mercoledì 30 ottobre 2019

IL SUBAPPALTO NON DEVE ESSERE CRIMINALIZZATO


Una proficua riflessione sul subappalto e sulla relativa normativa oggi vigente, potrebbe derivare dalle considerazioni contenute nei due recenti atti prodotti in sede UE:
-          La sentenza della Corte di Giustizia UE (quinta sezione) del 26/9/2019 nella causa C-63/18, a seguito dell’istanza di pronuncia pregiudiziale proposta dal TAR per la Lombardia con ordinanza del 13/12/2017;

-          La lettera di costituzione in mora dell’Italia per l’infrazione n. 2018/2273, datata 24/1/2019, sulla mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici, con particolare riferimento alle norme riguardanti il subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti.
E’ una riflessione che deve avvenire, però, scevra da ideologismi, dalle astratte formulazioni dei professori delle procedure bizantine e dai professionisti dell’”antitutto”; attenta, invece, alle necessità della produzione edilizia e dell’organizzazione del lavoro di impresa, condizioni necessarie per la realizzazione anche delle opere pubbliche.
La sentenza della Corte UE evidenzia in particolare:
1 – la normativa nazionale deve rispettare la direttiva 2014/24 che ha l’obiettivo di garantire il rispetto, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, in particolare, della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, e dei principi che ne derivano, in particolare la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la trasparenza, nonché di garantire che l’aggiudicazione degli appalti pubblici sia aperta alla concorrenza.

2 -  la predetta direttiva prevede espressamente, al suo articolo 63, paragrafo 1, la possibilità per gli offerenti di fare affidamento, a determinate condizioni, sulle capacità di altri soggetti, per soddisfare determinati criteri di selezione degli operatori economici.

3 – è interesse dell’Unione che l’apertura alla concorrenza di un bando di gara sia la più ampia possibile; il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo;

4 – una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, è incompatibile con tale direttiva;

5 – il governo sottolinea il fatto che la limitazione del ricorso al subappalto è giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia, dove il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti criminosi. Limitando la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento nelle commesse pubbliche meno appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l’ordine pubblico. Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella prevista nella normativa nazionale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo.

6 - nell’ambito della normativa, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione. Come sottolinea la Commissione, misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della direttiva 2014/24 e richiamate al punto 29 della presente sentenza. D’altronde, come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese.

7 - una restrizione al ricorso del subappalto come quella prevista dalla normativa italiana, non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24. Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dedotto dal governo italiano, secondo cui i controlli di verifica che l’amministrazione aggiudicatrice deve effettuare in forza del diritto nazionale sarebbero inefficaci. Invero, siffatta circostanza, che, come pare evincersi dalle osservazioni stesse di tale governo, risulta dalle modalità specifiche di tali controlli, nulla toglie al carattere restrittivo della misura nazionale di cui al procedimento principale. Peraltro, il governo italiano non ha affatto dimostrato che le diverse disposizioni previste all’articolo 71 della direttiva 2014/24, con le quali gli Stati membri possono limitare il ricorso al subappalto, nonché i possibili motivi di esclusione dei subappaltanti ai sensi dell’articolo 57 di tale direttiva, e ai quali fa riferimento l’articolo 71, paragrafo 6, lettera b), di quest’ultima, non possano essere attuate in modo tale da raggiungere l’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale.

La lettera di costituzione in mora per l’infrazione 2018/2273 evidenzia, a sua volta, le norme UE violate dal Codice dei contratti pubblici italiano in merito, tra le altre, al subappalto; in particolare si rileva che:

1 – nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto;

2 – la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al subappalto in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto;

3 – la direttiva 2014/24/UE, proprio come la direttiva 2004/18/CE, non prevede la possibilità di introdurre limitazioni quantitative al subappalto;

4 – l’articolo 105, comma 2, terza frase e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 violano l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 63, paragrafo 2, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE;

5 – la disposizione dell’articolo 105, comma 6 del D.Lgs. 50/2016, oggi sospeso fino al 31/12/2020, che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all’offerente ne occorrano meno di tre e anche quando, in realtà, essi non intendono fare ricorso a nessun subappaltatore, viola il principio di proporzionalità stabilito dall’art. 18, paragrafo 1 e l’art. 71 della direttiva 2014/24/UE;

6 – gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori; l’art. 105, comma 19 del D.Lgs. 50/2016 viola le disposizioni della direttiva;

7 – la normativa italiana vieta incondizionatamente i) ai diversi offerenti in una determinata procedura di gara di affidarsi alle capacità dello stesso soggetto, ii) al soggetto delle cui capacità un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e iii) all’offerente in una data procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara. I divieti di cui ai precedenti punti i), ii) e iii) sono incompatibili con il principio di proporzionalità (di cui all’art. 3 paragrafo 1, all’art.18 paragrafo 1 e all’art. 36 paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, in quanto essi non lasciano alcuna possibilità di dimostrare che il fatto di aver partecipato alla stessa procedura di gara, o di essere collegati a partecipanti nella stessa procedura di gara, non ha influito sul loro comportamento nell’ambito di tale procedura di gara né incide sulla loro capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.

Alla luce di tali censure della normativa italiana, per le quali nessuno di coloro che ne sono la causa sarà chiamato a rispondere, è opportuno porsi alcune domande e tentare di dare risposte plausibili.

(continua: FAQ sul subappalto)

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