lunedì 31 marzo 2014

ARTICOLI 107 COMMA 2 E 109 COMMA 2 - DECRETO TAMPONE

Pubblicato sulla G.U. n. 73 del 28 marzo 2014 il decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47: Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015; confermata per il momento la disapplicazione degli articoli 107, comma 2 e 109, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, in attesa di un decreto ministeriale provvisorio da adottare entro 30 giorni, nelle more di una modifica regolamentare da emanare entro nove mesi (RIEPILOGO)
Nel decreto legge n. 47/2014, in vigore dal 29 marzo 2014, l'articolo 12, recante “Disposizioni urgenti in materia di qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici”, stabilisce che:

“Al fine di garantire la stabilità del mercato dei lavori pubblici nell’attuale periodo di difficoltà economica per le imprese del settore, nelle more dell’emanazione, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, delle disposizioni regolamentari sostitutive delle disposizioni di cui agli articoli 107, comma 2, e 109, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, annullate dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 novembre 2013, n. 280, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le categorie di lavorazioni di cui all’Allegato A del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 che, in ragione dell’assoluta specificità, strettamente connessa alla rilevante complessità tecnica o al notevole contenuto tecnologico, richiedono che l’esecuzione avvenga da parte di operatori economici in possesso della specifica qualificazione. Il decreto individua altresì, tra di esse, le categorie di lavorazioni per le quali trova applicazione l’articolo 37, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.”

domenica 30 marzo 2014

CRITERI DI SELEZIONE DEI COMPONENTI DELLE COMMISSIONI

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 942/2014, depositata il 28 febbraio 2014, ha ribadito che nella commissione di gara d'appalto, i componenti diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcuna altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.
Questa incompatibilità mira a garantire l'imparzialità dei commissari di gara che abbiano svolto incarichi relativi al medesimo appalto, ad es. incarichi di progettazione, di verifica della progettazione, incarichi di predisposizione della legge di gara e simili e non incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altri appalti.
L’art.84, comma 8, del Codice stabilisce che i commissari diversi dal presidente sono selezionati fra i funzionari della stazione appaltante e che, in caso di accertata assenza nell’organico di adeguata professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, sono scelti tra i funzionari  di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma venticinquesimo, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle categorie di: a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell'albo di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali; b) professori universitari di ruolo, nell'ambito di un elenco, formato sulla base di candidati forniti dalle facoltà di appartenenza.

Questa norma, evidenzia il Consiglio di Stato, “mira a disciplinare la nomina di membri esterni secondo un criterio imparziale. In giurisprudenza si ritiene che la disposizione sia espressione di un principio di carattere generale riguardante tutte le gare di appalto di lavori, servizi e forniture, tesa a dare concreta attuazione ai principi di imparzialità e buona amministrazione predicati all'articolo 97 della Costituzione; in particolare, si sforza di conciliare i principi di economicità, di semplificazione e di snellimento dell'azione amministrativa con quelli di trasparenza, efficacia ed adeguatezza, obiettivizzando, per quanto possibile, la scelta dei componenti delle commissioni, così sottraendola a possibili elementi di eccessiva discrezionalità o di arbitrio dell'amministrazione aggiudicatrice che possano pregiudicarne proprio la trasparenza e l'imparzialità (Consiglio Stato, Sez. V, 25 luglio 2011 n. 4450)”.

sabato 29 marzo 2014

APPLICAZIONE DELL'ART.82 COMMA 3-BIS DEL CODICE

L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici si è espressa in merito all’applicazione dell’art. 82, comma 3-bis, del D. Leg.vo 163/2006 (introdotto dal D.L. 69/2013 - cosiddetto decreto “del fare” convertito in legge della L. 98/2013) con l’Atto di segnalazione n. 2/2014 in data 19/03/2014, recante “Disposizioni in materia di costo del lavoro negli appalti pubblici di cui all’art. 82, comma 3-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163”.

L’AVCP sottolinea le numerose criticità applicative poste dalla norma in questione, concludendo in pratica che questa, così come attualmente scritta, non può essere applicata senza incorrere nelle criticità evidenziate nonché senza ingenerare effetti distorsivi del mercato.
Il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa, che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art.41 Costituzione) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante.

Vi è la necessità di salvaguardare anche il principio dell’autonomia imprenditoriale, in perfetta coerenza con il diritto comunitario, di cui tiene conto lo stesso articolo 55 della direttiva 2004/18 (recepito negli artt. 87 e 88 del Codice), laddove, sostanzialmente, ammette giustificazioni in relazione ad elementi che influenzano il costo “complessivo” del personale e tutela il solo costo “unitario”. 
In pratica, la stazione appaltante non dovrà effettuare alcun calcolo o artifizio contabile per determinare a priori un costo del personale o della sicurezza generica, non avendo la legge in alcuna parte stabilito tale incombenza e per il semplice fatto che la stazione appaltante non può in alcun modo conoscere tale importo se non in termini del tutto ipotetici o di semplice stima.

lunedì 24 marzo 2014

SUDDIVISIONE IN LOTTI

a) nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, “al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese”, si stabilì che le stazioni appaltanti dovessero (obbligo vero e proprio), ma “ove possibile ed economicamente conveniente” suddividere gli appalti in lotti funzionali;
b) e in ogni caso, per la realizzazione delle grandi infrastrutture la stazione appaltante “deve garantire modalità di coinvolgimento delle piccole e medie imprese”.
Dunque, suddividere in lotti, per abbassare la base di gara e ridurre le lavorazioni, così da permettere la possibilità di partecipare alle gare anche ad imprese con qualificazioni Soa di livello più basso o, comunque, di affrontare il rischio operativo.

