martedì 28 ottobre 2014

GIOVANE PROFESSIONISTA CHE PARTECIPA AD UNA GARA DI APPALTO



Consiglio di Stato Sentenza n. 4929 del 02/10/2014.
La verifica sui cinque anni di abilitazione del giovane professionista che partecipa ad una gara di appalto va calcolata a partire dalla data di pubblicazione del bando e non dalla scadenza dei termini per la presentazione delle offerte.
Si legge nella sentenza:
«l’art. 90, comma 7, d.lgs. n. 163/2006, dispone che il regolamento preveda modalità per promuovere anche la presenza di giovani professionisti nei gruppi concorrenti ai bandi relative ad incarichi di progettazione, concorsi di progettazione, concorsi di idee. L’art. 253, comma 5, d.P.R. n. 207/2010, in relazione alla disciplina dettata per i contratti pubblici relativi a servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari prevede che i raggruppamenti temporanei siano composti anche da un progettista, abilitato all’esercizio della professione da meno di cinque anni.
Né la prima, né la seconda delle disposizioni citate indicano il dies ad quem per computare il termine dei cinque anni. Al riguardo, può quindi valorizzarsi quanto disposto dall’allegato L al d.P.R. n. 207/2010: “Il punteggio è incrementato del cinque per cento qualora sia presente quale progettista nel candidato almeno un professionista che, alla data di pubblicazione del bando di cui all’articolo 264, abbia ottenuto l’abilitazione all’esercizio professionale da non più di cinque anni …”. La norma da ultimo citata indica quale dies ad quem non quello del termine di scadenza per la presentazione delle offerte, ma quello della data di pubblicazione del bando, secondo una logica che ampliando il bacino di soggetti che ne possono fruire appare in linea con il principio del favor partecipationis e che di fatto incrementa le possibilità di partecipazione a favore dei giovani professionisti rispetto ad un lasso temporale di cinque anni, che appare abbastanza ristretto».

venerdì 24 ottobre 2014

L'ESTETICA DEL CONDOMINIO VA SALVAGUARDATA



Con la sentenza n. 20985 depositata il 6 ottobre 2014, la sezione II civile la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da due cittadini condannati alla rimozione di condizionatori apposti sulla facciata esterna del condominio e all'integrale ripristino dello stato dei luoghi. 
Secondo la Cassazione, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio. 
Inoltre, la relativa valutazione spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione.
Nel caso in esame, l'apposizione dei macchinari per il condizionamento è stata oggetto anche di un procedimento amministrativo di sanatoria, in quanto l'immobile in questione era situato in una zona soggetta a vincoli urbanistici.
Secondo i ricorrenti la Corte di merito avrebbe considerato alterato il decoro architettonico del fabbricato per effetto della realizzazione dell'impianto in oggetto senza valutare la obiettiva rilevanza, incidenza e gravità delle innovazioni di cui si tratta e la idoneità delle stesse a produrre un pregiudizio economicamente apprezzabile. A maggior ragione tale valutazione sarebbe stata necessaria in considerazione dell'intervenuta sanatoria in via amministrativa delle opere realizzate, evidentemente ritenute perciò non pregiudizievoli per l'ambiente. 
Questa censura, per la Cassazione, è infondata in quanto “la sentenza impugnata, premesso che il fabbricato aveva struttura e linee architettoniche residenziali ed era inserito in un ambito paesaggistico protetto, ha condiviso l'affermazione del primo giudice secondo la quale era facilmente evincibile dalle fotografie prodotte la lesione al decoro architettonico dell'edificio derivante dalle dimensioni delle due apparecchiature e dalla loro collocazione quasi "aggrappati" alla gronda del tetto, di cui rompevano la continuità.
La Corte ha così fatto applicazione dell'art. 1120 c.c., tenuto conto che costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio e che la relativa valutazione spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione (v. Cass., sent. n. 10350 del 2011)”.
Inoltre, “i rapporti tra l'esecutore delle opere e la pubblica autorità investita della tutela urbanistica non possono interferire negativamente sulle posizioni soggettive attribuite agli altri condomini dall'art. 1120 c.c., comma 2, per la preservazione del decoro architettonico dell'edificio.
Ne consegue che, al fine di accertare la legittimità, ai sensi del citato art. 1120 c.c., comma 2, della innovazione eseguita dal proprietario di un piano o di una porzione di piano, in corrispondenza della sua proprietà esclusiva, è irrilevante che l'autorità preposta alla indicata tutela abbia autorizzato l'opera (v. Cass., S.U., sent. n. 2552 del 1975)”.

AVCPass



L'obbligo di verifica dei requisiti attraverso il sistema informatico AVCPass si applica alle procedure di affidamento il cui CIG è stato richiesto a partire dal 1° luglio 2014.
Lo ha precisato il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione con il comunicato del 22 ottobre 2014 (CLICCA QUI).
“L'art. 9, comma 15-ter, d.l. 30 dicembre 2013 n. 150, convertito con modifiche dalla legge 27 febbraio 2014 n. 15, ha ulteriormente prorogato al 1° luglio 2014 il termine di cui all'art. 6-bis, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, ricorda il comunicato del presidente Anac.
 “Ritenuto che, come descritto nell'art. 2, comma 3, della deliberazione n. 111 del 20 dicembre 2012, la procedura per l'utilizzo del sistema AVCPass ha inizio, dopo la registrazione al sistema SIMOG, con l'acquisizione del CIG da parte della stazione appaltante/ente aggiudicatore e la contestuale indicazione del soggetto abilitato alla verifica dei requisiti, si precisa che la verifica dei requisiti attraverso il sistema AVCPass è da ritenersi obbligatoria per le procedure di affidamento il cui CIG è stato richiesto a partire dal 1° luglio 2014”, precisa Anac.