lunedì 28 dicembre 2020

CONTRIBUTO DOVUTO AD ANAC

 

A decorrere dal 1 gennaio 2021 gli operatori economici e le stazioni appaltanti sono nuovamente tenuti al versamento dei contributi dovuti all’Autorità per tutte le procedure di scelta del contraente, secondo le disposizioni della Delibera di autofinanziamento dell’Autorità attualmente in vigore.

sabato 19 dicembre 2020

LINEE GUIDA SULLA SICUREZZA DEI PONTI STRADALI

 Le Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti, costituiscono una sorta di vademecum per il controllo delle condizioni strutturali di ponti e viadotti, cavalcavia e opere similari, esistenti lungo strade statali o autostrade gestite da Anas o dai concessionari autostradali.

Vengono infatti definite in maniera unitaria e senza discrezionalità le modalità di realizzazione, attuazione, e gestione – in una prima fase sperimentale per un periodo non superiore ai 24 mesi – di un sistema di monitoraggio delle infrastrutture stradali di competenza di Anas o dei concessionari autostradali pubblici.

L’attività di sperimentazione sarà eseguita sotto la supervisione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

lunedì 7 dicembre 2020

ANOMALIA DELL'OFFERTA

 

L’applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione né la mancata applicazione di questo può essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l’esclusione, sicché deve negarsi in radice che l’applicazione di un determinato contratto collettivo anziché di un altro possa determinare, in sé, l’inammissibilità dell’offerta (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 975; 9 dicembre 2015, n. 5597); tale assunto vale anche in relazione alla valutazione di anomalia dell’offerta (Consiglio di Stato, sez. V, 1 marzo 2017, n. 932; 12 maggio 2016, n. 1901).

 Non rientra nella discrezionalità dell’amministrazione appaltante quella di imporre o di esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare (Consiglio di Stato sez. V, 23 luglio 2018, n.4443; Consiglio di Stato, Sez. V, 5 ottobre 2016, n. 4109).


Resta fermo che la libertà imprenditoriale non è assoluta, ma incontra il limite logico, ancor prima che giuridico in senso stretto, della necessaria coerenza tra il contratto che in concreto si intende applicare (e in riferimento al quale si formula l'offerta di gara) e l’oggetto dell’appalto; la scelta del contratto collettivo di lavoro applicabile al personale dipendente, che diverge insanabilmente, per coerenza e adeguatezza, da quanto richiesto dalla stazione appaltante in relazione ai profili professionali ritenuti necessari, è idonea di per sé a determinare una ipotesi di anomalia, riflettendosi sulla possibilità di formulare adeguate offerte sotto il profilo economico incoerenti o incompatibili essendo i profili professionali di riferimento. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza del 20 ottobre 2020 n. 6336)

L'esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a dimostrazione della non anomalia della propria offerta, rientra nella discrezionalità tecnica della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pubblica amministrazione. Tar Lazio – Roma, Sez. II - quater, sentenza del 15 ottobre 2020 n. 10533

Nel giudizio di anomalia non può desumersi la scarsa affidabilità complessiva dell'offerta se alcune delle voci di costo è pari a zero. La serietà e l'attendibilità dell'offerta del singolo concorrente devono essere valutate in modo sintetico e globale (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 26 novembre 2018, n. 6689), di modo che anche qualora per qualche voce di costo l'offerta economica risulti pari a zero, questo dato non può essere isolatamente considerato al fine di desumerne la scarsa affidabilità complessiva dell'offerta, dovendo essere considerato l'utile che il concorrente ritrae dalla propria offerta complessivamente valutata” (cfr. Cons. Stato, V, 17 marzo 2016, n. 1090).

È tuttavia anche vero che, per le ipotesi in cui la sola voce offerta a titolo gratuito sia capace di rendere negativo il profitto, già tale anomalia basta ad imporre l’esclusione del concorrente. Tar Lazio – Roma, Sez. II - quater, sentenza del 15 ottobre 2020 n. 10533

L’utile apparentemente modesto non è indicatore di anomalia. Al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicatario e dall’esecuzione di un appalto (cfr. Cons. di Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 270– così, da ultimo anche, Consiglio di Stato, sez. V, sent. 30/7/2020 n. 4855). Tar Campania  – Napoli - Sez. VII, sentenza del 23 ottobre 2020 n. 4761

La verifica deve riguardare anche le prestazioni dedotte in sub appalto.

La Pa deve valutare anche la congruità dei costi delle prestazioni dedotte in subappalto, non potendo dare per buona la mera affermazione secondo cui le sub-forniture dei materiali e dei dispositivi avverrebbero a prezzi eccezionalmente favorevoli perché garantite da impresa collegata a quella aggiudicataria dell’appalto. A dimostrazione della eccezionalità di tali costi, poiché il riferimento astratto alle condizioni economiche da questi praticate è del tutto inidoneo a comprovare in parte qua la congruità dell’offerta, l’operatore economico deve effettuare allegazione di contratti, preventivi, fatture o altre pezze giustificative.