La visione normativa di favore verso l’unitarietà e concentrazione delle opere e dei progetti sono presenti nel d.lgs 163/2006, che recepisce le norme comunitarie in materia. Ad esempio l’articolo 29, comma 4, ai sensi del quale “nessun progetto d’opera né alcun progetto di acquisto volto ad ottenere un certo quantitativo di forniture o di servizi può essere frazionato al fine di escluderlo dall’osservanza delle norme che troverebbero applicazione se il frazionamento non vi fosse stato”.
In effetti, a minare questa visione favorevole all’unitarietà degli appalti era già stato lo “statuto delle imprese”, la legge 180/2011, contenente una ricca disciplina dedicata agli appalti pubblici nel suo articolo 13, il cui comma 2, alla lettera a) stabilisce l’obbligo in capo alle amministrazioni di “suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 29 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti in lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento”.
E’ evidente come l’innesto dei commi 1-bis e 1-ter nell’articolo 2 del d.lgs 163/2006 e le previsioni dell’articolo 13 della legge 180/2011 avessero creato una situazione di contrasto interno nel sistema degli appalti. Da un lato, infatti, il favore verso l’unitarietà dei progetti e delle prestazioni, volto ad evitare surrettizi frazionamenti finalizzati ad eludere le regole poste a garanzia della concorrenza attraverso l’eccesso di ricorso a procedure negoziate. Ma, dall’altro, l’indicazione chiara del legislatore di abbassare gli importi ed i livelli di prestazione, per facilitare l’accesso agli appalti per le Pmi, proprio con la suddivisione in lotti come strumento privilegiato.
L’articolo 2, comma 1-bis, del d.lgs 163/2006, pur prevedendo l’obbligo di suddividere in lotti le opere, lo condiziona alla circostanza che ciò risulti “possibile ed economicamente conveniente”. Dunque, nella configurazione iniziale della norma residuava un non irrilevante margine di discrezionalità in capo alle stazioni appaltanti.
Appariva, oggettivamente che, visto l’obbligo a frazionare in lotti, con la determinazione a contrattare fosse necessario spiegare nel dettaglio quali fossero appunto le ragioni che rendessero possibile e conveniente suddividere la prestazione in lotti. Si è per altro manifestata una giurisprudenza non pregiudizialmente contraria alla suddivisione in lotti: Consiglio di Stato, Sezione IV, 13 marzo 2008, n. 1101: “la suddivisione in lotti di un’opera non è in se illegittima, imponendo comunque l’applicazione del diritto comunitario se la somma degli importi dei singoli lotti supera la soglia comunitaria”.
Tuttavia, resta il dato fondamentale della disciplina dei lotti: la loro autonomia funzionale, cioè la necessità che il lotto permetta una piena fruizione e consenta una totale funzionalità dell’opera, per quanto essa alla fine possa risultare l’aggregazione di una serie di più lotti funzionali. Lo dimostra quanto prevede l’articolo 128, comma 7, del d.lgs 163/2006: “un lavoro può essere inserito nell’elenco annuale, limitatamente ad uno o più lotti, purché con riferimento all’intero lavoro sia stata elaborata la progettazione almeno preliminare e siano state quantificate le complessive risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dell’intero lavoro. In ogni caso l’amministrazione aggiudicatrice nomina, nell’ambito del personale ad essa addetto, un soggetto idoneo a certificare la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto”.
A superare il problema della necessità di una motivazione profonda ed estesa circa la possibilità di avvalersi dei lotti, interviene la modifica apportata all’articolo 2, comma 1-bis, del d.lgs 163/2006, da parte dell’articolo 26-bis del d.l. 69/2013, convertito in legge 98/2013, che ha aggiunto il seguente nuovo periodo: “Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti”.
La disposizione normativa, per un verso, dunque, limita lo spazio di discrezionalità discendente dalla circostanza che la suddivisione in lotti sia “possibile e conveniente”. In realtà, pare che per il legislatore detta suddivisione sia sempre possibile e conveniente, salvo prova contraria da fornire con la determinazione a contrattare.
E’ facile immaginare quali problemi simile intervento normativo potrebbe aprire. Oltre ad insistere, inopportunamente, sulla strada della suddivisione in lotti invece che spingere le imprese ad aggregarsi, il legislatore mette le Pmi in condizione di sindacare, di volta in volta, sulla legittimità della scelta delle amministrazioni di non suddividere gli appalti in lotti, potendo partire dalla presunzione che la legge spinge per tale tipo di scelta. Il rischio di un incremento incontrollato di un contenzioso che blocchi le opere pubbliche ed i contratti prima ancora di avviare le gare è elevatissimo; almeno, tanto quanto quello di indurre le amministrazioni, pur di non subire appunto ricorsi sulle determinazioni a contrattare, di suddividere sempre le opere in lotti, prescindendo dal requisito dell’autonomia funzionale, posto, però, a presidio di un interesse generale di valore più elevato, almeno stando anche alle direttive comunitarie: la garanzia della concorrenza e la transnazionalità.
La normativa introdotta a partire dallo “statuto delle imprese”, così come andata evolvendosi fino al decreto del “fare”, dunque, porta a più di qualche perplessità sia sul piano strettamente funzionale, sia sul rispetto dei principi del Trattato Ue.

Talmente forte è l’intento del legislatore di favorire la partecipazione agli appalti delle Pmi, anche a rischio di contrastare con i principi del Trattato, che il decreto “fare” ha modificato anche l’articolo 6, comma 5, del codice dei contratti, in modo che l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici operi per garantire l’osservanza dei principi di cui all’articolo 2: oltre ai principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, anche la tutela delle piccole e medie imprese “attraverso adeguata suddivisione degli affidamenti in lotti funzionali”, ma anche vigilando che siano rispettate le regole della concorrenza nelle singole procedure di gara!

