domenica 22 luglio 2018

ABUSO D’UFFICIO PER IL FRAZIONAMENTO ARTIFICIOSO CHE EVITA LA GARA


E’ quanto ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza dell’11/06/2018, n. 26610, che, pur relativa ad una fattispecie ricadente sotto il previgente Codice degli appalti (art. 125, comma 13), è egualmente conforme anche alle previsioni dell’attuale Codice dei contratti pubblici, il cui art. 35, comma 6, parimenti vieta di frazionare un appalto “allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino”.
Secondo la suddetta sentenza, infatti, ai fini del perfezionamento del reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), assume rilievo il concreto verificarsi (reale o potenziale) di un ingiusto vantaggio patrimoniale che il soggetto attivo procura con i suoi atti a se stesso o ad altri, ovvero di un ingiusto danno che quei medesimi atti procurano a terzi.
È, quindi, necessario che sussista la cosiddetta doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, perché connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere l’evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia.

DIFFERENZA TRA PROROGA E RINNOVO DEL CONTRATTO


Nella Sentenza n. 159 del 20 gennaio 2015 del Consiglio di Stato, i Giudici affermano che, nel caso in cui si sia concretata una complessiva rinegoziazione del preesistente rapporto contrattuale, e sia stato dato atto che tra le parti era stato raggiunto un accordo per l’oggetto differente del contratto, il provvedimento conseguente non si configura come una mera proroga del termine finale del precedente contratto, ma come un rinnovo, in cui le parti hanno proceduto a rinegoziare il rapporto, giungendo a modificare il contenuto del servizio, eliminando alcune parti, in quanto non più attuali.
In sostanza, il fattore che differenzia il rinnovo del contratto dalla proroga sta quindi nella circostanza che, mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni, la proroga si riduce soltanto ad un mero differimento temporale. Di fronte all’approvazione di una proroga di un contratto ritenuta non corrispondente all’offerta presentata, la Società appaltatrice ha piena libertà di rifiutare la prestazione e cessare il servizio, mentre l’Amministrazione non ha strumenti coercitivi per imporgli la prosecuzione.

La proroga è uno strumento a disposizione della Stazione Appaltante che le consente di estendere nel tempo gli effetti di un contratto d’appalto in essere al fine di evitare un blocco dell’azione amministrativa. L’utilizzo di tale strumento infatti è consentito solo in via eccezionale e limitato al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure per l’individuazione di un nuovo contraente. Dovrà essere prevista nel bando e nei documenti di gara.
Altro strumento di estensione della durata del contratto d’appalto è l’opzione di rinnovo, che ha efficacia temporale più lunga della proroga e non è motivato da carattere di urgenza bensì rappresenta una mera facoltà per l’amministrazione committente. Per poter essere esercitato il rinnovo deve essere stato espressamente previsto nella documentazione di gara nella sua esatta durata massima.
In merito a questi due istituti il consiglio di Stato ha più volte evidenziato che mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale.
Infatti la proroga del rapporto contrattuale deve necessariamente avvenire alle stesse condizioni alle quali il contratto era stato stipulato. Essa potrà essere attivata dalla stazione appaltante come diritto potestativo verso il contraente che non solo non potrà esimersi dall’eseguire le prestazioni ma dovrà effettuarle agli stessi patti e condizioni.
Diverso ragionamento invece per il rinnovo, per il quale il Consiglio di Stato ha previsto che la società appaltatrice ha piena libertà di rifiutare la prestazione e cessare l’appalto, mentre l’Amministrazione non ha strumenti coercitivi per imporgli la prosecuzione.
Pertanto ciò che differenzia il rinnovo del contratto dalla proroga sta nella circostanza che mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni, la proroga si riduce soltanto ad un mero differimento temporale.
Gli operatori economici dovranno pertanto avere sempre presente che:
·         non potranno sottrarsi all’esecuzione di una proroga quando richiesta dalla Stazione Appaltante per il tempo strettamente necessario all’individuazione di un nuovo contraente e pertanto nelle more dell’aggiudicazione di una nuova gara
·         la proroga presenta le stesse condizioni alle quali il contratto era stato stipulato
·   il rinnovo dell’appalto potrà essere concesso dalla Stazione Appaltante solo se espressamente indicato nella documentazione di gara, con indicazione della sua durata massima
·         l’impresa appaltatrice può rifiutare il rinnovo del contratto.

TESTO COORDINATO E AGGIORNATO DEL DECRETO LEGISLATIVO 9 APRILE 2008 N.81


Sul portale dell'Ispettorato nazionale del lavoro è stato pubblicato il testo coordinato del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n.81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro con gli importi delle sanzioni aggiornati, aggiornato a luglio 2018.
In questa versione aggiornata ci sono le seguenti novità:
- Rivalutate, a decorrere dal 1° luglio 2018, nella misura dell’1,9%, le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 nonché da atti aventi forza di legge (Decreto direttoriale dell’INL n. 12 del 6 giugno 2018 (avviso nella G.U. n. 140 del 19/06/2018), attuativo dell’art. 306, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 81/2008, e s.m.i.);
- Inserito il Decreto Direttoriale INL n. 12 del 6 giugno 2018 - Rivalutazione sanzioni concernenti violazioni in materia di salute e sicurezza;
- Inserita la Legge 26 aprile 1974, n. 191, in materia di “Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato”, pubblicata sulla GU n.134 del 24/05/1974, coordinata con con il decreto Presidente Repubblica 1° giugno 1979, n. 469 “Regolamento di attuazione della legge 26 aprile 1974, n. 191, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato” (G.U. 26 settembre 1979, n. 264);
- Inserita la circolare n. 10 del 28/05/2018 - Rinnovo delle autorizzazioni alla costruzione e all’impiego di ponteggi, ai sensi dell’art. 131, comma 5, del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni;
- Inseriti gli interpelli n. 3 del 16/05/2018, n. 4 e n. 5 del 25/06/2018;
- Sostituito il Decreto Direttoriale n. 12 del 14 febbraio 2018 con il Decreto Direttoriale n. 51 del 22 maggio 2018 - Diciottesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11.

