E’
quanto ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza
dell’11/06/2018, n. 26610, che, pur relativa ad una fattispecie ricadente sotto
il previgente Codice degli appalti (art. 125, comma 13), è egualmente conforme
anche alle previsioni dell’attuale Codice dei contratti pubblici, il cui art.
35, comma 6, parimenti vieta di frazionare un appalto “allo scopo di evitare
l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni
oggettive lo giustifichino”.
Secondo
la suddetta sentenza, infatti, ai fini del perfezionamento del reato di
abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), assume rilievo il concreto verificarsi (reale
o potenziale) di un ingiusto vantaggio patrimoniale che il soggetto attivo
procura con i suoi atti a se stesso o ad altri, ovvero di un ingiusto danno che
quei medesimi atti procurano a terzi.
È,
quindi, necessario che sussista la cosiddetta doppia ingiustizia, nel
senso che ingiusta deve essere la condotta, perché connotata da violazione di
legge, ed ingiusto deve essere l’evento di vantaggio patrimoniale, in quanto
non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia.
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