CONTENUTI DEL PROGETTO DEFINITIVO E ADEGUAMENTO DEL PROGETTO ESECUTIVO A UNA NUOVA NORMATIVA

La questione sottoposta all’Autorità riguarda in sostanza due aspetti:
a) se i contenuti della progettazione definitiva posta a base della gara in esame siano rispettosi della normativa vigente in materia;
b) se è corretto addossare ai concorrenti nel corso della redazione del progetto esecutivo l’adeguamento ad una nuova normativa antisismica della quale il progetto a base di gara non tiene conto.
Sul primo aspetto, si osserva che l’appalto è stato indetto ai sensi dell’articolo 53, comma 2, lettera b) (progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori sulla base di un progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice) del d.lgs. n. 163/2006. La redazione del progetto esecutivo nel caso di un appalto indetto ai sensi dell’articolo 53, comma 2, lettera b) è disciplinata dall’articolo 169 del DPR n. 207/2010. Il contenuto del progetto definitivo da porre a base di gara è specificato nell’articolo 28, comma 2, lettera h) (elaborati grafici nella diversa scala prescritta da normative specifiche e comunque non inferiori a 1:100 atti ad illustrare il progetto strutturale nei suoi aspetti fondamentali, in particolare per quanto riguarda le fondazioni). Il comma 2 dell’articolo 169 del DPR n. 207/2010 dispone che “qualora il progettista dell’esecutivo ne ravvisi la necessità, l’affidatario, previa informazione al responsabile del procedimento perché possa eventualmente disporre la presenza del direttore dei lavori, provvede all’effettuazione di studi o indagini di maggior dettaglio o verifica rispetto a quelli utilizzati per la redazione del progetto definitivo, senza che ciò comporti compenso aggiuntivo alcuno a favore dell’affidatario.”
Dalla nota inviata dal Comune si constata che il progetto posto a base di gara non era un progetto definitivo ma un progetto esecutivo redatto con le norme vigenti nell’anno 2007 e, cioè, con le norme del DPR n. 554/1999, declassato a progetto definitivo al fine di poter indire una gara che prevedesse l’affidamento all’aggiudicatario della progettazione esecutiva, e ciò in quanto la normativa antisismica era stata modificata e la progettazione esecutiva ne avrebbe dovuto tenere conto. Poiché sul piano della sostanza tecnica i contenuti dei progetti definitivi ed esecutivi specificati nei DPR n. 554/1999 e n. 207/2010, fatto salvo una maggiore definizione descrittiva nel DPR n. 207/2010, sono da considerarsi completamente uguali non può, quindi, non ritenersi che il progetto posto a base di gara avesse i contenuti di un progetto definitivo. Anzi, nel caso in esame, aver posto un progetto di strutture già elaborato al livello esecutivo come progetto definitivo è da considerarsi sicuramente positivo.
Va poi osservato che l’appalto prevede il corrispettivo “a corpo” e l’offerta di prezzo mediante la cosiddetta “offerta a prezzi unitari” che comporta, ai sensi dell’articolo 119, comma 5, del DPR n. 207/2010, l’obbligo per i concorrenti di “integrare o ridurre le quantità che valuta carenti o eccessive e a inserire le voci e relative quantità che ritiene mancanti rispetto a quanto previsto negli elaborati grafici e nel capitolato speciale nonché negli altri documenti che è previsto facciano parte del contratto, alle quali applica i prezzi unitari che ritiene di offrire.”
Nella stessa nota il Comune precisa che negli artt. 7 e 8 del Capitolato Speciale di Appalto ha riportato “i riferimenti normativi sulla redazione dei calcoli delle strutture sia per il progetto definitivo che per il progetto esecutivo, in modo da permettere a tutti gli operatori economici che avrebbero avuto interesse a partecipare alla gara in questione di avere certezza sia sugli elaborati posti a base di gara che su quelli da redigersi successivamente alle stipula del contratto”. Nella stessa nota informa che “le spese per la progettazione esecutiva e, quindi, anche quelle per l'adeguamento dei citati calcoli strutturali alle NTC 2008 sono comprese nell'importo dell'appalto”. Queste disposizioni consentono ai concorrenti di applicare, con piena conoscenza dei fatti condizionanti l’offerta di ribasso, quanto disposto dall’articolo 119, comma 5, DPR n. 207/2010 e cioè di “integrare o ridurre le quantità che valuta carenti o eccessive e a inserire le voci e relative quantità che ritiene mancanti rispetto a quanto previsto negli elaborati grafici e nel capitolato speciale nonché negli altri documenti che è previsto facciano parte del contratto, alle quali applica i prezzi unitari che ritiene di offrire”.

Alla luce di quanto illustrato non sono da ritenersi fondati i rilievi avanzati dall’istante in merito al contenuto del progetto definitivo posto a base di gara. Non sono da ritenersi fondati neanche i rilievi in merito alle norme tecniche da applicare in quanto non vi è dubbio che in sede di progettazione esecutiva le strutture dovranno essere calcolate con la normativa vigente al momento della progettazione esecutiva e, ciò, indipendentemente dalla normativa, fra l’altro precisata in sede di gara, con la quale era stato predisposto il progetto posto a base di appalto. In sede di offerta i concorrenti, ove lo riterranno necessario, sulla base delle esperienze dei propri tecnici potranno, come specifica l’articolo 119, comma 5, del DPR n. 207/2010, apportare alle strutture e, conseguentemente, al prezzo offerto, le modifiche che riterranno necessarie.

INDIVIDUAZIONE DELLE CATEGORIE GENERALI O SPECIALI

La corretta individuazione delle categorie generali o speciali di cui si compone l’appalto rientra nelle specifiche competenze ed attribuzioni del progettista. La stazione appaltante riporta nel bando di gara le categorie di lavori e le relative classifiche individuate dal progettista, alle quali si deve fare esclusivamente riferimento ai fini della partecipazione all’appalto ed alla relativa qualificazione. Il bando di gara, inoltre, deve indicare non soltanto l’importo complessivo dell’intervento nonché la categoria prevalente ed il suo specifico importo, ma anche tutti gli eventuali sottoinsiemi costituenti l’intervento medesimo diversi da quelli appartenenti alla categoria prevalente (cioè le categorie scorporabili). Devono essere specificati, per ogni sottoinsieme, categoria ed importo, soltanto, però, se tali sottoinsiemi di lavorazioni costituiscano un lavoro autonomo e siano di importo superiore al 10% dell’importo complessivo dell’appalto, oppure di importo superiore a 150.000 euro.

La corretta individuazione delle categorie, generali o speciali, da indicare nel bando rientra nelle specifiche competenze e attribuzioni del progettista e, pertanto, ricade nella sua sfera di responsabilità. La stazione appaltante, peraltro, al fine della corretta individuazione nel bando medesimo della categoria prevalente, deve tenere conto delle indicazioni operative fornite da questa Autorità (cfr. determinazione 7 maggio 2002, n. 8).

Ai fini della partecipazione all’appalto e della relativa qualificazione del concorrente, si deve far riferimento esclusivamente alle categorie e classifiche indicate nel bando di gara. L’individuazione da parte del progettista delle categorie di qualificazione e delle relative classifiche, peraltro, se realizzata in maniera arbitraria, illogica o irragionevole, può incidere profondamente sulla partecipazione alla procedura selettiva con effetti distorsivi della concorrenza. È corretto l’operato del progettista che imputi alla categoria OS 21 il compenso relativo alla voce “Impianto (elettrico) di cantiere e successiva smobilitazione”. Diversamente, sarebbe illogico imputare alla stessa categoria la voce “imprevisti e varie”, non essendo possibile conoscere a priori la natura degli eventuali imprevisti.