AGGIUDICAZIONE APPALTO A CONCORRENTE COLLEGATO


Offerenti collegati, che presentano offerte separate in una medesima procedura di gara, non sono tenuti a dichiarare i loro collegamenti all’amministrazione aggiudicatrice, ma sono esclusi se, in seguito a verifica, emerga la non autonomia e indipendenza delle offerte
L’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, in assenza di esplicita previsione normativa o di condizione specifica nel bando di gara o nel capitolato d’oneri che disciplina le condizioni di aggiudicazione di un appalto pubblico, offerenti collegati, che presentano offerte separate in una medesima procedura di gara, non sono tenuti a dichiarare, di loro propria iniziativa, i loro collegamenti all’amministrazione aggiudicatrice.
Lo ha precisato la Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 17 maggio 2018 causa C 531/16.
In tale pronunciamento la Corte Ue ha inoltre chiarito che “l’amministrazione aggiudicatrice, quando dispone di elementi che mettono in dubbio l’autonomia e l’indipendenza di offerte presentate da taluni offerenti, è tenuta a verificare, eventualmente richiedendo informazioni supplementari dai suddetti offerenti, se le loro offerte siano effettivamente autonome e indipendenti. Se risulta che le offerte in discussione non sono autonome e indipendenti, l’articolo 2 della direttiva 2004/18 osta all’attribuzione dell’appalto agli offerenti che abbiano presentato offerte di tal genere”.

NORME TECNICHE COSTRUZIONI 2018 - CERTIFICATI DI VALUTAZIONE TECNICA (CVT)


Il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha pubblicato le “Procedure seguite per la richiesta ed il rilascio di Certificati di Valutazione Tecnica (CVT) per sistemi o kit ricadenti nell’applicazione del Cap. 11, punto 11.1 caso C) del DM 17 gennaio 2018, Norme Tecniche per le Costruzioni”, predisposte dalla Divisione Tecnica 2 del Servizio Tecnico Centrale.
Il documento costituisce un semplice atto di informazione e indirizzo, nell’ottica dell’ottimizzazione dell’attività amministrativa e del dialogo continuo con gli operatori esterni.
Esso reca infatti indicazioni il più possibile chiare sulla procedura seguita dalla Divisione 2^ del Servizio Tecnico Centrale per le modalità di presentazione delle istanze, l’istruttoria ed il rilascio del Certificato di Valutazione Tecnica (CVT) di cui al Cap. 11, par. 11.1 delle Norme tecniche per le costruzioni.
Ulteriori informazioni riguardano le prove da effettuare sui prodotti, sia ai fini della qualificazione che ai fini dei controlli annuali. Dette indicazioni possono contribuire significativamente ad un più rapido ed efficace svolgimento dell’iter procedurale.
documento qui allegato

ILLEGITTIMA LA CLAUSOLA DELLA LEX SPECIALIS DI GARA CHE IMPONE UN LIMITE MASSIMO DI RIBASSO RISPETTO ALLA BASE D’ASTA


Con la delibera n. 610 del 27 giugno 2018, il Consiglio dell'Anac ha ritenuto illegittima la clausola della lex specialis di gara che impone il limite massimo del 50% di ribasso rispetto alla base d’asta.

