Ai
fini di definire la fattispecie dello stand still è necessario procedere al
corretto inquadramento teorico dell’istituto del termine dilatorio per la
stipula del contratto ex art. 11, comma 10 del D.Lgs. n. 163/2006 (c.d. stand
still), nonché all’accertamento della coerenza sistematica delle modifiche al
Codice dei contratti pubblici, intervenute a seguito del recepimento, con
D.Lgs. 20 marzo 2010 n. 53, della Direttiva 2007/66/CE (c.d. Direttiva
ricorsi), con riguardo alle interferenze di questo istituto con il procedimento
che disciplina l’aggiudicazione definitiva, già previsto dal Codice dei
contratti pubblici dal combinato disposto degli artt. 11, commi 8, 9, 10; art.
48 e art. 79.
L’istituto
dello stand still, riformato dal recepimento della sopraindicata direttiva,
dispone l’impedimento temporaneo della stipulazione del contratto per un
termine di “trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del
provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 79” (art. 11,
comma 10, del D.Lgs. n. 163/2006). Si tratta di un termine dilatorio, previsto
ex lege, che deve intercorrere tra il provvedimento di aggiudicazione e la stipulazione
del contratto, allo scopo di garantire agli interessati che, nelle more del
termine a disposizione per presentare un ricorso, il contratto non venga
stipulato tra l’amministrazione e l’aggiudicatario, frustrando le iniziative
dei non vincitori, potenziali ricorrenti. La sospensione dell’efficacia del
provvedimento di aggiudicazione definitiva prescinde dalla concreta
proposizione di un ricorso giurisdizionale ed è posta a garanzia dei potenziali
ricorrenti, i quali – laddove decidessero di intentare un impugnazione – non
sarebbero pregiudicati da una stipulazione già avvenuta. Con riguardo
all’aggiudicazione definitiva, occorre precisare che essa non è immediatamente
efficace ma “diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti”
(art. 11, comma 8 del D.Lgs. n. 163/2006). Peraltro, se – da un lato - il
Codice, dopo l’aggiudicazione, fissa la decorrenza del termine ordinatorio in
sessanta giorni a partire dall’aggiudicazione definitiva divenuta efficace
(art. 11, comma 9 del D.Lgs. n. 163/2006); dall’altro lato, con riguardo al
termine (minimo dilatorio) di stand still, dispone che la decorrenza del
termine prenda avvio “dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del
provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 79” (art. 11,
comma 10 del D.Lgs. n. 163/2006), senza chiarire se si debba far riferimento al
provvedimento sic et simpliciter oppure al provvedimento divenuto efficace.
Poste
tali premesse, la ratio del meccanismo di stand still si può ricavare dal
quarto considerando della Direttiva ricorsi ove si afferma che “(f)ra le
carenze constatate, figura in particolare l’assenza di un termine che consenta
un ricorso efficace tra la decisione d’aggiudicazione di un appalto e la
stipula del relativo contratto. Ciò induce talvolta le amministrazioni
aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori desiderosi di rendere irreversibili le
conseguenze di una decisione d’aggiudicazione contestata a procedere molto
rapidamente alla firma del contratto. Per rimediare a questa carenza, che
costituisce un serio ostacolo ad un’effettiva tutela giurisdizionale degli
offerenti interessati, vale a dire coloro che non sono stati ancora
definitivamente esclusi, è opportuno prevedere un termine sospensivo minimo,
durante il quale la stipula del contratto in questione è sospesa,
indipendentemente dal fatto che quest’ultima avvenga o meno al momento della
firma del contratto”. In tal senso, l’istituto dello stand still deriva dal
bilanciamento di due contrapposti interessi: da un lato, l’interesse di
tutelare il concorrente post- graduato e potenziale ricorrente dalla cd “corsa”
al contratto; dall’altro, quello di consentire all’amministrazione di giungere
celermente alla conclusione del procedimento e di sottoscrivere in tempi rapidi
e certi l’atto da cui deriva la pretesa dell’esecuzione.
Non a torto, si osserva che i concorrenti potrebbero avere interesse ad impugnare l’aggiudicazione definitiva, anche o meramente, con riferimento agli atti che ne attestino l’intervenuta efficacia (ad es., da parte del secondo in graduatoria che contesti la legittimità dell’accertamento della sussistenza degli stessi in capo all’aggiudicatario) o l’inefficacia (ad es., da parte dell’aggiudicatario che si veda revocata l’aggiudicazione per la constatata insussistenza dei requisiti).