La corretta individuazione delle categorie generali o speciali di cui si compone l’appalto, nonché l’effettuazione dell’ulteriore scomposizione ed individuazione dei corpi d’opera rientra nelle specifiche competenze e attribuzioni del progettista. Una volta che il questi abbia individuato gli importi della categoria prevalente e delle categorie scorporabili dedotte in appalto, la stazione appaltante, attenendosi alle indicazioni rinvenibili nel progetto, riporta nel bando di gara la classifica di iscrizione nelle specifiche categorie generali e/o speciali coerente con gli importi delle citate categorie, necessaria per la qualificazione.

domenica 23 marzo 2014

APPLICAZIONE DELL'ART. 82 COMMA 3BIS DEL CODICE

Tale nuova disposizione normativa è inerente al criterio del prezzo più basso valutato anche sulla base del costo del personale e degli adempimenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
La nuova norma stabilisce che “Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Il Gruppo di lavoro interregionale “Contratti pubblici” presso ITACA (Istituto per l'innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale) ha realizzato un documento (CLICCA QUI) che fornisce alla stazioni appaltanti le prime indicazioni operative in merito all'applicazione del nuovo comma 3-bis.

In seguito all’inserimento della nuova disposizione, l’art. 82 del Codice (“Criterio del prezzo più basso”) risulta cosi riformulato:
«1. Il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, è determinato come segue.
2. Il bando di gara stabilisce:
a) se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a misura, è determinato mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;
b) se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a corpo, è determinato mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari.
3. Per i contratti da stipulare parte a corpo e parte a misura, il prezzo più basso è determinato mediante offerta a prezzi unitari.
3-bis. Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
4. Le modalità applicative del ribasso sull'elenco prezzi e dell'offerta a prezzi unitari sono stabilite dal regolamento».

Il Regolamento di attuazione del Codice, DPR 207/2010, negli appalti di lavori, ai fini della determinazione del prezzo più basso identifica due modalità applicative: Art. 118. Aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante massimo ribasso sull’elenco prezzi o sull’importo dei lavori; Art. 119. Aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari.
Il documento predisposto da ITACA precisa che “la nuova disposizione si differenzia dalla precedente poi abrogata essenzialmente per il fatto che essa è introdotta all’art. 82 del Codice – Criterio del prezzo più basso – anziché all’ art. 81 – Criteri per la scelta dell’offerta migliore -, pertanto l’applicazione della norma è obbligatoria quando il criterio individuato per la scelta dell’offerta è quello del prezzo più basso e non più anche per quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa così come previsto dalla norma a suo tempo abrogata”.
La portata innovativa del nuovo comma 3-bis risiede nel fatto che “la nuova disciplina, nella fattispecie di scelta del contraente mediante il criterio del prezzo più basso, non limita più l’azione ad un mero controllo di congruità formulato sulla base di valutazioni parametriche e decontestualizzate, ma richiede che il costo del lavoro sia valutato puntualmente in quanto “costo puro ed incomprimibile” da non assoggettare al mercato, in perfetta analogia con i costi aggiuntivi per la sicurezza desunti in fase progettuale”.
La norma, dopo aver precisato all’art 82, comma 1, che “ il prezzo più basso (è quello) inferiore a quello posto a base di gara” (pertanto è chiaramente quello offerto dall’impresa), precisa poi al comma 3 bis come tale prezzo deve essere determinato, evidentemente dall’impresa stessa (il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, …. valutato…), evidenziando in maniera chiara che la valutazione relativa alla congruità di quanto indicato in offerta è rimessa alla stazione appaltante alla quale la norma da precisi riferimenti circa le modalità per effettuare tale valutazione.
Da queste considerazioni discende che il costo della manodopera è da intendersi esclusivamente come il costo “vivo” e “non negoziabile” – sotto il quale cioè non è possibile scendere nella retribuzione oraria di un lavoratore - costo tutelato in quanto comprensivo degli oneri sociali e contributivi, e come tale da intendersi al netto di spese generali ed utile di impresa, in quanto questi ultimi rappresentativi, al contrario, della quota di costo che deve andare a mercato, nell’ambito del gioco concorrenziale (ossia l’offerta a ribasso) della gara.
Nella parte finale del nuovo comma 3-bis si richiamano le “misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. Questo richiamo secondo ITACA “pare ragionevolmente intendersi come rinvio a quanto già previsto dal tessuto normativo di settore (in particolare dal D.Lgs. 81/08, D.Lgs. 163/06 e D.P.R. 207/10), ossia, per la componente da sottrarre dal ribasso, ai soli costi per la sicurezza derivanti dagli elaborati progettuali specifici”.

In materia di lavori pubblici, ITACA precisa che la modalità di definizione delle spese per il personale, da non sottoporre al confronto concorrenziale, può avvenire in modo analitico o parametrico.
Per quanto riguarda la determinazione in modo analitico, tra gli elaborati di ogni progetto di opere pubbliche vi sono il Computo metrico estimativo, l’elenco prezzi, e l’analisi prezzi. L’elenco prezzi può essere desunto in tutto o in parte dagli elenchi prezzi ufficiali di cui all’art. 133 del Codice. Qualora gli elenchi prezzi ufficiali siano supportati da analisi, dalle stesse può essere ricavata l’incidenza del costo della manodopera per quantità unitaria e in analogia, qualora il prezzo sia analizzato direttamente dal progettista, dalla stessa analisi si può ricavare l’incidenza di interesse.
La determinazione in modo parametrico, più immediata, richiede a monte la definizione di costi standard per tipologie di opere. Nel campo dei Lavori Pubblici, in mancanza degli accordi di cui all’art. 118, comma 6-bis, del Codice, secondo ITACA sembra potersi fare riferimento alle tabelle di cui al DM Ministero LLPP dicembre 1978, che suddivide in alcune categorie i lavori pubblici e per ogni categoria definisce le incidenze della manodopera, dei materiali e dei noli. A titolo esemplificativo, dette tabelle prevedono un incidenza della manodopera del 18% per le opere stradali e del 40% per le opere edili. Risulta chiaramente indispensabile, per poter correttamente operare, un aggiornamento da parte del Ministero di dette tabelle, magari rapportandole alle nuove categorie di riferimento OG e OS. Nel documento si segnalano le tabelle riportate nell’“Avviso Comune” sottoscritto tra le principali rappresentanze datoriali e sindacali del 28/10/2010 con i quale si definiscono gli indici minimi di congruità di incidenza del costo del lavoro della manodopera sul valore dell’opera, al di sotto dei quali scatta la presunzione di non congruità dell’impresa.
Chiarito quale sia la quota di incidenza di manodopera, al netto delle spese generali e dell’utile di impresa, occorrerà tenerne adeguata considerazione ai fini della redazione degli elaborati progettuali e delle modalità applicative in fase esecutiva delle opere. Gli strumenti impiegati eventualmente a supporto (vedasi i prezzari regionali) dovranno a loro volta essere in grado di recepire e fornire i dati richiesti dal progetto.