Con istanza acquisita all'ANAC dell’1.3.2017, un architetto mandatario del RTP risultato secondo classificato della gara in oggetto, contesta l’operato della Stazione appaltante in relazione alla valutazione di congruità dell’offerta del primo classificato.
La questione posta all’attenzione dell’Autorità con la richiesta di parere è centrata sulla valutazione di congruità dell’offerta e più precisamente sulle modalità con cui la Stazione appaltante ha effettuato l’apprezzamento (discrezionale) dei giustificativi presentati dal RTP aggiudicatario della gara richiesti a seguito della presentazione di una offerta ritenuta anomala.
E’ ben noto il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12/5/2017, n. 2228).
Stante la particolare natura (tecnica) del giudizio (discrezionale) che la legge attribuisce alle Stazioni appaltanti nell’effettuazione della valutazione della congruità o meno dell’offerta, è evidente che tale limite di sindacabilità dell’operato della Stazione appaltante non riguarda solo il giudice amministrativo ma, a maggior ragione, coinvolge anche l’Autorità.
Nel caso di specie – osserva l'Anac - non appaiono del tutto infondate le doglianze dell’istante rivolte alla contestazione della serietà e sostenibilità economica dell’offerta presentata dall’aggiudicatario, che evidenzia talune incongruenze in ordine al calcolo delle giornate lavorative necessarie al corretto espletamento delle attività di progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza, che appaiono particolarmente sottostimate quantitativamente e sottovalutate economicamente.
Tuttavia appare assorbente rispetto a tutti i sopra esposti argomenti di doglianza la considerazione che sia stata proprio l’impostazione stessa della gara ad aver prodotto le conseguenze che per altro verso e per altre motivazioni vengono contestate dall’odierno istante.
Specificamente ci si riferisce alla clausola di lex specialis che fissa al 50% il ribasso massimo ammissibile rispetto alla base d’asta.
Il Consiglio di Stato, in merito alla possibilità di fissare una soglia di ribasso massimo sul prezzo, si è espresso in termini negativi, chiarendo che tale clausola – in via generale – è illegittima perché introduce un inammissibile limite alla libertà di concorrenza sull’elemento economico. Secondo il Collegio, infatti, tale norma di gara introduce un’inammissibile limite alla libertà degli operatori economici di formulare la proposta economica sulla base delle proprie capacità organizzative e imprenditoriali, pregiudicando, sino di fatto ad annullarlo, il confronto concorrenziale sull’elemento prezzo (CdS, Sez. V, 28/06/2016 n. 2912).
Nel caso preso in esame dai giudici amministrativi, tuttavia, il limite al massimo ribasso era fissato al 12% per la duplice esigenza, manifestata dalla Stazione appaltante a giustificazione del proprio operato, di garantire che il prezzo proposto fosse sufficiente a sostenere il costo del lavoro e che la prestazione fosse qualitativamente adeguata. Benché, dunque, l’intenzione della Stazione appaltante meritasse un apprezzamento positivo quantomeno sul piano dell’obiettivo finale perseguito, il Consiglio di Stato ha ritenuto comunque che «La limitazione introdotta con l’avversata clausola della lex specialis, non può, poi, trovare giustificazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, nell’esigenza di garantire che il prezzo proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro e a salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL, atteso che tali finalità devono essere perseguite attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art. 87, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che consente di escludere dalla gara, all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte risultate anormalmente basse», così concludendo definitivamente che «Deve conclusivamente ritenersi viziata una prescrizione di gara finalizzata a limitare la rilevanza del ribasso offerto dai concorrenti».
A maggior ragione non può giungersi a diversa conclusione nel caso che ci occupa, sebbene le motivazioni siano parzialmente differenti.
Rimane intatta la censura relativa alla previsione di una soglia massima di ribasso sul prezzo, poiché viene di fatto annullato il confronto concorrenziale sul prezzo in contraddizione con il criterio di aggiudicazione prescelto, ovvero quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il cui scopo è invece quello di ottenere da ogni singolo concorrente un’offerta che contemperi la qualità massima delle prestazioni con il prezzo più basso possibile in relazione alle proprie capacità aziendali, organizzative e imprenditoriali.
Fissando una percentuale massima di ribasso ammesso la Stazione appaltante “suggerisce” già a priori quale ritiene essere il prezzo migliore e così spinge tutti i concorrenti a formulare una offerta economica ridotta del 50% rispetto alla base d’asta o, quantomeno, ad approssimarsi quanto più possibile. Non a caso, nella gara in esame, ben 8 concorrenti su 17 (ma due sono stati esclusi) hanno offerto proprio il ribasso del 50%, uno il ribasso del 49,5%, e tutti gli altri ribassi comunque molto elevati, ovvero compresi tra il 27,54% e il 41%.
D’altra parte, laddove la Stazione appaltante stabilisca già nella legge di gara una percentuale massima di ribasso consentita ciò finisce non solo per annullare la concorrenza sull’elemento prezzo, ma anche per anticipare di fatto, ancorché indirettamente, la valutazione in ordine alla congruità dell’offerta nel suo complesso. Valutazione che, in tali casi, appare atteggiarsi come una mera formalità destinata a concludersi con esito positivo.
Pertanto, secondo l'Anac si può concludere che la limitazione introdotta con la discussa clausola della lex specialis, lungi dal costituire una garanzia che il prezzo proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro (e, quando del caso, a salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL), finalità che peraltro deve essere perseguita attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art. 97 del Codice appalti, che consente di escludere dalla gara, all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte risultate anormalmente basse, finisce invece solo per generare una erronea e, quindi, illegittima applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, laddove annulla di fatto la concorrenza sull’elemento prezzo, con effetti distorsivi sull’iter del sub-procedimento di verifica dell’anomalia e dunque della procedura di aggiudicazione nel suo complesso.

CODICE APPALTI E LEGITTIMAZIONE ALL'IMPUGNAZIONE DA PARTE DI ANAC


È sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 17/7/2018 la delibera Anac 13 giugno 2018 recante “Regolamento sull'esercizio dei poteri di cui all'articolo 211, commi1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 e successive modificazioni e integrazioni”, che entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in G.U..
Questa delibera disciplina l'esercizio della legittimazione all'impugnazione di cui all'art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del nuovo Codice dei contratti pubblici.
La delibera consta di 15 articoli raggruppati in quattro Capi:
Capo I Disposizioni generali
Capo II Legittimazione all'impugnazione di cui all'art. 211, comma 1-bis (Ricorso diretto)
Capo III Legittimazione all'impugnazione di cui all'art. 211, comma 1-ter (Ricorso previo parere motivato)
Capo IV Disposizioni comuni, finali e transitorie.

CONTRATTO STANDARD DI CONCESSIONE PER IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO (PPP)


Ieri nel corso di un convegno al Ministero dell'Economia e delle Finanze è stato presentato lo schema di nuovo contratto standard di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche in partenariato pubblico privato, predisposto dal MEF e dalla Ragioneria generale dello Stato. Questo schema di contratto tipo, ora in fase di perfezionamento, ha come finalità il supporto e l'incentivazione degli investimenti in opere pubbliche e di pubblica utilità, preservando allo stesso tempo l'equilibrio della finanza pubblica. Sarà pubblicato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze nelle prossime settimane.

