Il
ricorso alla fattispecie “extra-varianti” di cui all’art. 132, comma 3, 1°
periodo, del D.Lgs. 163/2006, è possibile soltanto qualora gli interventi
disposti dal direttore dei lavori “per risolvere aspetti di dettaglio” non
comportino aumenti dell’importo contrattuale, con la conseguenza che le somme
destinate a tali interventi (da contenersi entro il 5% delle categorie di
lavoro dell’appalto, o entro il 10% per lavori di recupero, ristrutturazione,
manutenzione e restauro delle categorie di lavoro dell’appalto (cfr. Deliberazione
Aut. LL.PP. n. 35 del 23/05/2006) dovranno essere in ogni caso compensate con
corrispondenti diminuzioni di importo di altre voci del contratto. Qualora
l’importo complessivo di quest’ultimo venga invece ad aumentare, si potrà
procedere in regime di variante, alternativamente:
a) nei casi e nei limiti
ordinari specificatamente elencati all’art. 132, comma 1;
b) nel caso,
contemplato dall’art. 132, comma 3, 2° periodo, di varianti “migliorative”, a
condizione che le stesse non comportino modifiche sostanziali al progetto,
siano motivate da “obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e
imprevedibili”, e siano contenute nel limite del 5% dell’importo contrattuale.
In
particolare, è generalmente ritenuto che tali modifiche, da una parte, debbano
essere motivate e non dettate dalla mera discrezionalità (es. impossibilità o
inopportunità di realizzare l’aspetto di dettaglio previsto originariamente dal
progetto), dall’altra non debbano introdurre variazioni significative e tanto
meno sostanziali al progetto. Sia la motivazione sia la discriminante tra
aspetti di dettaglio e aspetti significativi sono demandate alla professionalità
del direttore dei lavori che dispone la modifica e alla competenza del
responsabile del procedimento che ne verifica l’ammissibilità o sia necessario
procedere ad una variante in corso d’opera.
Il
c.3 dell’art 132 del DLgs 163/06 considera 2 ipotesi di variazioni al progetto:
a) variazioni finalizzate a risolvere aspetti di dettaglio, non assoggettate al
regime delle varianti, purché contenute entro i limiti di importo stabiliti
dalla norma (10% per le manutenzioni) e a condizione che non comportino un
aumento dell’importo contrattuale;
b) variazioni considerate varianti,
finalizzate al miglioramento dell’opera, ammesse a condizione che non
comportino modifiche sostanziali al progetto e siano motivate da “obiettive
esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili”. Per tale
ultima ipotesi la norma indica il limite del 5% dell’importo contrattuale.
Le
circostanze sopravvenute ed imprevedibili costituiscono un presupposto rafforzativo
privo di autonoma rilevanza, essendo comunque richiesta la dimostrazione della
finalità migliorativa della variante. Dette circostanze, da accertarsi secondo
le modalità previste dall’art 161 del dPR 207/2010, assumono per contro
autonoma rilevanza nell’ipotesi contemplata dall’art 132, c 1, lett b), del DLgs
163/06 dove non sono posti limiti economici.
Per
quanto riguarda i limiti delle varianti in aumento, l’appaltatore ha l’obbligo
di eseguire le variazioni che non superino il quinto dell’importo complessivo
dell’appalto (art. 161 dPR 207/2010).
Qualora
invece la variante (a patto che rientri nelle tipologie previste) superi il
predetto importo del quinto (il cd. sesto quinto) l’appaltatore può recedere
dal contratto con diritto al pagamento dei soli lavori eseguiti e regolarmente
ordinati.
Si
precisa infine (cfr. Det. Aut. di Vigilanza, n. 1/2001) che ogni modifica
contrattuale che sia frutto di variante non dovrà mai snaturare il progetto
originario dell’opera in esecuzione, dovendosi essa porre con necessario
carattere di accessorietà rispetto all’opera progettata, altrimenti si ricadrà
nell’ipotesi di “altri lavori” che escludono la qualificazione giuridica di
“variante”.
Gli
atti di sottomissione intesi come integrazioni contrattuali che conseguono a
varianti comprese nel quinto d’obbligo (e che pertanto l’appaltatore è tenuto
ad eseguire) non costituiscono un nuovo rapporto ma semplicemente concretano
un’aggiunta all’originario contratto, che già prevedeva questa possibilità. Per
questo motivo in tal caso non vi è necessità di redazione dell’atto in forma
pubblica amministrativa, con conseguente assoggettamento a imposta di registro.
Nel
caso invece in cui l’appaltatore si impegni ad eseguire lavori nuovi e diversi
per un corrispettivo che supera il quinto (o nel caso di veri e propri lavori
extracontrattuali), l’atto di sottomissione non rientra nell’ambito
dell’appalto originario ma costituisce un secondo e autonomo contratto,
modificativo del precedente, come tale sottoposto alle ordinarie norme in tema
di forma dei contratti della p.a.
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