Per quanto attiene l’affidamento dei servizi di ingegneria, nel documento di ITACA si ricorda che di norma il Responsabile del Procedimento dovrebbe coincidere con lo stesso nominato dall’Amministrazione per i lavori.
Il progettista del servizio di ingegneria deve stimare il costo del personale (al netto delle spese generali ed utile) da indicare quale quota parte da non assoggettare al mercato e quindi da sottrarre alla quota assoggettata a ribasso. Nell’ambito del costo del personale, il costo del collaboratore che svolge comunque attività di ingegneria e architettura, dovrebbe rientrare nel “costo dell’opera di ingegno” in quanto è l’ingegno del collaboratore ad essere utilizzato, mentre potrebbe rientrare nel “costo industriale” il costo del personale addetto alla produzione degli elaborati tecnici e amministrativi, alle attività commerciali e di funzionamento della struttura ed etc.
La normativa non prescrive diverse fasi del progetto e si limita genericamente a prevedere l’articolazione in un unico livello e tra i documenti indica “c) il calcolo della spesa per l’acquisizione del bene o del servizio con indicazione degli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso di cui alla lettera b)”, che ora da intendersi integrato con il calcolo del costo del personale e “f) lo schema di contratto”, che dovranno indicare il valore del costo del personale sottratto al ribasso offerto.
Alcuni studi condotti dagli ordini professionali ipotizzano che le prestazioni dei servizi di ingegneria siano composti sostanzialmente da tre componenti: il costo industriale per la produzione del servizio; il valore del rischio professionale insito nell’attività; il valore dell’opera d’ingegno.
Attualmente non esistono tabelle ufficiali che suddividano l’importo complessivo nelle sue componenti a seconda della natura e complessità del servizio. Nell’ambito del costo industriale vi è il costo del personale, il costo dei mezzi impiegati, i consumi e le spese generali e gli utili. Sulla base delle suddivisioni sopra esposte il progettista del servizio può cercare di identificare la componente relativa al valore del costo del personale al netto di spese generali ed utili in ragione della natura del servizio e dell’opera con riferimento alla quale richiede la prestazione. Inoltre i Consigli Nazionali degli Ordini Professionali tecnici nel documento presentato nel corso della consultazione del 2011 dell’AVCP hanno proposto una formula per la determinazione del “costo del personale”.





sabato 22 marzo 2014

RESPONSABILITÀ DEL DIRETTORE DEI LAVORI

Il direttore dei lavori non solo ha il dovere di vigilare sulla corretta esecuzione delle lavorazioni da parte dell’appaltatore ma, in caso di danni, deve valutare non solo i difetti di esecuzione ma effettuare anche una verifica di eventuali inconvenienti riferibili alla progettazione. 
È questo il principio affermato dalla Corte dei Conti con Sentenza del 03/01/2014, n. 3.
Nel caso esaminato dalla Corte il tecnico di un Comune era stato nominato responsabile del procedimento per la realizzazione di un campo da calcio e aveva conferito l’incarico di redazione del progetto esecutivo e direzione lavori a due professionisti. In seguito il tecnico comunale aveva incaricato un geologo per la predisposizione di uno studio geotecnico dell’area il quale aveva autorizzato la realizzazione del progetto. Le conclusioni del geologo erano, però, state contraddette dall’Autorità di Bacino ma il progetto era stato comunque approvato. In seguito si era verificato uno smottamento.
La Corte dei Conti ha spiegato che la responsabilità dei danni, corrispondenti alle spese sostenute inutilmente per la realizzazione di una struttura contenente dei difetti, è del direttore dei lavori; i giudici ritengono, infatti, che le omissioni commesse nella direzione dei lavori, in merito ai materiali usati e alla corretta esecuzione, sono sufficienti a determinare la responsabilità del direttore dei lavori.
Non è sufficiente dire che lo smottamento è da ricondursi non già a difetti di progettazione (progettazione di cui è parte integrante la relazione geologica) bensì a difetti di esecuzione addebitabili all'impresa appaltatrice, per escludere ogni responsabilità di coloro i quali, come i direttori dei lavori, sono designati proprio per vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori da parte dell'appaltatore.

Nella sentenza si legge «rientrava pienamente nei compiti in capo alla direzione lavori la vigilanza sulla corretta esecuzione dei lavori e sulla conformità qualitativa e quantitativa dei materiali utilizzati, ed i fatti dimostrano chiaramente che ciò non è avvenuto e che, di conseguenza, si è verificato l'evento lesivo. Competeva al direttore dei lavori verificare l'idoneità dei materiali, la rispondenza alle regole dell'arte delle modalità esecutive degli interventi e la verifica dell'adeguatezza del piano di posa».