Per il Consiglio di Stato la circostanza addotta a comprova della suddetta economia di spesa (l’appartenenza delle due società al medesimo gruppo) offre un dato in sé apprezzabile, ma non sufficiente a superare l’assenza di ulteriori elementi di riscontro. D’altra parte, la tempistica di formalizzazione del subappalto, se certamente non ammette una impropria anticipazione del vincolo negoziale, al contempo non osta all’allegazione di preventivi o di offerte provenienti dagli operatori economici destinati all’incarico di subappalto. Quantomeno su questa prima documentazione (in astratto suscettibile di ulteriore e documentata verifica di congruità, mediante riscontro dei giustificativi allegati dal subappaltatore – si veda Cons. Stato, sez. V, n. 4537/2018) è dunque opportuno svolgere la verifica di sostenibilità dei costi, onde scongiurare un effetto di sostanziale trasferimento sul subappaltatore dell'anomalia dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, n. 3341/2017 e n. 6329/2014). Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza del 29 ottobre 2020 n. 6618

La decisione di effettuare la verifica dell’anomalia nei casi in cui non è obbligatoria è ampiamente discrezionale.

L'art. 97 comma 3 Dlgs 50/2016, applicabile al caso in esame (procedura di appalto da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta più vantaggiosa), così dispone: «Quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara. Il calcolo di cui al primo periodo è effettuato ove il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre». Il medesimo articolo, rimanda poi (comma 3, ultima parte), al successivo comma 6, ultimo periodo, il quale, a sua volta, recita: «La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa».
Orbene, dal combinato disposto delle due norme, è evidente che il potere di verifica dell'anomalia dell'offerta di cui all'art. 97 Dlgs n. 50/2016, è esercitabile, oltre che nei casi previsti dalla legge (comma 3), ed a prescindere dallo scostamento dei 4/5, «calcolato quando il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre», anche nei casi in cui, ad una valutazione propria della stazione appaltante, l'offerta - in un panorama numerico più o meno ampio di offerte - appaia anormalmente bassa, sulla scorta di elementi specifici, concretamente individuati.

Così delimitato l'ampio perimetro nel cui ambito l'Amministrazione può procedere a verificare l'attendibilità delle offerte ritenute ‘non congrue’, la scelta di verifica cd. ‘facoltativa’ (comma 6) si pone come atto di natura spiccatamente ed ampiamente discrezionale, per il quale non è necessaria un'espressa motivazione.

Inoltre, tale scelta è oggetto di un limitato sindacato da parte del Giudice amministrativo, esercitabile soltanto in presenza di una macroscopica irragionevolezza o illogicità, laddove quest’ultima sia sintomatica di un uso della discrezionalità tecnica distorto e contrario ai principi di efficacia, economicità e buon andamento, in presenza del quale, soltanto, è consentito l'intervento caducatorio dell'autorità giurisdizionale (cfr.: in proposito, Cons. Stato, Sez. V, 06/06/2019, n. 3833; III, 3 luglio 2015, n. 3329; id., 01/02/2017, n. 438; id., Sez. V, sentenza n. 3372/2016; id., Sez. IV, sentenza n. 3862/2011).
Su tali premesse il Tar Campania – Napoli – ha stabilito che non appare affatto illogica ovvero irragionevole la scelta della Stazione appaltante di non procedere alla verifica dell'anomalia a prescindere dal ricorso dei presupposti normativamente richiesti dall'art. 97 comma 3, prima parte, non essendo rinvenibili nell’offerta dell’aggiudicataria i prescritti “elementi specifici” da cui desumere il fondato e ragionevole sospetto di anomalia dell'offerta, all’uopo ribadendosi che la determinazione dell'amministrazione di procedere alla verifica di anomalia dell'offerta nei casi in cui ciò non sia espressamente previsto dalla norma è del tutto facoltativa e di natura spiccatamente discrezionale, non soggetta alla sindacabilità del Giudice amministrativo se non per le ipotesi di manifesta illogicità ed irragionevolezza. Tar Campania  – Napoli - Sez. V, sentenza del 26 ottobre 2020 n. 4831

QUINTO D'OBBLIGO ART. 106

 

Le varianti disposte dalla stazione appaltante nell'ambito del c.d. quinto d'obbligo devono derivare da circostanze imprevedibili e sopravvenute, emerse nel corso dell'esecuzione del contratto. Ne consegue che non può considerarsi legittimo ricorrere a questo istituto per rimediare a errori originari compiuti dall'ente appaltante in sede di determinazione dei propri fabbisogni o al fine di eludere gli obblighi di evidenza pubblica per l'affidamento delle prestazioni. Si è espresso in questi termini il Tar Campania, Sez. V, 27 novembre 2020, n. 5595, con una pronuncia che offre spunti interessanti anche per meglio inquadrare la complessa disciplina sulle varianti in corso d'opera contenuta nell'articolo 106 del D.lgs. 50/2016.

