domenica 22 luglio 2018

ILLEGITTIMA LA CLAUSOLA DELLA LEX SPECIALIS DI GARA CHE IMPONE UN LIMITE MASSIMO DI RIBASSO RISPETTO ALLA BASE D’ASTA


Con la delibera n. 610 del 27 giugno 2018, il Consiglio dell'Anac ha ritenuto illegittima la clausola della lex specialis di gara che impone il limite massimo del 50% di ribasso rispetto alla base d’asta.

Con istanza acquisita all'ANAC dell’1.3.2017, un architetto mandatario del RTP risultato secondo classificato della gara in oggetto, contesta l’operato della Stazione appaltante in relazione alla valutazione di congruità dell’offerta del primo classificato.
La questione posta all’attenzione dell’Autorità con la richiesta di parere è centrata sulla valutazione di congruità dell’offerta e più precisamente sulle modalità con cui la Stazione appaltante ha effettuato l’apprezzamento (discrezionale) dei giustificativi presentati dal RTP aggiudicatario della gara richiesti a seguito della presentazione di una offerta ritenuta anomala.
E’ ben noto il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12/5/2017, n. 2228).
Stante la particolare natura (tecnica) del giudizio (discrezionale) che la legge attribuisce alle Stazioni appaltanti nell’effettuazione della valutazione della congruità o meno dell’offerta, è evidente che tale limite di sindacabilità dell’operato della Stazione appaltante non riguarda solo il giudice amministrativo ma, a maggior ragione, coinvolge anche l’Autorità.
Nel caso di specie – osserva l'Anac - non appaiono del tutto infondate le doglianze dell’istante rivolte alla contestazione della serietà e sostenibilità economica dell’offerta presentata dall’aggiudicatario, che evidenzia talune incongruenze in ordine al calcolo delle giornate lavorative necessarie al corretto espletamento delle attività di progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza, che appaiono particolarmente sottostimate quantitativamente e sottovalutate economicamente.
Tuttavia appare assorbente rispetto a tutti i sopra esposti argomenti di doglianza la considerazione che sia stata proprio l’impostazione stessa della gara ad aver prodotto le conseguenze che per altro verso e per altre motivazioni vengono contestate dall’odierno istante.
Specificamente ci si riferisce alla clausola di lex specialis che fissa al 50% il ribasso massimo ammissibile rispetto alla base d’asta.
Il Consiglio di Stato, in merito alla possibilità di fissare una soglia di ribasso massimo sul prezzo, si è espresso in termini negativi, chiarendo che tale clausola – in via generale – è illegittima perché introduce un inammissibile limite alla libertà di concorrenza sull’elemento economico. Secondo il Collegio, infatti, tale norma di gara introduce un’inammissibile limite alla libertà degli operatori economici di formulare la proposta economica sulla base delle proprie capacità organizzative e imprenditoriali, pregiudicando, sino di fatto ad annullarlo, il confronto concorrenziale sull’elemento prezzo (CdS, Sez. V, 28/06/2016 n. 2912).
Nel caso preso in esame dai giudici amministrativi, tuttavia, il limite al massimo ribasso era fissato al 12% per la duplice esigenza, manifestata dalla Stazione appaltante a giustificazione del proprio operato, di garantire che il prezzo proposto fosse sufficiente a sostenere il costo del lavoro e che la prestazione fosse qualitativamente adeguata. Benché, dunque, l’intenzione della Stazione appaltante meritasse un apprezzamento positivo quantomeno sul piano dell’obiettivo finale perseguito, il Consiglio di Stato ha ritenuto comunque che «La limitazione introdotta con l’avversata clausola della lex specialis, non può, poi, trovare giustificazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, nell’esigenza di garantire che il prezzo proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro e a salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL, atteso che tali finalità devono essere perseguite attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art. 87, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che consente di escludere dalla gara, all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte risultate anormalmente basse», così concludendo definitivamente che «Deve conclusivamente ritenersi viziata una prescrizione di gara finalizzata a limitare la rilevanza del ribasso offerto dai concorrenti».
A maggior ragione non può giungersi a diversa conclusione nel caso che ci occupa, sebbene le motivazioni siano parzialmente differenti.
Rimane intatta la censura relativa alla previsione di una soglia massima di ribasso sul prezzo, poiché viene di fatto annullato il confronto concorrenziale sul prezzo in contraddizione con il criterio di aggiudicazione prescelto, ovvero quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il cui scopo è invece quello di ottenere da ogni singolo concorrente un’offerta che contemperi la qualità massima delle prestazioni con il prezzo più basso possibile in relazione alle proprie capacità aziendali, organizzative e imprenditoriali.
Fissando una percentuale massima di ribasso ammesso la Stazione appaltante “suggerisce” già a priori quale ritiene essere il prezzo migliore e così spinge tutti i concorrenti a formulare una offerta economica ridotta del 50% rispetto alla base d’asta o, quantomeno, ad approssimarsi quanto più possibile. Non a caso, nella gara in esame, ben 8 concorrenti su 17 (ma due sono stati esclusi) hanno offerto proprio il ribasso del 50%, uno il ribasso del 49,5%, e tutti gli altri ribassi comunque molto elevati, ovvero compresi tra il 27,54% e il 41%.
D’altra parte, laddove la Stazione appaltante stabilisca già nella legge di gara una percentuale massima di ribasso consentita ciò finisce non solo per annullare la concorrenza sull’elemento prezzo, ma anche per anticipare di fatto, ancorché indirettamente, la valutazione in ordine alla congruità dell’offerta nel suo complesso. Valutazione che, in tali casi, appare atteggiarsi come una mera formalità destinata a concludersi con esito positivo.
Pertanto, secondo l'Anac si può concludere che la limitazione introdotta con la discussa clausola della lex specialis, lungi dal costituire una garanzia che il prezzo proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro (e, quando del caso, a salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL), finalità che peraltro deve essere perseguita attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art. 97 del Codice appalti, che consente di escludere dalla gara, all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte risultate anormalmente basse, finisce invece solo per generare una erronea e, quindi, illegittima applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, laddove annulla di fatto la concorrenza sull’elemento prezzo, con effetti distorsivi sull’iter del sub-procedimento di verifica dell’anomalia e dunque della procedura di aggiudicazione nel suo complesso.

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