CONTRATTO DI GLOBAL SERVICE

L’obbligo di risultato consente di assimilare il contratto di global service al contratto di appalto misto.
Questa la tesi sostenuta dalla sezione I del Tar Campania Napoli con la sentenza n. 1586 del 19 marzo 2014, avente ad oggetto una gara indetta con bando per l'affidamento del servizio integrato per la gestione e la manutenzione quinquennale del patrimonio infrastrutturale stradale.
Nel bando di gara era precisato che tale servizio integrato è “effettuato con la tipologia del 'Global service' inerente la gestione e manutenzione del patrimonio infrastrutturale stradale”. La norma UNI 10685/1998 definisce global service quel “contratto basato sui risultati, che comprende una pluralità di servizi sostitutivi delle normali attività di manutenzione, con piena responsabilità dei risultati da parte dell’Assuntore”.
Il Tar Campania osserva che è proprio quest’obbligo di risultato che consente l’assimilazione del contratto di global service al contratto di appalto (vedi Consiglio di Stato, sez. VI, 6.7.2006 n. 4292), quale particolare tipologia di contratto misto, ex art. 15 del D.Lgs. n. 163/2006, con prevalenza funzionale dei servizi e/o forniture rispetto ai lavori.

 “Il contratto di global service, di derivazione anglosassone, si è via via diffuso, anche nel campo pubblicistico, quale figura negoziale attraverso la quale si affidano ad un unico soggetto tutte le attività di gestione e manutenzione di rilevanti patrimoni immobiliari”. Infatti, “lo strumento giuridico permette di superare la tradizionale concezione della manutenzione – ispirata all’ottica dell’emergenza, limitata alla sola realizzazione degli interventi a seguito di guasto e di ordini di lavoro dell’amministrazione – attraverso un nuovo modello fondato su una più ampia strategia gestionale delle varie operazioni da svolgere e tale da assicurare in modo più congruo i principi di buon andamento, efficienza ed economicità. Tale complessa attività, partendo dalla conoscenza dei beni e dalla valutazione del relativo stato di conservazione, assicurate attraverso visite periodiche ed un costante monitoraggio preventivo, passa attraverso la pianificazione e progettazione degli interventi e la gestione informatizzata dei dati e delle comunicazioni, per arrivare fino all’esecuzione dei lavori necessari per prevenire i rischi ed eliminare le anomalie e i guasti”.

SEMPLIFICAZIONE IN MATERIA DI DURC

Entrata in vigore del provvedimento: 21/03/2014

Il provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri del 12 marzo scorso, contiene all'articolo 4 un'importante semplificazione in materia di Durc (Documento unico di regolarità contributiva).
Viene disposto che a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, chiunque vi abbia interesse verifica con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale la regolarità contributiva nei confronti dell’Inps, dell’Inail e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell’edilizia, nei confronti delle Casse edili.
L'esito dell'interrogazione ha validita' di 120 giorni dalla  data  di  acquisizione  e  sostituisce  ad  ogni effetto  il  DURC, ovunque previsto,  fatta  eccezione  per  le  ipotesi  di  esclusione individuate dal decreto di cui al comma 2.
Con questo decreto sono definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica nonché le ipotesi di esclusione.
Il decreto da emanare è ispirato ai seguenti criteri:
a) la verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive e comprende anche le posizioni dei lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto che operano nell’impresa;
b) la verifica avviene tramite un’unica interrogazione negli archivi dell’Inps, dell’Inail e delle Casse edili che, anche in cooperazione applicativa, operano in integrazione e riconoscimento reciproco, indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare;
c) nelle ipotesi di godimento di benefici normativi e contributivi sono individuate le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da considerare ostative alla regolarità, ai sensi dell’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Un'altra importante novità, contenuta al comma 3 dell'articolo 4 del DL 34/2014, cancella l'obbligo dell'AVCpass per quanto riguarda le verifiche della regolarità contributiva prevista dal Codice dei Contratti. 
Viene infatti disposto che l’interrogazione eseguita assolve all’obbligo di verificare la sussistenza del requisito di ordine generale di cui all’articolo 38, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice Appalti) presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici dall’articolo 62 -bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Dalla data di entrata in vigore del decreto, sono abrogate tutte le disposizioni di legge incompatibili con i contenuti del presente articolo.
Il decreto può essere aggiornato annualmente sulla base delle modifiche normative o della evoluzione dei sistemi telematici di verifica della regolarità contributiva.

giovedì 20 marzo 2014

ARTICOLI 107 COMMA 2 E 109 COMMA 2 DEL REGOLAMENTO: IN ATTESA DI NUOVO DECRETO

Non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto-legge sul “Piano Casa” approvato mercoledì 12/3/2014 dal Consiglio dei Ministri dove sembra sia stato inserito un articolo rubricato come “Disposizioni urgenti in materia di qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici” in cui si stabilisce che il Governo avrà dodici mesi di tempo dall'entrata in vigore del decreto per trovare una soluzione definitiva alla cancellazione degli articoli 109, comma 2 e 107, comma 2 del regolamento appalti (Dpr 207/2010) decisa dal Consiglio di Stato con il parere reso operativo dal Dpr 30 ottobre 2013.
Con il nuovo articolo inserito all’interno del decreto-legge relativo al “Piano casa” si dovrebbe prevedere:
per 12 mesi tutto (o quasi) resta com'è e vengono fatti salvi i bandi e i contratti stipulati in forza del decreto decaduto, evitando il rischio ricorsi che aveva preoccupato non poco le stazioni appaltanti;
vengono modificate le categorie a qualificazione obbligatoria e anche quelle superspecialistiche, quelle cioè che individuano attività talmente complesse che oltre una certa soglia impediscono il subappalto e obbligano l'appaltatore principale a formare un'Ati verticale con l'impresa specializzata.
Dalle categorie specialistiche a qualificazione obbligatoria escono otto categorie su 33. Si tratta di Os 9 (segnaletica luminosa), Os 12B (barriere paramassi), Os 15 (pulizia acque marine, fluviali, lacustri), Os16 (centrali energia elettrica), Os 17 (impianti telefonici), Os 19 (reti Tlc), Os 23 (demolizioni) e Os 31 (impianti mobilità sospesa). Restano a qualificazione obbligatoria invece tutte le opere generali.
Non saranno poi considerate appartenenti alle categorie specialistiche le categorie Og 12 (opere di bonifica) , Os 3 (impianti idrico-sanitari), Os 5 (impianti antiintrusione), Os 8 (impermeabilizzazioni), Os 20-A (rilevamenti topografici) e Os 20-b (indagini geognostiche), Os22 (impianti di potabilizzazione e depurazione), Os 29 (armamento ferroviario) e Os 24 (sistemi antirumore).