PREZZO BASE D’ASTA TROPPO RIDOTTO


L’operatore economico, anche se non ha proposto la domanda di partecipazione alla gara, può impugnare la clausola della lex specialis di gara che prevede un prezzo posto a base d’asta, se e nella misura in cui sia dimostrata la sua eccentricità al ribasso rispetto ai prezzi di mercato e quindi la sua natura “simbolica”, atteso che, ove avesse presentato la propria offerta questa sarebbe destinata ad essere ineludibilmente esclusa perché caratterizzata da un prezzo superiore all’importo determinato dall’Amministrazione.
Lo ha precisato il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Staccata di Reggio Calabria) nella sentenza n.418/2018 pubblicata il 16 luglio.
Questa sentenza ha richiamato la distinzione - valorizzata anche dalla giurisprudenza meno recente (Cass. civ., sez. II, 28 agosto 1993, n. 9144) - tra vendita a prezzo vile e vendita a prezzo irrisorio o simbolico. L’esistenza di un divario, anche considerevole, tra il valore di mercato del bene venduto e il prezzo pattuito non è di per sé incompatibile con la causa del contratto di compravendita. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, avuto modo di precisare che nell’ipotesi in cui risulta concordato un prezzo obiettivamente non serio o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente o simbolico o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato il contratto è nullo per mancanza di un elemento essenziale; viceversa, nell’ipotesi in cui sia pattuito un prezzo di gran lunga inferiore all’effettivo valore di mercato del bene compravenduto o fornito, la conseguenza non sarà l’invalidità del contratto per difetto di causa ma una diversa qualificazione giuridica della fattispecie negoziale, che potrà essere ascritta a seconda dei casi a diverse categorie negoziali (es. donazioni indirette o negozi misti a donazione; cfr. Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2015, n. 22567).
Il Tar Calabria si è poi soffermato sulla questione relativa al diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento dell’appalto “a titolo gratuito” che il Collegio non intende rinnegare a priori, se non altro per alcune categorie di affidamenti quali gli appalti pubblici di servizi (Cons. St., sez. V n.4614/17) o di lavori (art. 20, d.lgs. n. 50 del 2016), laddove alla previsione di un prezzo “simbolico” o addirittura “nullo” può effettivamente corrispondere un’utilità economica in senso lato (ad esempio il ritorno di immagine) diversa da quella meramente finanziaria.
Per quanto riguarda l’appalto di forniture, qualsiasi ne sia l’oggetto, l’eventuale gratuità della causa può essere ugualmente dedotta e valorizzata dalle Amministrazioni aggiudicatrici solo qualora venga ricondotta ai “tipi” contrattuali espressamente previsti dall’ordinamento (es. contratto di sponsorizzazione ex art. 19, d.lgs. n. 50 del 2016) e ciò proprio al fine di scongiurare scelte non del tutto trasparenti che finiscano per tramutare affidamenti formalmente onerosi in affidamenti sostanzialmente gratuiti e quindi sine causa.

