilità di qualificazione dei concorrenti ampliando la platea dei possibili partecipanti alla procedura di gara. Possono, altresì, essere utili indicazioni per la stazione appaltante nell’attività di verifica dei requisiti, che possono contribuire a ridurre le possibilità di contenzioso.
Infine, si è reso necessario modificare il punto 1.7, della Parte VI, per recepire il tetto massimo per il punteggio economico fissato dal legislatore con l’introduzione ad opera del correttivo del comma 10-bis dell’art. 95 del codice. Il tetto massimo fissato, superiore a quello indicato nelle Linee guida, ha reso necessario, al fine di garantire una corretta definizione dei punteggi medesimi in sede applicativa, un adeguamento anche degli altri punteggi; si è fatta attenzione a non comprimere eccessivamente i criteri ai quali era già stato assegnato un punteggio basso.
ESTESO L’AMBITO SOGGETTIVO DI PARTECIPAZIONE DEL GEOLOGO. Altri aggiornamenti delle Linee guida si sono resi necessari per chiarire la portata di alcune norme e/ indicazioni delle Linee guida medesime, su segnalazioni pervenute dagli stakeholders.
In particolare, alla Parte II, punto 3, è stato esteso l’ambito soggettivo di partecipazione del geologo all’interno della struttura di progettazione stabilendo, in analogia a quanto previsto per i requisiti di partecipazione in termini di organico, che lo stesso possa essere anche un dipendente o un consulente con contratto di collaborazione coordinata e continuativa su base annua, iscritto all’albo professionale e munito di partiva IVA, che abbia fatturato nei confronti del soggetto offerente una quota superiore al cinquanta per cento del proprio fatturato annuo, risultante dall’ultima dichiarazione IVA. Sulla base del medesimo principio, e per evitare discriminazioni tra società di ingegneria e professionisti singoli e associati, è stata riconosciuta la possibilità per quest’ultimi di ricomprendere tra le unità minime di tecnici le stesse figure previste per le società di ingegneria. Ritenendo che le tipologie di figure idonee a qualificare l’operatore economico alla partecipazione alla gara non possono essere diverse da quelle che poi andranno ad eseguire la prestazione, anche per l’elenco dei professionisti responsabili dell’espletamento dei vari servizi si è fatto richiamo alle medesime figure professionali ritenute idonee per la dimostrazione del requisito dell’organico medio e del numero di unità minime di tecnici di cui alla Parte IV, punti 2.2.2.1, lettere d) ed e).
Alla Parte II, punto 4, è stato specificato che «La stazione appaltante verifica che la polizza di responsabilità civile professionale del progettista esterno copra i rischi derivanti anche da errori o omissioni nella redazione del progetto esecutivo o definitivo che abbiano determinato a carico stessa nuove spese di progettazione e/o maggiori costi». La riformulazione del punto è apparsa necessaria per una maggiore chiarezza, per evitare che le stazioni appaltanti possano richiedere, in analogia a quanto avveniva in passato in applicazione dell’art. 111 del d.lgs. 163/2006, una polizza di responsabilità civile professionale specifica per l’attività oggetto di affidamento, atteso l’obbligo già esistente in capo ai professionisti di dotarsi di polizza assicurativa per la copertura dei rischi di natura professionale, a carico degli stessi professionisti come precisato all’art. 24, co. 4 del codice.
Sulla base delle richieste degli operatori del mercato, si è ritenuto, altresì, opportuno richiamare la previsione di cui all’art. 36, co. 5, del codice che prevede, in caso di ricorso alla procedura negoziata, la verifica dei requisiti solo sull’aggiudicatario, specificando che tale verifica deve riguardare anche quelli economici, finanziari e tecnico professionali se richiesti nella lettera di invito. È stato, pertanto, inserito alla Parte III, il punto 1.3.
In un’ottica di semplificazione delle Linee guida, alla Parte IV, punto 2.2.3.1. è stata eliminata la precisazione «La distribuzione delle quote tra mandataria e mandanti è stabilita direttamente dalle stazioni appaltanti nei documenti di gara», in virtù di analoga previsione introdotta dal decreto correttivo all’art. 83, co. 8, del codice, ritenendo che il richiamo della norma medesima ai soggetti di cui all’art. 45, co. 2, lett. d), e), f) e g), sia da ritenersi applicabile anche ai soggetti di cui all’art. 46, co. 1, lett. e) ed f).
Per quanto concerne la Parte VII, relativa alla verifica e validazione della progettazione, oltre ad alcuni interventi volti a rendere pienamente coerente il testo del punto 1.6. con le indicazioni di cui alla tabella relativa ai soggetti abilitati a effettuare la verifica e alla precisazione del settore IAF di riferimento ai fini della certificazione di qualità (EA34), si è proceduto ad ampliare le tipologie di servizi utilizzabili ai fini della dimostrazione del requisito del fatturato (punto 2.3., lett. a.), ricomprendendo anche i servizi di progettazione e di direzione lavori, in analogia a quanto già previsto per i servizi di punta (punto 2.3., lett. b.). Tale modifica, richiesta da diversi partecipanti alla consultazione, consente di conseguire più facilmente la qualificazione per la partecipazione alle procedure di gara, consentendo l’ingresso nel mercato anche di operatori che svolgono prevalentemente attività di progettazione o di direzione lavori.
Sempre sulla base delle richieste pervenute dagli stakeholders, l’orizzonte temporale di riferimento per la dimostrazione dei requisiti di fatturato e dei servizi svolti, è stato uniformato a quello previsto per i servizi di ingegneria e architettura, attesa l’applicazione alle procedure di affidamento dei servizi di verifica delle regole previste per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura (cfr. Parte Vii, punto 2.2.).