Dal punto di vista sostanziale la controversia riguarda l'affidamento di prestazioni ulteriori rispetto a quelle originariamente previste in presunta violazione delle regole sull'evidenza pubblica. 

Non è stata accolta l’eccezione secondo cui l'istituto del quinto d'obbligo attiene allo jus variandi, e quindi sarebbe tipico della fase esecutiva, cioè della fase successiva alla stipulazione del contratto, di conseguenza, in base al tradizionale riparto di giurisdizione secondo cui il giudice amministrativo è competente per tutte le controversie che attengono alla procedura di gara e trova un limite alla sua competenza nell'avvenuta stipulazione del contratto.

Tale istituto, da sempre conosciuto nell'ordinamento dei contratti pubblici, trova oggi regolamentazione nel comma 12 dell'articolo 106 del D.lgs. 50/2016. Questa disposizione consente all'ente appaltante di imporre all'appaltatore un aumento o una diminuzione delle prestazioni nel limite del quinto dell'importo del contratto originario (appunto il quinto d'obbligo) in relazione a necessità sorte nel corso dell'esecuzione del contratto. Tali prestazioni aggiuntive devono essere eseguite dall'appaltatore alle stesse condizioni previste nel contratto originario.

Si tratta di una particolare forma di jus variandi, che consente all'ente appaltante di aumentare o diminuire le prestazioni nel limite del 20% dell'importo del contratto originario, e che ha la peculiare caratteristica che l'appaltatore, entro il suddetto limite, non può apporre alcun rifiuto, essendo tenuto a eseguire le prestazioni aggiuntive (o a subire una diminuzione delle stesse) alle medesime condizioni previste nel contratto originario.

Il TAR ricorda preliminarmente che lo ius variandi relativo al quinto d'obbligo riconosciuto all'ente appaltante nei termini indicati assume natura derogatoria in primo luogo rispetto alla disposizione di carattere generale di cui all'articolo 1372 codice civile, secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti. In questo caso, infatti, si riconosce a uno dei due contraenti – l'ente appaltante – la facoltà di modificare unilateralmente uno degli elementi essenziali del contratto, e cioè la quantità delle prestazioni da rendere.

La previsione sul quinto d'obbligo si pone anche come eccezione alla regola generale secondo cui i committenti pubblici devono affidare le prestazioni da acquisire tramite procedura a evidenza pubblica. Le prestazioni aggiuntive, nei limiti del quinto dell'importo del contratto originario, vengono infatti affidate all'appaltatore al di fuori di ogni procedura concorrenziale.

La natura derogatoria della previsione in esame, porta a ritenere che quest'ultima debba considerarsi di stretta interpretazione, nel senso che non può trovare applicazione oltre i limiti tassativi individuati dalla stessa, e si afferma pertanto il principio secondo cui l'istituto del quinto d'obbligo può essere legittimamente utilizzato solo a fronte di circostanze imprevedibili e sopravvenute sorte nel corso dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Al contrario, è da ritenersi assolutamente precluso il ricorso a questo istituto per rimedire ad errori originari compiuti dall'ente appaltante in sede di valutazione dei propri fabbisogni quantitativi ovvero – in termini ancora più critici – per eludere le norme che impongono il ricorso a procedure a evidenza pubblica per l'affidamento delle prestazioni.

In merito alla disciplina generale delle varianti, di cui all'articolo 106 del D.lgs. 50, occorre considerare che i commi 1 e 2 di tale articolo individuano le ipotesi in cui è consentito introdurre varianti ai contratti in corso di esecuzione, definendo nel dettaglio le specifiche condizioni, in relazione a ognuna delle ipotesi elencate, che devono ricorrere affinché l'introduzione sia legittima.

Nel contempo, il comma 12 consente all'ente appaltante di esercitare lo ius variandi nei limiti del quinto d'obbligo. Si deve ritenere che quest'ultima previsione abbia una valenza autonoma, nel senso che il ricorso alle varianti nell'ambito del quinto d'obbligo prescinde dal ricorso delle condizioni indicate dai commi 1 e 2.

In altri termini, l'ente appaltante potrà disporre le varianti nei limiti del quinto dell'importo del contratto originario a prescindere dall'esistenza delle condizioni cui le disposizioni dell'articolo 106 subordinano, in termini generali, la possibilità di introdurre varianti. Resta tuttavia fermo il principio generale secondo cui anche le varianti disposte nell'ambito del quinto d'obbligo devono trovare giustificazione in eventi sopravvenuti e imprevedibili emersi come tali nella fase di esecuzione del contratto e che non erano conosciuti o conoscibili in fase di predisposizione della documentazione di gara.