martedì 13 luglio 2021

LE SPESE SOSTENUTE DALL'IMPRESA PER LA PARTECIPAZIONE ALLA GARA NON POSSONO ESSERE RISARCITE

 

Il Consiglio di Stato (sentenza 26 febbraio 2021, n. 1678) ha stabilito che, in caso di domanda di risarcimento da mancata aggiudicazione, le spese sostenute dall'impresa per la partecipazione alla gara non possono essere risarcite, trattandosi di costi destinati a rimanere a carico dell'impresa sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi possono assumere rilevanza ai fini del riconoscimento del danno emergente solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione.

La richiesta di risarcimento danni era stata presentata da una società di costruzioni che aveva partecipato alla gara per l'affidamento, secondo il criterio dell'offerta più vantaggiosa, di lavori.

L'ente locale, dopo aver aggiudicato la gara ad un'impresa, aveva annullato in autotutela la nomina della commissione giudicatrice e, conseguentemente, tutte le attività poste in essere, compresa l'aggiudicazione, che era stata nuovamente disposta in favore della stessa impresa. La ricorrente aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione e chiesto il risarcimento dei danni per equivalente, con riferimento alle spese di partecipazione alla gara, al danno curricolare, al danno curricolare e al profitto ritraibile dall'esecuzione dell'appalto, da risarcire a titolo di lucro cessante.

In particolare, i costi di partecipazione alla gara:

1) non possono essere risarciti perché costituiscono una voce di spesa che resta comunque a carico dell'impresa «anche nel caso in cui risulti vincitrice della gara ed esegua il contratto» (cfr. Cons. Stato: Sez. VI, sentenza 17 febbraio 2017, n. 731; Sez. VI, sentenza 28 luglio 2015, n. 3716);
2) devono essere ristorati in forma specifica «mediante rinnovo delle operazioni di gara e, solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente» (Cons. Stato, Sez. VI: sentenze 16 settembre 2011 e 9 giugno 2008 n. 5168), altrimenti si concederebbe al partecipante alla gara «un beneficio maggiore di quello che deriverebbe da una partecipazione regolare e addirittura dalla stessa aggiudicazione» (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 7 settembre 2010, n. 6485).

La richiesta di risarcimento delle altre "voci" di danno è stata dichiarata inammissibile perché la ricorrente, diversamente da quanto stabilito dall'art. 40, comma 1, lett. d), cod. proc. amm. («il ricorso deve contenere distintamente i motivi specifici su cui si fonda») si era riservata di "esplicitare" i danni subiti nella memoria conclusiva ex art. 73 cod. proc. amm., attribuendo a tale atto una funzione diversa da quella riconosciuta, vale a dire «[la] mera illustrazione delle censure già ritualmente proposte in giudizio» (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 27 novembre 2017, n. 5543).

Fermo restando il principio generale secondo il quale è onere dell'impresa allegare i danni subiti a causa della mancata esecuzione della commessa e provarli nel loro ammontare dal momento che, diversamente da quanto avviene per l'azione di annullamento di atti amministrativi, nell'azione di risarcimento dei danni per equivalente opera l'art. 64, comma 1, cod. proc. amm. («il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza 12 febbraio 2020, n.1116 che ha rigettato la tesi secondo cui il danno subito a causa della perdita dell'appalto sarebbe determinabile «sulla base di criteri presuntivi, derivati a loro volta dalle previsioni concernenti le analisi da effettuare per la determinazione dei prezzi»).

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