La
quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1565/2015 depositata
il 23 marzo, ritiene condivisibile l'indirizzo giurisprudenziale secondo
cui la violazione della clausola detta di stand still (termine dilatorio che
dovrebbe precedere la stipula del contratto) non costituisce vizio
dell’aggiudicazione e non determina pertanto la sua invalidità (Cons. St., sez.
V, 31 marzo 2014, n. 1548; sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934).
Orientamenti per programmare, progettare, approvare, appaltare, realizzare, collaudare, manutenere le opere pubbliche - a cura di giuliano lorenzi
martedì 31 marzo 2015
COMMISSIONE DI GARA E INCOMPATIBILITÀ
Quanto
alla presunta incompatibilità di un soggetto, funzionario responsabile
dell’ufficio competente, a far parte della commissione di gara, il CdS rileva
che, se non è revocabile in dubbio che la disposizione dell’art. 84 del D. Lgs.
n. 163 del 2006, dettata a garanzia della trasparenza e dell’imparzialità dei
procedimenti di gara, impedisce la presenza nelle commissioni di gara di coloro
che abbiano svolto un’attività idonea ad interferire con il giudizio di merito
sull’appalto, in grado cioè di incidere sul processo formativo della volontà
che conduce alla valutazione delle offerte potendo condizionarne l’esito (ex
multis, Cons. St., sez. V, 28 aprile 2014, n. 2191; 14 giugno 2013, n. 3316;
sez. VI, 21 luglio 2011, n. 4438; 29 ottobre 2010, n. 9577), d’altra parte deve
sottolinearsi, per un verso, che tale incompatibilità deve riguardare
effettivamente il contratto del cui affidamento si tratta e non può riferirsi
genericamente ad incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad
altri appalti (Cons. St., sez. V, 25 luglio 2011, n. 4450; sez, III, 28
febbraio 2014, n. 942) e, per altro verso, che di tale situazione di
incompatibilità deve essere fornita adeguata e ragionevole prova, non essendo
sufficiente in tal senso il mero sospetto di una possibile situazione di
incompatibilità (dovendo la disposizione in questione, in quanto limitativa
delle funzioni proprie dei funzionari dell’amministrazione, essere interpretata
in senso restrittivo).
Ciò
senza contare che, al fine della sussistenza della incompatibilità in
questione, non è neppure sufficiente la mera predisposizione materiale del
capitolato speciale, occorrendo invero non già un qualsiasi apporto al
procedimento di approvazione dello stesso, quanto piuttosto una effettiva e
concreta capacità di definirne autonomamente il contenuto, con valore
univocamente vincolante per l’amministrazione ai fini della valutazione delle
offerte, così che in definitiva il suo contenuto prescrittivo sia riferibile
esclusivamente al funzionario, fattispecie che non ricorre nel caso di specie
in cui il capitolato tecnico in questione risulta approvato da altro dirigente
(che poi ha svolto le funzioni di presidente della commissione di gara).
Lo
ha precisato la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n.
1565/2015 depositata il 23 marzo.
VALUTAZIONE DELLA CONGRUITÀ DELLE OFFERTE TECNICHE
Secondo
un consolidato indirizzo giurisprudenziale, le valutazioni della commissione di
gara in ordine alla valutazione della congruità delle offerte tecniche sono
espressione di discrezionalità tecnica dell'amministrazione appaltante e,
quindi, assoggettabili ad un sindacato limitato alle presenza di macroscopiche
illogicità ed omissioni ovvero ad evidenti errori di fatto (ex plurimis, tra le
più recenti, Cons. St., sez. V, 4 novembre 2014, n. 5446; 11 novembre 2014, n.
5518; sez. VI, 18 novembre 2014, n. 5652).
Allorquando
l'amministrazione abbia ritenuto congrua l'offerta sulla base delle spiegazioni
fornite dal concorrente in sede di verifica dell'anomalia, la sua valutazione
deve ritenersi sufficientemente motivata con richiamo per relationem ai
chiarimenti ricevuti, giacché la verifica delle offerte anomale non ha per
oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica,
mirando invece ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile e,
dunque, se dia o non serio affidamento circa la corretta esecuzione (Cons. St.,
sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890).
Lo
ha precisato la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n.
1565/2015 depositata il 23 marzo.
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