Una
proficua riflessione sul subappalto e sulla relativa normativa oggi vigente,
potrebbe derivare dalle considerazioni contenute nei due recenti atti prodotti
in sede UE:
-
La sentenza della Corte di Giustizia UE
(quinta sezione) del 26/9/2019 nella causa C-63/18, a seguito dell’istanza di
pronuncia pregiudiziale proposta dal TAR per la Lombardia con ordinanza del
13/12/2017;
-
La lettera di costituzione in mora
dell’Italia per l’infrazione n. 2018/2273, datata 24/1/2019, sulla mancata
conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di
contratti pubblici, con particolare riferimento alle norme riguardanti il
subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti.
E’
una riflessione che deve avvenire, però, scevra da ideologismi, dalle astratte
formulazioni dei professori delle procedure bizantine e dai professionisti
dell’”antitutto”; attenta, invece, alle necessità della produzione edilizia e
dell’organizzazione del lavoro di impresa, condizioni necessarie per la
realizzazione anche delle opere pubbliche.
La sentenza della Corte UE
evidenzia in particolare:
1
– la normativa nazionale deve rispettare la direttiva 2014/24 che ha l’obiettivo
di garantire il rispetto, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, in
particolare, della libera circolazione delle merci, della libertà di
stabilimento e della libera prestazione dei servizi, e dei principi che ne
derivano, in particolare la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità
e la trasparenza, nonché di garantire che l’aggiudicazione degli appalti
pubblici sia aperta alla concorrenza.
2
- la predetta direttiva prevede
espressamente, al suo articolo 63, paragrafo 1, la possibilità per gli
offerenti di fare affidamento, a determinate condizioni, sulle capacità di
altri soggetti, per soddisfare determinati criteri di selezione degli operatori
economici.
3
– è interesse dell’Unione che l’apertura alla concorrenza di un bando di gara
sia la più ampia possibile; il ricorso al subappalto, che può favorire
l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al
perseguimento di tale obiettivo;
4
– una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori che
impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto
fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, è
incompatibile con tale direttiva;
5
– il governo sottolinea il fatto che la limitazione del ricorso al subappalto è
giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia, dove
il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti
criminosi. Limitando la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la
normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento nelle commesse pubbliche meno
appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il
fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così
l’ordine pubblico. Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa
al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto
fenomeno, una restrizione come quella prevista nella normativa nazionale eccede
quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo.
6
- nell’ambito della normativa, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei
lavori, delle forniture o dei servizi
interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi
automaticamente escluso
dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente
aggiudicatore sia in
grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga,
in seguito a verifica, che siffatto
divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata
nell’ambito dell’appalto in questione. Come sottolinea la Commissione, misure
meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal
legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della
direttiva 2014/24 e richiamate al punto 29 della presente sentenza. D’altronde,
come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose
attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare
pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque
collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali
operanti nel paese.
7
- una restrizione al ricorso del subappalto come quella prevista dalla
normativa italiana, non può essere ritenuta compatibile con la direttiva
2014/24. Tale
conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dedotto dal
governo italiano, secondo cui i controlli di verifica che l’amministrazione
aggiudicatrice deve effettuare in forza del diritto nazionale sarebbero
inefficaci. Invero, siffatta circostanza, che, come pare evincersi dalle
osservazioni stesse di tale governo, risulta dalle modalità specifiche di tali
controlli, nulla toglie al carattere restrittivo della misura nazionale di cui
al procedimento principale. Peraltro, il governo italiano non ha affatto
dimostrato che le diverse disposizioni previste all’articolo 71 della direttiva
2014/24, con le quali gli Stati membri possono limitare il ricorso al
subappalto, nonché i possibili motivi di esclusione dei subappaltanti ai sensi dell’articolo
57 di tale direttiva, e ai quali fa riferimento l’articolo 71, paragrafo 6,
lettera b), di quest’ultima, non possano essere attuate in modo tale da
raggiungere l’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale.
La lettera di costituzione
in mora per l’infrazione 2018/2273 evidenzia, a sua volta, le norme UE violate dal Codice dei
contratti pubblici italiano in merito, tra le altre, al subappalto; in
particolare si rileva che:
1
– nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni
che consentano un limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che
può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio
secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie
imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale
obiettivo può essere raggiunto;
2
– la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al
subappalto in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del
subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni
dedotte in contratto;
3
– la direttiva 2014/24/UE, proprio come la direttiva 2004/18/CE, non prevede la
possibilità di introdurre limitazioni quantitative al subappalto;
4
– l’articolo 105, comma 2, terza frase e l’articolo 105, comma 5, del decreto
legislativo 50/2016 violano l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma,
l’articolo 63, paragrafo 2, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE;
5
– la disposizione dell’articolo 105, comma 6 del D.Lgs. 50/2016, oggi sospeso
fino al 31/12/2020, che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre
subappaltatori, anche qualora all’offerente ne occorrano meno di tre e anche
quando, in realtà, essi non intendono fare ricorso a nessun subappaltatore,
viola il principio di proporzionalità stabilito dall’art. 18, paragrafo 1 e
l’art. 71 della direttiva 2014/24/UE;
6
– gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e
universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori; l’art. 105,
comma 19 del D.Lgs. 50/2016 viola le disposizioni della direttiva;
7
– la normativa italiana vieta incondizionatamente i) ai diversi offerenti in
una determinata procedura di gara di affidarsi alle capacità dello stesso
soggetto, ii) al soggetto delle cui capacità un offerente intende avvalersi di
presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e iii) all’offerente in
una data procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella
stessa procedura di gara. I divieti di cui ai precedenti punti i), ii) e iii)
sono incompatibili con il principio di proporzionalità (di cui all’art. 3
paragrafo 1, all’art.18 paragrafo 1 e all’art. 36 paragrafo 1, della direttiva
2014/24/UE, in quanto essi non lasciano alcuna possibilità di dimostrare che il
fatto di aver partecipato alla stessa procedura di gara, o di essere collegati
a partecipanti nella stessa procedura di gara, non ha influito sul loro
comportamento nell’ambito di tale procedura di gara né incide sulla loro
capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.
Alla
luce di tali censure della normativa italiana, per le quali nessuno di coloro
che ne sono la causa sarà chiamato a rispondere, è opportuno porsi alcune
domande e tentare di dare risposte plausibili.
(continua:
FAQ sul subappalto)
Nessun commento:
Posta un commento