venerdì 6 luglio 2018

FAQ AGGIORNATE RELATIVE ALLE LINEE GUIDA N. 4


Sul portale dell'Anac sono state pubblicate le faq, aggiornate al 3 luglio 2018, relative alle linee guida n. 4 “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”.
1. Con riguardo al punto 5.2.6, lettera k), punto delle Linee guida n. 4, la regola per cui le offerte con identico ribasso vanno considerate, ai fini della soglia di anomalia, come un’unica offerta si applica a tutte le offerte, o solo a quelle comprese nelle ali?.
La regola del trattamento unitario delle offerte con identico ribasso, secondo la prevalente giurisprudenza (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 19 settembre 2017), si applica alle offerte poste a cavallo o all’interno delle ali.
La regola stabilita al punto 5.2.6, lettera k) delle Linee guida si applica, come letteralmente previsto nella disposizione in questione, soltanto laddove sia sorteggiato uno dei metodi cui alle lettere a), b), e) dell’articolo 97, comma 2 del Codice dei contratti pubblici, che prevedono il taglio delle ali e, in armonia con il predetto orientamento giurisprudenziale, limitatamente alle offerte con identico ribasso che si collocano a cavallo o all’interno delle ali.
In tutte le restanti ipotesi (metodo di cui alle lettere c) o d) dell’articolo 97, comma 2 del Codice dei contratti pubblici ovvero offerte residue a seguito del taglio delle ali), le offerte con identico ribasso vanno mantenute distinte ai fini della soglia di anomalia.
2. Con riguardo alle stazioni appaltanti che, a fronte di una soggettività giuridica unitaria, sono dotate di articolazioni organizzative autonome, l’applicazione del principio di rotazione va applicata in termini assoluti, ossia tenendo conto di tutte le procedure avviate complessivamente dalla stazione appaltante, oppure considerando esclusivamente gli affidamenti gestiti dalla singola articolazione organizzativa?.
L’applicazione del principio di rotazione nelle stazioni appaltanti dotate di una pluralità di articolazioni organizzative deve tendenzialmente essere applicata in modo unitario, avendo cioè a riguardo gli affidamenti complessivamente attivati e da attivare nell’ambito della stazione appaltante.
Tale impostazione si rivela, oltre che rispettosa di quanto previsto dall’articolo 36 del Codice dei contratti pubblici, che non distingue in relazione alla presenza di articolazioni interne, più aderente all’impronta centralizzante di cui all’articolo 37, ed efficace presidio nei confronti del divieto di artificioso frazionamento delle commesse, ex art.51, primo comma del Codice dei contratti pubblici.
È ragionevole derogare a tale regola nel caso in cui la stazione appaltante (es. Ministero, ente pubblico nazionale) presenti, in ragione della complessità organizzativa, articolazioni, stabilmente collocate per l’amministrazione di determinate porzioni territoriali (ad esempio, Direzione regionale/centrale) ovvero per la gestione di una peculiare attività, strategica per l’ente, dotate di autonomia in base all’ordinamento interno nella gestione degli affidamenti sotto soglia (ad esempio nel caso in cui l’articolazione abbia attivato autonomi elenchi per la selezione degli operatori economici).
In tali casi, salvo diversa previsione dell’ordinamento interno, la rotazione può essere applicata considerando esclusivamente gli affidamenti gestiti dalla singola articolazione organizzativa.
Resta ferma, comunque, la necessità per la stazione appaltante di rispettare, in ogni sua articolazione, i vigenti obblighi di centralizzazione degli acquisti, stabiliti e richiamati dall’articolo 37 del Codice dei contratti pubblici, nonché di adottare, anche nelle more dell’introduzione del sistema di qualificazione in esito all’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’articolo 38, comma 2 del Codice dei contratti pubblici, modelli organizzativi complessivamente improntati al rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, evitando duplicazioni di funzioni e perseguendo l’obiettivo del miglioramento dei servizi e, ove possibile, il risparmio di spesa e dei costi di gestione attraverso le economie di scala. A tal fine le stazioni appaltanti dovrebbero valutare l’opportunità di condividere al proprio interno sistemi informatizzati che consentano di conoscere gli affidamenti effettuati dalle singole articolazioni organizzative.
3. Con riguardo agli affidamenti diretti, nei casi di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a del Codice dei contratti pubblici, si rivolgono alcuni quesiti in merito all’utilizzo del documento di gara unico europeo (DGUE) nella dichiarazione relativa al possesso dei requisiti generali e speciali da parte dell’operatore economico affidatario:
1. - a far data dal 18 aprile 2018 per gli acquisti fino a 5.000 euro è necessario comunque il ricorso al DGUE, o è possibile utilizzare l’autocertificazione ordinaria, come consentito dalle Linee guida Anac n.4?
2. - anche negli acquisti di modesto importo è doverosa l’acquisizione del DGUE ovvero dell’autocertificazione ordinaria?
3. - il DGUE deve necessariamente riportare gli estremi del CIG ovvero può essere utilizzato per più procedure di affidamento, e in tal caso per quale lasso temporale?
4. - qual è la validità temporale dell’autocertificazione ordinaria?
Dal 18 aprile 2018, ai sensi dell’articolo 85, comma 4 del Codice dei contratti pubblici, il DGUE deve essere utilizzato esclusivamente in formato elettronico, e non più cartaceo, come indicato anche nel comunicato del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pubblicato il 30 marzo 2018.
In caso di affidamento diretto per importo fino a 5.000 euro, secondo quanto previsto dal paragrafo 4.2.2 delle Linee guida Anac n. 4, recanti la disciplina degli affidamenti sotto soglia, le stazioni possono acquisire, indifferentemente, il DGUE oppure un’autocertificazione ordinaria, nelle forme del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445. Per gli affidamenti diretti di importo fino a 20.000 euro, ai sensi del par. 4.2.3 delle citate Linee guida, è necessario acquisire il DGUE.
L’obbligo di acquisire il DGUE, ovvero l’autocertificazione ordinaria, si applica a tutti gli affidamenti sopra considerati, a prescindere da una soglia minima di spesa.
Ai sensi dell’articolo 85, comma 4 del Codice dei contratti pubblici, il DGUE può essere riutilizzato per successive procedure di affidamento, a condizione che gli operatori economici confermino la perdurante validità delle precedenti attestazioni. In tale dichiarazione l’operatore economico include l’indicazione del nuovo CIG, se disponibile (v. par. 5 delle Linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari, di cui alla delibera n.556 del 31 maggio 2017), per la diversa procedura alla quale intende partecipare. Analoga operazione potrà essere adottata in caso di utilizzo dell’autocertificazione ordinaria.
4. Nei casi previsti dall’articolo 103, comma 11, primo periodo del Codice dei contratti pubblici, allorché la stazione appaltante opti per esonerare l’affidatario dall’obbligo di presentare la garanzia definitiva, è necessario prevedere un miglioramento del prezzo di aggiudicazione?.
La miglioria del prezzo di aggiudicazione è necessaria, in applicazione di quanto stabilito dall’articolo 103, comma 11, secondo periodo del Codice dei contratti pubblici. Le stazioni appaltanti determinano tale miglioria sentito l’affidatario e tenendo conto del valore del contratto, del presumibile margine d’utile e del costo che l’affidatario sosterrebbe per l’acquisizione della garanzia definitiva, allo scopo di soddisfare la reciproca esigenza delle parti al contenimento sostenibile dei costi. Le motivazioni circa l’esercizio di tale opzione sono formalizzate dalla stazione appaltante in apposito documento, da allegare agli atti del procedimento.

MODULISTICA PER LE ATTIVITÀ EDILIZIE


Sulla Gazzetta ufficiale n.138 del 16-6-2018 è stato pubblicato l'Accordo 22 febbraio 2018 della Conferenza unificata tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali concernente l'adozione dell'allegato tecnico alla modulistica per le attività commerciali e assimilate ed edilizie ad integrazione degli Accordi del 4 maggio e del 6 luglio 2017 concernenti l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione delle segnalazioni, comunicazioni e istanze.
Ad integrazione degli Accordi del 4 maggio e del 6 luglio 2017, al fine di consentire l'interoperabilita' e lo scambio dei dati tra le amministrazioni, sono approvati l'allegato tecnico e gli schemi dati XML relativi ai moduli concernenti:
a) per le attivita' in materia edilizia: la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), la segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA), la segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) alternativa al permesso di costruire, la comunicazione di inizio lavori (CIL) per opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, la comunicazione di fine lavori, la segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) per l'agibilita', il permesso di costruire;
b) per le attivita' commerciali ed assimilate: i panifici; le tintolavanderie; la somministrazione di alimenti e bevande al domicilio del consumatore; la somministrazione di' alimenti e bevande in esercizi posti nelle aree di servizio e/o nelle stazioni; la somministrazione di alimenti e bevande nelle scuole, negli ospedali, nelle comunita' religiose, in stabilimenti militari o nei mezzi di trasporto pubblico; le autorimesse; gli autoriparatori.
L'allegato A recante gli schemi dati xml costituisce parte integrante dell'accordo.
Le Regioni possono, ove necessario, integrare gli schemi dati xml alle specificita' della modulistica adottata a livello regionale, ai sensi dell'art. 1, comma 2 degli Accordi del 4 maggio e del 6 luglio 2017.