Non a torto, si osserva che i concorrenti potrebbero avere interesse ad impugnare l’aggiudicazione definitiva, anche o meramente, con riferimento agli atti che ne attestino l’intervenuta efficacia (ad es., da parte del secondo in graduatoria che contesti la legittimità dell’accertamento della sussistenza degli stessi in capo all’aggiudicatario) o l’inefficacia (ad es., da parte dell’aggiudicatario che si veda revocata l’aggiudicazione per la constatata insussistenza dei requisiti).
Tuttavia
– nell’economia del bilanciamento di interessi sopra rappresentato – riferire
la garanzia realizzata attraverso il termine di stand still esclusivamente al
momento in cui il contratto sia validamente stipulabile, i.e. al momento
dell’aggiudicazione divenuta efficace, determina una eccessiva compressione
dell’interesse dell’amministrazione (e non solo) alla celerità del procedimento
e si scontra con alcune, insuperabili, obiezioni.
In
primo luogo, si può ritenere che, in tal modo, verrebbe sacrificata l’esigenza
di un termine certo che il legislatore comunitario ha inteso introdurre con lo
stand still, segnando un punto fermo a partire dal quale l’amministrazione può
validamente stipulare il contratto, poiché il termine per la stipulazione
verrebbe a dipendere – in ultima analisi – dalla maggiore o minore celerità
dell’azione amministrativa nell’attività di accertamento dei requisiti.
In
secondo luogo, non sembra si possa disattendere la constatazione per cui – con
riguardo al termine di stand still – il legislatore ha previsto che esso
decorra sic et simpliciter “dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del
provvedimento di aggiudicazione” (art. 11, comma 10 del D.Lgs. n. 163/2006),
senza in alcun modo menzionarne l’efficacia. In tal senso, laddove il
legislatore avesse inteso riferirsi al provvedimento efficace di aggiudicazione
definitiva, lo avrebbe chiaramente espresso, come peraltro si riscontra nella
previsione che detta il termine massimo ordinatorio di sessanta giorni (art.
11, comma 9 del D.Lgs. n. 163/2006). Detta interpretazione appare, peraltro,
confermata dalla disposizione dell’art. 79, co. 5, lett. a), a tenore della
quale l’amministrazione è tenuta a comunicare “l’aggiudicazione definitiva,
tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni (…)”.
Anche in questa disposizione, che concerne il medesimo atto, non si fa
riferimento alcuno all’intervenuta efficacia dell’aggiudicazione definitiva; e
soprattutto si chiarisce che la comunicazione deve essere tempestiva.
Più
in generale, si consideri che il termine di stand still (minimo dilatorio) e
quello di stipula del contratto (massimo ordinatorio) perseguono finalità non
coincidenti: lo stand still è orientato a garantire l’efficacia della tutela
processuale del ricorrente, mentre il termine per la stipulazione garantisce la
certezza e celerità del procedimento amministrativo di verifica della
sussistenza dei requisiti per la valida sottoscrizione del contratto. Peraltro,
non si può trascurare che generalmente la lesione dell’interesse del
concorrente che segue in graduatoria appare nella maggior parte dei casi già
chiara al momento dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva,
ancorché questa sia soggetta a una fase di integrazione dell’efficacia: in tal
senso, sussistono valide ragioni per ritenere che l’interesse a ricorrere
sorge, in generale, in conseguenza della suddetta aggiudicazione, fermo
restando che – ancor più laddove nel successivo provvedimento che dichiara
l’efficacia dell’aggiudicazione definitiva emergano elementi nuovi per
l’impugnazione – l’azione possa essere integrata con atto di motivi aggiunti
(sul punto, cfr. Tar Lazio, Sez. I-bis, 8 luglio 2009, n. 6681).
In
conclusione, sembra ragionevole sostenere che, per quanto espresso in
motivazione, in ossequio alle esigenze di celerità e certezza dell’azione
amministrativa sottese alle modifiche al Codice dei contratti pubblici
introdotte dal recepimento della Direttiva ricorsi, il dies a quo, dal quale
decorre il termine dilatorio di trentacinque giorni, previsto nel novellato
meccanismo di stand still, coincide con l’ultima delle comunicazioni di cui
all’art. 79, comma 5, lett. a).
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