domenica 17 marzo 2013

ATTI DI SOTTOMISSIONE E ATTI AGGIUNTIVI CONSEGUENTI A PERIZIE SUPPLETIVE E DI VARIANTE


Circa gli atti negoziali relativi a varianti che attengono a lavori pubblici in corso di esecuzione, la giurisprudenza, in genere, utilizza indifferentemente - tanto per i lavori la cui entità non è superiore ad un quinto dell'importo dell'appalto in essere, quanto per quelli di valore eccedente tale limite e per quelli extracontrattuali - i termini di 'atto di sottomissione' e di 'atto aggiuntivo', benché ad essi si attribuisca, nel linguaggio corrente, significato diverso. Infatti, l'atto con il quale le parti convengono l'esecuzione di varianti in corso d'opera riveste natura sostanzialmente diversa a seconda che :
a) gli ulteriori lavori ricadano nel c.d. 'quinto d'obbligo' - in tal caso l'appaltatore è tenuto ad eseguirli ex lege agli stessi patti, prezzi e condizioni del negozio originario e il conseguente atto tra amministrazione ed impresa (in genere denominato 'atto di sottomissione') viene considerato quale mera integrazione del contratto principale;
b) gli ulteriori lavori eccedano il predetto limite di valore o si configurino come extracontrattuali - in questa evenienza l'appaltatore non è più obbligato ad eseguirli e l'eventuale accordo tra le parti (che generalmente si individua col termine di 'atto aggiuntivo') costituisce un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario.
La differenza tra le due tipologie è anche chiarita dalla giustizia arbitrale , secondo la quale, mentre l'atto aggiuntivo è un negozio bilaterale, con il quale committente ed appaltatore concordano lavori complementari o propedeutici a quelli previsti dal progetto, fissando natura, quantità, prezzi e tempo di esecuzione in totale autonomia rispetto al rapporto obbligatorio originario, l'atto di sottomissione è la dichiarazione dell'appaltatore di voler adempiere all'obbligo, imposto dalla legge, di dare esecuzione alle variazioni in aumento o in diminuzione non eccedenti il quinto d'obbligo, ordinate dall'amministrazione committente e si configura, perciò, come negozio unilaterale, che non dà vita ad un rapporto distinto dall'appalto in corso e che, anzi, si inserisce nell'ambito del contratto originario, del quale diventa parte integrante.
In relazione alla libertà, o meno, di scelta della forma dell'atto contrattuale che occorre stipulare nelle predette evenienze, si segnala che:
a) la Corte dei conti avrebbe affermato che la forma pubblica adottata per l'atto principale vincola pacificamente anche i successivi eventuali atti aggiuntivi ;
b) il Ministero delle infrastrutture avrebbe ritenuto che, anche qualora si tratti di varianti contenute nel c.d. quinto d'obbligo, la forma dell'atto di sottomissione debba essere la medesima utilizzata per l'atto principale.
L'A.N.C.I. , indica che:
- trattando dell'atto aggiuntivo quale negozio meramente accessorio, che inerisce al contratto originario, di cui costituisce parte integrante, ha sostenuto la facoltà dell'ente di seguire le stesse forme previste ed utilizzate per il contratto originario ;
- riferendosi all'atto di sottomissione (senza, peraltro, precisare se l'analisi attenga ad una o ad entrambe le tipologie di cui si è detto) e richiamando l'art. 11, comma 13, del codice dei contratti pubblici , ha affermato che da tale disposizione «sembra quindi doversi desumere che non necessariamente debba seguirsi la stessa forma usata per il contratto originario, essendo sufficiente il ricorso anche ad una delle altre forme ivi consentite, tenendo conto della eventuale regolamentazione comunale sulla materia» ;
- rammentando la differenza tra gli atti aventi valore di mere integrazioni contrattuali (varianti entro il c.d. 'quinto d'obbligo') e quelli costituenti, invece, ulteriori ed autonomi contratti, ha ritenuto che, mentre per i primi «non vi è necessità di redazione dell'atto in forma pubblica amministrativa, e quindi non vi è nemmeno l'obbligo di pagamento dell'imposta di registro», i secondi vanno sottoposti «alle ordinarie norme in tema di forma dei contratti della p.a., e al regime fiscale dei nuovi contratti» .
Per quanto attiene all'imposta di registro, occorre fare riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ed, in particolare, agli artt. 5 (Registrazione in termine fisso e registrazione in caso d'uso), 6 (Caso d'uso) e 20 (Interpretazione degli atti).

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