mercoledì 10 giugno 2020

Per una normativa adeguata ai tempi 4) LA TUTELA DEI DIRIGENTI E DEI FUNZIONARI PUBBLICI


Il virus che ha contagiato la pubblica amministrazione si chiama Opzione Zero. Chi deve decidere decide di non decidere. Per non rischiare. Per non assumersi responsabilità. Ignorando il futuro. Se vogliamo che questo paese funzioni e possa crescere, dobbiamo iniziare a decidere. Bisogna quindi modificare tutte le sovrastrutture, i bizantinismi, le invenzioni dei moderni azzeccagarbugli, degli ideologi di turno, che hanno mortificato l’intraprendenza e le competenze degli enti pubblici. Ma per decidere non si può operare in un clima da caccia alle streghe, con il pregiudizio della corruzione nella pubblica amministrazione, con il tarlo delle incriminazioni decise ancora prima di fare le indagini, con il timore degli arresti gratuiti.
Nessun dirigente o funzionario della pubblica amministrazione si sottrae alle verifiche ed ai controlli che si volessero attuare sulle attività svolte nella realizzazione dell’opera pubblica. Ma si pretende rispetto della dignità delle persone e del ruolo che il funzionario pubblico ricopre, richiedendo in primis, con gentilezza, la documentazione necessaria alle verifiche e chiedendo, gentilmente, i chiarimenti ritenuti opportuni.
Oggi, invece, ancor prima di acquisire la documentazione e le prove, si attua in maniera violenta il sequestro dei documenti; il carcere preventivo e le misure di privazione della libertà personale vengono usate in maniera indiscriminata e disinvolta, violando il principio sacrosanto che nessuno possa essere incarcerato prima di un processo in cui venga provata (provata!) la sua colpevolezza, in un pubblico dibattimento fatto con tutte le garanzie. Questo è il primo punto da introdurre nel codice di procedura penale a tutela dei pubblici funzionari.
In secondo luogo devono essere definiti puntualmente i reati. Nella recente lettera al Corriere della sera, il Presidente del Consiglio Conte ha sottolineato l’esigenza che «sui funzionari onesti» non gravi «eccessiva (!) incertezza giuridica», rendendo necessario, «ad esempio», circoscrivere «più puntualmente il reato di abuso d’ufficio e la medesima responsabilità erariale». L’art. 323 c.p., che punisce il funzionario pubblico che procura intenzionalmente a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale ingiusto, oppure un danno ingiusto, violando una norma di legge o di regolamento, è quello sotto accusa. Ma non dimentichiamo nemmeno l’uso disinvolto dell’art.353 c.p. relativo alla turbativa d’asta.
L’azione della pubblica amministrazione, si sostanzia nella cura concreta degli interessi pubblici, selezionati dalla legge ed affidati da questa ad un prefissato centro di potere pubblico. Il soggetto pubblico preposto al perseguimento di un certo interesse pubblico, nell’osservanza della relativa causa attributiva del potere, agisce osservando i contenuti ed i confini stabiliti dalla legge (c. d. principio di legalità) ed opera nel modo ritenuto come migliore possibile alla stregua dei criteri di adeguatezza, di convenienza e di opportunità (c. d. merito amministrativo).
La discrezionalità tecnica si caratterizza per la conoscenza ed applicazione di discipline specialistiche dei più diversi settori del sapere umano (a seconda dei casi) e per l’assenza di scelte (in senso proprio). Mentre la discrezionalità amministrativa è di tipo intuitivo e particolare e confina con la valutazione politica, la discrezionalità tecnica è rigorosa e generale ovvero poggia su assunti teoricamente o sperimentalmente comprovati e generalizzati. D’altra parte, il potere discrezionale ha la funzione di rendere concreto il dettato astratto della legge, in modo tale da declinare, con la necessaria duttilità, l’azione amministrativa alle particolarità del caso singolo, nell’ottica della tutela dell’interesse pubblico inteso anche come interesse della collettività.
La discrezionalità tecnica ed amministrativa non si può sindacare. La discrezionalità tecnica è sindacabile solo in presenza di valutazioni incoerenti o irragionevoli che comportano un vizio della funzione; sono pertanto da considerare solo quelle palesi aberrazioni in presenza delle quali il vizio della funzione non può più ritenersi intrinseco alla stessa valutazione di merito, che evidentemente comporta un grado più o meno alto di opinabilità, ma trasmoda nell’eccesso di potere o comunque nei limiti del travisamento dei fatti, palese illogicità o manifesta irragionevolezza.
Dunque, si deve perseguire penalmente, dopo avere acquisito le prove e non sulla base di astratti pregiudizi, solo il soggetto che ha operato con dolo (consiste nella intenzionalità del comportamento produttivo dell’evento lesivo, vale a dire della consapevole volontà di arrecare un danno ingiusto all’Amministrazione), o con colpa grave (consiste nell’errore professionale inescusabile dipendente da una violazione di legge, da intendersi in senso ampio (c.d. colpa generica), ovvero fondata su negligenza, imprudenza e imperizia, dovendo la stessa sempre essere riferibile ai compiti, mansioni, funzioni e poteri del funzionario, non potendo, invece, essere dedotta dalla mera posizione di vertice).
Ciò vale anche per la responsabilità erariale.
Ma soprattutto, non si possono assumere provvedimenti prima di aver svolto le necessarie verifiche, assumendo tutte le informazioni e controdeduzioni da parte dell’interessato. Il funzionario onesto deve sentirsi protetto dal proprio ente di appartenenza e dallo Stato. Deve essere assistito e supportato legalmente dal proprio ente, fatta salva la possibilità di rivalersi sullo stesso qualora si pervenisse ad un giudizio di colpevolezza.

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