IL PRINCIPIO DI ROTAZIONE


Il principio di rotazione alla partecipazione delle imprese assicura l’avvicendamento degli affidatari di contratti pubblici, evitando che il carattere discrezionale della scelta dei soggetti da invitare, da parte dell’amministrazione, si traduca in uno strumento di favoritismo «dando così luogo ad una sostanziale elusione delle regole della concorrenza, a discapito degli operatori più deboli del mercato» (TAR Trieste, Sez. I, 21 maggio 2018, n. 166).
La rotazione costituisce un corollario del principio di non discriminazione, ha carattere oggettivo ed è diretto a garantire una concorrenza effettiva, onde evitare situazioni di esclusiva o monopolio nell’esecuzione dell’appalto (cfr. TAR Venezia, 28.05.2018 n. 583; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 28 giugno 2012, n. 3089; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 14 dicembre 2011, n. 1730).
La rotazione pur non avendo valenza precettiva assoluta, ma solo tendenziale, ha portata generale perché consente «di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo e di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei» (TAR Catanzaro, Sez. I, 14 maggio 2018 n. 1007).

1. IL PRINCIPIO DI ROTAZIONE SECONDO IL CODICE. Prima del nuovo codice dei contratti, il principio di rotazione non aveva una valenza precettiva assoluta, e la sua episodica mancata applicazione non valeva ex se ad inficiare gli esiti di una gara già espletata laddove fosse provato che la gara si era svolta nel rispetto del principio di trasparenza e di parità di trattamento (ex multis, TAR Veneto, Sez. I, 26 maggio 2017, n. 515).
È con l’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, Codice dei contratti pubblici, che tale principio acquista un ruolo centrale negli appalti pubblici.
Infatti, se nelle procedure “ordinarie” (per esempio una procedura aperta) tale principio non rileva perché il mercato è aperto a tutti i concorrenti possibili, nelle procedure negoziate – particolarmente valorizzate nel Codice - la situazione è differente, perché possono partecipare solo coloro che sono individuati dalla stazione appaltante o tramite indagine di mercato o facendo riferimento ad elenchi precostituiti (art. 36 e 63 del Codice).
L’art. 3 lettera uuu) del Codice definisce: «‘procedure negoziate’, le procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto».
Nelle procedure negoziate vi è quindi la necessità di bilanciare il potere di scelta delle amministrazioni sugli operatori economici da invitare, con l’obbligo di rispettare il principio di rotazione, evitando che la Stazione appaltante rispetti solo formalmente l’obbligo di consultare più soggetti ma, nella sostanza, scegliendo sempre gli stessi soggetti, consolidi una posizione di vantaggio in capo a un determinato operatore.
A tale scopo, il Codice ha “anticipato” la rotazione (per le procedure che prevedono un confronto competitivo) al momento della scelta dei soggetti da invitare e non al risultato degli inviti e cioè l’affidamento.
In altri termini, il “principio di rotazione” contemplato negli art. 36, co. 1, e 63, co. 6 del Codice si riferisce propriamente agli “inviti”, nell’intento di assicurare una piena turnazione degli operatori che potrebbero aspirare al contratto. Dunque, in questa prospettiva, non sono ammessi al successivo invito anche gli operatori già partecipanti alle precedenti selezioni, ancorché non aggiudicatari.
In sintesi, il Codice prevede che:
- se la commessa è di valore pari o inferiore ai 40.000 euro il contratto può essere affidato senza alcun confronto concorrenziale (fatto salvo l’eventuale confronto tra più preventivi) e, in tal caso, la giurisprudenza ha osservato che il principio di rotazione non potrà che essere applicato in relazione all’aggiudicazione (cfr. rispettivamente art. 36, co. 2, lett. “a”, e TAR Cagliari, Sez. I, 22 maggio 2018, 492);
- se la commessa è di valore superiore ai 40.000 euro e fino ad 1.000.000 di euro, è necessario operare un confronto concorrenziale tra più ditte invitate dalla stazione appaltante (almeno dieci in caso di lavori) e, laddove ciò avvenga, sempre secondo la giurisprudenza, il principio di rotazione opera esclusivamente con riferimento alla fase degli inviti (cfr. rispettivamente art. 36, co. 2, lett. “b-c” e TAR Cagliari cit.);
- se la commessa non rientra nei casi di cui all’art. 36 citato, l’amministrazione ricorre al principio di rotazione per l’avvio di una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando, ai sensi dell’art. 63, co. 6 del Codice, individuando gli operatori economici da consultare (cfr. TAR Lazio, Sez. I, 21 maggio 2018, n. 5621, Cons. Stato Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854 e Cons. Stato Sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125).
Da notare che nel parere espresso al decreto correttivo del Codice, d.lgs. 56/2016, il Consiglio di Stato aveva osservato che il principio di rotazione «dovrebbe preferibilmente assicurare proprio l’alternanza degli affidamenti e non delle mere occasioni di partecipazione alla selezione» (comm. spec., 30 marzo 2017, n. 782).
Infatti, nella rotazione fissata nel Codice, l’operatore economico, non aggiudicatario, perde la possibilità di ricevere un successivo invito senza aver potuto beneficiare dell’affidamento.

2. IL PRINCIPIO DI ROTAZIONE SECONDO L’ANAC. Come accennato, il principio di rotazione degli inviti, che non è dotato di portata precettiva assoluta, sopporta alcune limitate deroghe, come espressamente chiarito dalle Linee Guida n. 4 dell’ANAC sugli affidamenti sotto soglia, non vincolanti per la PA (cfr. NEWS ANCE, n. 32027 del 23 marzo 2018).
In tali linee guida, l’ANAC ha affrontato il principio di rotazione, stabilendo che si applica alle procedure di gara aventi ad oggetto le medesime categorie di opere, suddivise – laddove previsto nei regolamenti interni della stazione appaltante - per fasce di importo.
In quest’ambito, il rispetto del principio di rotazione espressamente fa sì che l’affidamento o il reinvito al contraente uscente abbiano carattere eccezionale e richiedano un onere motivazionale più stringente.
Pertanto, l’affidamento diretto o il reinvito all’operatore economico invitato in occasione del precedente affidamento, e non affidatario, deve essere specificatamente motivato (in tal senso, cfr. anche Cons. St., VI, 31 agosto 2017, n. 4125; Cons. St., V, 31 agosto 2017, n. 4142).
Come precisato dall’ANAC, la rotazione non si applica, invece, laddove l’affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione.