Riepilogo della vicenda:
- il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3014/2013 si era espresso in merito al ricorso straordinario n. 3909 dell'8 aprile 2011 proposto da AGI (Associazione Imprese Generali) ed altri nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri accogliendo, parzialmente, il ricorso con riferimento all'impugnazione degli articoli 109, comma 2 (in relazione all'allegato A, e, in particolare, alla «Tabella sintetica delle categorie»), 107, comma 2, 85, comma 1, lettera b), numeri 2 e 3) e ha disposto che a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti venga data pubblicità del decreto nelle medesime forme dell'atto annullato;
- l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture era intervenuta sull’argomento con l’atto di segnalazione n. 3 del 25 settembre 2013 in cui fornisce alcuni spunti di riflessione in merito alle modifiche del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione, D.P.R. n. 207/2010 che si rendono necessarie per superare gli elementi di criticità evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere consultivo n. 3014/2013, sempre con riferimento al sistema della qualificazione nel settore dei lavori;
- successivamente era stato pubblicato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013 recante “Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da AGI - Associazione imprese generali ed altri contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri per l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 ed in particolare delle seguenti disposizioni in parte qua: articolo 109, comma 2, articolo 107, comma 2; Allegato A, articolo 79, commi 17, 19 e 20; articolo 85, commi 1 e 2; articolo 86, comma 1, articolo 83, comma 4, articolo 357, comma 12; articolo 92, comma 2” con cui, di fatto, il Presidente della Repubblica accoglieva il ricorso dell’AGI ed annullava le norme di cui agli artt. 109, comma 2 e 107, comma 2, del Regolamento relative all’individuazione delle categorie a qualificazione obbligatoria e delle categorie cosiddette superspecialistiche o SIOS per le quali, in mancanza di qualificazione vige, rispettivamente, l’obbligo del subappalto e, per le SIOS, l’obbligo di partecipazione in ATI verticale al fine di poter eseguire quella parte di lavori non subappaltabile;
- con il citato D.P.R. veniva annullato, anche, l’art. 85, comma 1, lett. b) nn. 2 e 3 del Regolamento, nella parte in cui prevedeva un limite all’utilizzabilità, ai fini della qualificazione nella categoria scorporabile, dei lavori affidati in subappalto, se questo ha superato il 30% dell’importo della categoria scorporabile a qualificazione non obbligatoria, ovvero il 40% nel caso di categoria a qualificazione obbligatoria;
- dal 31 dicembre, con la pubblicazione del citato Decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151, veniva sospeso il Decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013 e veniva precisato che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto- legge e, quindi, entro il 31 maggio 2014 avrebbero dovuto essere adottate, secondo la procedura prevista all'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le disposizioni regolamentari sostitutive degli articoli 107, comma 2, e 109, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, annullate dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013 nonché le conseguenti modifiche all'Allegato A del predetto regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 con la precisazione che nelle more dell'adozione delle disposizioni regolamentari sostitutive, continuano a trovare applicazione, in ogni caso non oltre la data del 30 settembre 2014, le regole previgenti;

- dall’1/3/2014 con la mancata conversione il legge del decreto-legge n. 151/2013 non è più sospeso il D.P.R. 30 0ttobre 2013.

martedì 18 marzo 2014

SISTEMA DI GARANZIA GLOBALE DI ESECUZIONE

Art. 129 del Regolamento. Istituzione e definizione del sistema di garanzia globale di esecuzione
1. Ai sensi dell’articolo 129, comma 3, del codice, è istituito il sistema di garanzia globale di esecuzione.
2. La garanzia globale di esecuzione consiste nella garanzia fideiussoria di buon adempimento di cui all’articolo 113 del codice e nella garanzia di subentro di cui all’articolo 131, comma 1, lettera b), del presente regolamento.
3. La garanzia globale è obbligatoria per gli appalti di progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori di ammontare a base d’asta superiore a 75 milioni di euro, per gli affidamenti a contraente generale di qualunque ammontare, e, ove prevista dal bando o dall’avviso di gara, per gli appalti di sola esecuzione di ammontare a base d’asta superiore a 100 milioni di euro.

Art. 357 comma 5 del Regolamento
Le disposizioni della parte II, titolo VI, capo II (sistema di garanzia globale), si applicano ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indice una gara siano pubblicati a decorrere dal 30 giugno 2014, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, ai contratti in cui gli inviti a presentare le offerte siano inviati a decorrere dal 30 giugno 2014.
(il termine è differito al 30 giugno 2014 dall'art. 21 del legge n. 98 del 2013)

venerdì 14 marzo 2014

MILLEPROROGHE 2013


Rinviato al 1° luglio 2014 l’obbligo di concentrazione degli appalti dei piccoli comuni (art. 33, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006)

Art. 3. (Proroga di termini di competenza del Ministero dell’interno)
1-bis. Il termine di cui all'articolo 23, comma 5, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, già prorogato ai sensi dell'articolo 29, comma 11-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, e dell'articolo 5-ter del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, è ulteriormente differito al 30 giugno 2014. Sono fatti salvi i bandi e gli avvisi di gara pubblicati dal 1º gennaio 2014 fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Rinvio di termini relativi alla qualificazione delle imprese

Art. 4. (Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti)
4-bis. All'articolo 33-quinquies, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le parole: «31 dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2014».
5. All’articolo 189, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le parole: “31 dicembre 2013” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2014”.
6. Il termine del 31 dicembre 2013 di cui all’articolo 357, comma 27, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 è prorogato al 31 dicembre 2014.

Rinviati al 1° luglio 2014 l'obbligo di servirsi della banca dati AVCPASS (art. 6-bis, comma 1)

Articolo 9. (Proroga di termini in materia economica e finanziaria)

15-ter. Il termine di cui all'articolo 6-bis, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è ulteriormente differito al 1º luglio 2014. Sono fatte salve le procedure i cui bandi e avvisi di gara sono stati pubblicati a far data dal 1º gennaio 2014 e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, le procedure in cui, a far data dal 1º gennaio 2014 e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stati già inviati gli inviti a presentare offerta.

martedì 4 marzo 2014

CORRISPETTIVI DA PORRE A BASE DI GARA PER SERVIZI DI INGEGNERIA


La guida contiene alcuni esempi di calcolo riferiti alle prestazioni per i servizi geologici. Gli stessi vanno intesi, senza possibilità di differente interpretazione, come guida ad un corretto calcolo per la valutazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi alla geologia.