3. IL PRINCIPIO DI ROTAZIONE SECONDO LA GIURISPRUDENZA. La struttura e i limiti del principio di rotazione espresso dal codice sono stati oggetto di osservazioni da parte della giurisprudenza amministrativa, la quale ha osservato che il principio della rotazione:
- «non può essere trasformato in una non codificata causa di esclusione dalla partecipazione alle gare […] allorquando la stazione appaltante […] apre al mercato anche nelle procedure negoziate, dando possibilità a chiunque di candidarsi a presentare un’offerta senza determinare limitazioni in ordine al numero di operatori economici ammessi alla procedura, ha per ciò stesso rispettato il principio di rotazione che non significa escludere chi ha in precedenza lavorato correttamente con un’amministrazione, ma significa non favorirlo» (TAR Cagliari, Sez. I, 22 maggio 2018, n. 493);
- «è servente e strumentale rispetto a quello di concorrenza e deve quindi trovare applicazione nei limiti in cui non incida su quest’ultimo» (T.A.R. Firenze, Sez. II, 12 giugno 2017, n. 816, con riferimento ad un caso in cui all’avviso esplorativo avevano fornito riscontro due operatori di cui uno era il gestore uscente);
- «richiede pur sempre che l’oggetto della procedura possieda le stesse caratteristiche in termini soggettivi, quantitativi e qualitativi» dell’appalto «già assegnato al soggetto destinatario del provvedimento di esclusione, il quale potrebbe essere connotato come impresa uscente, solo in ragione di tali presupposti fattuali» (TAR Trieste, Sez. I, 21 maggio 2018 n. 166);
- è derogabile «per la necessità di raggiungere il numero minimo di offerte da sottoporre a selezione e per l’elevato grado di soddisfazione maturato in ordine alla pregressa gestione dell’uscente» (TAR Cagliari, Sez. I, 22 maggio 2018, 492 nonché, a contrario, TAR Venezia, Sez. I, 28 maggio 2018, n. 583, .A.R. Veneto, Sez. I, 21 marzo 2018, n. 320, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 6 febbraio 2018, n. 179). L’invito all’affidatario uscente deve, infatti, essere motivato in modo particolarmente efficace e persuasivo dando conto delle specifiche ragioni, ove sussistenti, legittimanti la – vistosa – deroga al principio di rotazione, tra cui non può invece essere ricompresa la «adeguata competenza tecnico-professionale maturata con riferimento alla […] prestazione richiesta per l’incarico» (TAR Catanzaro, Sez. I, 14 maggio 2018 n. 1007 cit. nonché Cons. Stato, VI, 31 agosto 2017, n. 4125; Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854);
- una volta derogato, tale principio non può essere applicato nella fase dell’aggiudicazione “scavalcando” nella sostanza l’offerta del soggetto uscente (TAR Cagliari, Sez. I, 22 maggio 2018, 492 cit.);
- implica che non necessiti di specifica motivazione l’opzione di escludere dagli inviti alla procedura negoziata l’affidatario uscente, non trattandosi questa di una scelta di carattere sanzionatorio, quanto piuttosto dell'esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione (C.d.S., VI, 31 agosto 2017, n. 4125), e dell’applicazione del principio di concorrenza e massima partecipazione che si esplica consentendo l’accesso ad operatori diversi, da quelli fino a quel momento coinvolti (TAR Lazio, Sez. I, 21 maggio 2018, n. 5621). (fonte: Ance)

LA CASSAZIONE LEGITTIMA GLI INCARICHI GRATUITI


Il compenso che spetta al libero professionista è liberamente determinabile dalle parti e pertanto il professionista può legittimamente rinunciare ad esso.
Lo ha confermato la seconda sezione civile della Corte di cassazione nell'ordinanza n. 14293/2018 pubblicata il 4 giugno 2018.
Nell'ordinanza si legge infatti che “costituisce principio largamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità, dal quale il Collegio non intende discostarsi (di recente, Cass. n. 21235 del 2013; cass. n. 1900 del 2017), quello secondo il quale il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera, solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all'art. 36 Cost., comma 1, applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. La violazione dei precetti normativi che impongono l'inderogabilità dei minimi tariffari non importa, secondo il richiamato orientamento, la nullità, ex art. 1418 c.c., comma 1, del patto in deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell'intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale (Cass. n. 21235 del 2009; Cass. n. 17222 del 2011; Cass. n. 1900 del 2017)”.
A tale conclusione, osserva la suprema Corte, “si giunge alla luce dei principi espressi da questa Corte a sezioni unite (Cass. sez. un. n. 18450 del 2005), che, pur applicati in una fattispecie nella quale il committente era una pubblica amministrazione, sono pienamente applicabili anche nel caso in cui il committente sia un soggetto privato”.

VIOLARE LA DISCIPLINA ANTITRUST RIENTRA NEGLI ERRORI GRAVI CON ESCLUSIONE DALLA GARA?


Con l'ordinanza n. 770/2018 pubblicata il 21 giugno, la prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione se il combinato disposto da una parte degli artt. 53, paragrafo 3, e 54, paragrafo 4, della Direttiva 2004/17/CE, e dell’art. 45, paragrafo 2, lett. d), della Direttiva 2004/18/CE osti ad una previsione, come l’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come interpretato dalla giurisprudenza nazionale, che esclude dalla sfera di operatività del c.d. “errore grave” commesso da un operatore economico “nell’esercizio della propria attività professionale”, i comportamenti integranti violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla Autorità nazionale antitrust con provvedimento confermato in sede giurisdizionale, in tal modo precludendo a priori alle amministrazioni aggiudicatrici di valutare autonomamente siffatte violazioni ai fini della eventuale, ma non obbligatoria, esclusione di tale operatore economico da una gara indetta per l’affidamento di un appalto pubblico.
Il Tar Piemonte ha ricordato che la Corte di giustizia UE, nella causa C-465/11 del 13 dicembre 2012:
a) conferma che la nozione di “errore grave” rilevante ai fini dell’art. 45, paragrafo 2, lett. d), della Direttiva 2004/18/CE comprende anche comportamenti diversi dai meri inadempimenti contrattuali - potendosi estendere a qualsiasi violazione, persino di norme deontologiche, idonea ad evidenziare la propensione di un operatore economico a non rispettare regole;
b) richiama l’attenzione sul fatto che gli Stati membri con riferimento alle cause di esclusione “facoltative” debbono tenere conto della nozione di “errore grave” rilevante ai fini del diritto della Unione, potendo tali cause essere “precisate ed esplicitate nel diritto nazionale, nel rispetto, tuttavia, del diritto dell’Unione”.
La prima sezione del Tar Piemonte ha quindi concluso che tale pronuncia conferma che nel recepire le cause di esclusione gli Stati membri, già nel vigore delle Direttive 2004/17 e 2004/18/CE, non potevano mutarne il contenuto, come non potevano trasformare le cause di esclusione facoltative in cause di esclusione automatica.
Ha quindi ritenuto che relativamente alle cause di esclusione c.d. “facoltative” la giurisprudenza della Corte formatasi nel vigore delle Direttive 92/50/CEE e 2004/18/CE non risulta di univoca interpretazione. Alcune pronunce sembrerebbero riconoscere agli Stati membri il potere di non attribuire rilevanza giuridica a tutte o a talune di tali cause di esclusione ovvero di ridimensionare la portata applicativa di ciascuna di esse, in particolare prevedendo che non debbano essere applicate in alcune situazioni che invece sono rilevanti per il diritto della Unione. Altra giurisprudenza, come quella di cui alla pronuncia resa nella causa C-465/11, sembrerebbe invece suggerire che gli Stati membri potevano solo chiarire il significato, senza mutare la nozione rilevante ai fini del diritto europeo, o specificandone i criteri applicativi.
Il Tar Piemonte ritiene, quindi, necessario l’intervento chiarificatore della Corte di giustizia, tanto più per il fatto che anche la Direttiva 2014/24/UE, con previsioni alle quali la stessa Corte di giustizia parrebbe aver attribuito (con la sentenza C-470/13) natura ricognitiva, sembra aver assegnato agli Stati membri solo il potere di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a tenere in considerazione le cause di esclusione “facoltative” indicate all’art. 57, comma 4 – tra cui anche le condotte che si siano estrinsecate nella conclusione di accordi limitativi della concorrenza - , e non certo anche il potere di privare le amministrazione aggiudicatrici del potere di valutare autonomamente le medesime cause di esclusione.

CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO DI CONGLOMERATO BITUMINOSO FRESATO


È entrato in vigore il 3 luglio il decreto 28 marzo 2018, n. 69 delMinistero dell'Ambiente “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.139 del 18 giugno.
Questo regolamento stabilisce i criteri specifici in presenza dei quali il conglomerato bituminoso ricavato dal rifacimento delle strade cessa di essere qualificato come rifiuto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Le disposizioni del regolamento non si applicano al conglomerato bituminoso qualificato come sottoprodotto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Il conglomerato bituminoso cessa di essere qualificato come rifiuto ed è qualificato granulato di conglomerato bituminoso se soddisfa tutti i seguenti criteri:
a) è utilizzabile per gli scopi specifici di cui alla parte a) dell'Allegato 1;
b) risponde agli standard previsti dalle norme UNI EN 13108-8 (serie da 1-7) o UNI EN 13242 in funzione dello scopo specifico previsto;
c) risulta conforme alle specifiche di cui alla parte b) dell'Allegato 1.

OPERE SOTTOPOSTE A DIBATTITO PUBBLICO


E’ stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.145 del 25 giugno 2018 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n.76, “Regolamento recante modalita' di svolgimento, tipologie e sogliedimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”, adottato sulla base dell'articolo 22, comma 2, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 50/2016.
Il Regolamento, che entrerà in vigore il 24 agosto prossimo, stabilisce che sono sottoposti, nei casi individuati dal decreto, a dibattito pubblico i progetti di fattibilita', ovvero i documenti di fattibilita' delle alternative progettuali delle opere, di cui all'Allegato 1.
Il Dpcm consta di 10 articoli:
Art. 1 Oggetto
Art. 2 Definizioni
Art. 3 Ambito di applicazione
Art. 4 Commissione nazionale per il dibattito pubblico
Art. 5 Indizione del dibattito pubblico
Art. 6 Coordinatore del dibattito pubblico e relativi compiti
Art. 7 Funzioni e compiti dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore
Art. 8 Svolgimento del dibattito pubblico
Art. 9 Conclusione del dibattito pubblico
Art. 10 Disposizioni transitorie e finali
Ricordiamo che l'articolo 22, comma 2, del nuovo Codice dei contratti stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del medesimo decreto, sono fissati i criteri per l'individuazione delle opere di cui al comma 1, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e sono altresi' definiti le modalita' di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura.
Con il medesimo decreto sono, altresi', stabilite le modalita' di monitoraggio sull'applicazione dell'istituto del dibattito pubblico e a tal fine è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una commissione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell'esperienza maturata.