COSTO DELLA SICUREZZA PER I SERVIZI DI NATURA INTELLETTUALE

Non è vero che il costo della sicurezza deve essere sempre specificamente indicato e risultare congruo rispetto alle caratteristiche delle prestazione posta in gara.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 330 depositata il 22 gennaio 2014, in materia di costo per la sicurezza, e che ribalta quanto statuito dal Tar Campania.
I giudici di primo grado erano stati infatti chiari nell’affermare che le norme in materia, ovvero gli artt. 86 e 87 D.Lgs. 163/2006, hanno carattere precettivo e la loro disapplicazione determina l’espulsione del concorrente anche in assenza della rispettiva previsione di bando per incertezza dell’offerta economica, né tale mancanza può essere sanata anche indicando un costo pari a zero in seguito alla compilazione della graduatoria di gara.
Di tutt’altro avviso invece i giudici del CdS, che, accogliendo la tesi dell’appellante, statuiscono che se è vero che esiste un’ampia e consolidata giurisprudenza che riconosce l’obbligo di indicare, pena l’esclusione dalla gara, gli oneri sulla sicurezza, la stessa giurisprudenza e l’AVCP indicano ipotesi in cui tale adempimento non è necessario e tra questi i servizi di natura intellettuale. Per l’organo di vertice della giustizia amministrativa la sentenza del Tar Campania è da censurare laddove afferma senza reale motivazione che gli oneri per la sicurezza non possano dirsi in assoluto e completamente inesistenti. Non solo. Anche il richiamo agli artt. 86 e 87 D. Lgs. 163/2006 non sarebbe giustificato, in quanto questi stabilirebbero semplicemente la necessità della verifica dell’adeguatezza al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza del valore economico offerto, la non suscettibilità di ribasso dei costi della sicurezza e la necessità di congruità dei costi della sicurezza rispetto ai servizi messi a gara.
Pertanto, per i Consiglieri di Stato è evidente come tali norme non abbiano nessuna utilità in caso di insussistenza di costi della sicurezza e quindi dell’assenza di necessità di predisporre il DUVRI (documento unico per la valutazione rischi da interferenze). Tra l’altro, osservano ancora i giudici di secondo grado, i costi per la sicurezza aziendali, cui fa riferimento l’art. 87 comma 4 bis, riguardano con tutta evidenza gli appalti di lavori pubblici e non quelli di servizi o di forniture.
Di conseguenza era necessaria e sufficiente, nel caso di specie, la sola dichiarazione – regolarmente rilasciata – di essere in regola con le norme della sicurezza sul lavoro.

POSSESSO DEI REQUISITI - NATURA PERENTORIA DEL TERMINE DI 10 GIORNI PER L’AGGIUDICATARIO E IL SECONDO CLASSIFICATO

“L’articolo, 48, comma secondo, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che l’aggiudicatario e il concorrente che lo segue in graduatoria, non compresi fra i concorrenti sorteggiati ai sensi del comma primo del medesimo articolo, devono presentare la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa, di cui al comma primo, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla richiesta inoltrata a tale fine dalle stazioni appaltanti”.
Questo il principio di diritto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 10 del 25 febbraio 2014.
Il secondo comma dell'art. 48 del Codice Appalti (D.lgs. n. 163/2006) dispone che «La richiesta di cui al comma 1 è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione».
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che il termine previsto dal primo comma del predetto art. 48, in relazione alla verifica a campione, ha natura perentoria, «tranne il caso di un oggettivo impedimento alla produzione della documentazione non in disponibilità» (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 810; sez. V, 13 dicembre 2010, n. 8739; sez. VI, 15 dicembre 2009, n. 3804), mentre è divisa sulla natura del termine che viene assegnato dall’amministrazione all’aggiudicatario nella procedura prefigurata dal secondo comma dello stesso art. 48.
Nella sentenza n. 10 del 25 febbraio 2014, l’Adunanza Plenaria del CdS sposa la tesi della natura perentoria del termine di 10 giorni dalla data della richiesta entro il quale, ai sensi dell’art. 48, comma 2, del Codice Appalti, l’aggiudicatario e il secondo classificato devono presentare la documentazione comprovante il possesso dei requisiti tecnico – organizzativi ed economico – finanziari.
I giudici osservano che la giurisprudenza costante del Consiglio di Stato, “nell’interpretare il comma primo dell’art. 48, qualifica il termine di dieci giorni, assegnato agli offerenti sorteggiati per la presentazione della documentazione sui requisiti, come perentorio, pur non essendo definito formalmente come tale nella norma; ciò in ragione, in sintesi, della “esigenza di celerità insita nella fase specifica del procedimento” (sez. V, 27 ottobre 2005, n. 6003) e della “automaticità della comminatoria prevista per la sua inosservanza”, salva l’oggettiva impossibilità alla produzione della documentazione la cui prova grava sull’impresa (sez. V: 7 luglio 2011, n. 4053; n. 6528 del 2003, cit.; sez. IV, n. 810 del 2012, cit.)”.
Ha quindi natura perentoria anche l’adempimento della verifica del possesso dei requisiti dell’aggiudicatario, e del secondo classificato, previsto dal secondo comma dell’art. 48, “poiché con tale verifica si incide in modo diretto sull’esito operativo della procedura condizionando l’efficacia dell’aggiudicazione definitiva, con il controllo dell’affidabilità tecnico – economica anzitutto dell’aggiudicatario, e l’accertamento, di conseguenza, della possibilità di stipulare o meno il contratto”. Quindi, evidenza l'Adunanza Plenaria, si tratta “di un adempimento essenziale per la definizione del procedimento in connessione con il suo scopo poiché, se la verifica è positiva, viene stipulato il contratto, se manca, si procede al ricalcolo della soglia di anomalia e all’eventuale nuova aggiudicazione, con effetto determinante, in entrambi i casi, per la conclusione efficace della procedura”.

Sul piano normativo, l’esigenza di celerità e certezza di tale fase è provata “dalla previsione del condizionamento sequenziale degli adempimenti e dalla preordinazione di termini per la verifica e approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, per l’inoltro della richiesta di verifica dei requisiti da parte dell’amministrazione e per la stipulazione, approvazione e controlli del contratto”.