domenica 23 settembre 2012

L'INFORMATIVA PREFETTIZIA


L'istituto dell'informazione prefettizia di cui all'articolo 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 rappresenta una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si inserisce nel sistema prevenzionistico patrimoniale e si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che dunque prescinde dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso.
Com'è noto, alla stregua della normativa di riferimento (Decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, recante "Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia"; Decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, recante "Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia") la giurisprudenza ha delineato tre categorie di informative prefettizie:
- la prima, ricognitiva di cause di divieto di per sé interdittive, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del Decreto Legislativo n. 490 del 1994, nella parte in cui annovera “le informazioni concernenti la sussistenza o meno … delle cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indicate nell'allegato 1” (che, nel sistema del D.P.R. n. 252 del 1998, possono identificarsi con "le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa" desunte dalle lettere a) e b) del comma 7 dell'articolo 10 );
- la seconda, relativa ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o delle imprese interessate, la cui efficacia interdittiva, pure essa automatica, discende dalle valutazioni che il Prefetto abbia compiuto a seguito delle “necessarie verifiche”, di cui all’ultimo periodo del comma 4 citato (che, nel sistema del D.P.R. n. 252 del 1998, possono identificarsi negli elementi emersi dagli accertamenti di cui alla lettera c) del comma 7 dell'articolo 10);
- la terza, relativa alle informazioni supplementari ed atipiche, il cui effetto interdittivo è rimesso ad una valutazione autonoma e discrezionale dell'amministrazione destinataria dell'informativa prevista dall'articolo 1-septies del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito con modificazioni dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726 (articolo aggiunto dall'articolo 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486, e richiamato dall'articolo 10 comma 9 del ricordato D.P.R. n. 252 del 1998) che, nel sistema del D.P.R. n. 252 del 1998, è fatta salva dal disposto del relativo art. 10, comma 9.

Come si ricava dalla normativa sopra riportata (v. art. 10, comma 8, del D.P.R. n. 252 del 1998), le informazioni tese ad accertare l'inesistenza di cause impeditive a contrarre con la pubblica amministrazione, ovvero ad escludere l'esistenza di elementi che inducano a ritenere la sussistenza di infiltrazioni mafiose, sebbene debbano sicuramente riguardare gli amministratori della società di capitali, devono essere condotte anche nei confronti di qualsiasi altra persona che possa condizionare le scelte e gli indirizzi della società stessa.
Sia la lettera della legge, che la natura e la funzione delle informative prefettizie antimafia conducono a sottolineare ch’esse non si esauriscono in un mero riscontro formale dell'esistenza o meno di cause ostative derivanti da provvedimenti giurisdizionali o da proposte di applicazione di misure di prevenzione, ma implicano, da parte dell'autorità prefettizia, l'esercizio di un ampio potere di valutazione, in termini di prevenzione, di tutti gli elementi di fatto, da cui possa ragionevolmente ricavarsi l'intervento della criminalità organizzata in attività economiche e lucrative, onde evitare che possa riversarsi nelle mani di quest'ultima la disponibilità di risorse finanziarie pubbliche attraverso atti formalmente o apparentemente legittimi.
Dati questi presupposti, è evidente come non possa costituire una causa ostativa alla emanazione della informativa interdittiva l'avvenuta stipulazione del contratto e la sua attuazione.
Invero, dalla lettura dell'articolo 11 del DPR n. 252/1998 si evince la possibilità, per l'Amministrazione, di stipulare il contratto anche prima di aver ricevuto le informazioni prefettizie, fatta salva la possibilità per la stessa, in caso di emersione di elementi relativi ai tentativi di cui si tratta dalla informazione successiva, di "revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti " (comma 2), facoltà, questa, che il successivo comma 3 estende a qualsiasi caso di accertamento di elementi siffatti “successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto” .


Quanto alla revoca della aggiudicazione di una gara a favore di un’impresa poi risultata soggetta ad infiltrazione mafiosa e/o al recesso dal relativo contratto, la giurisprudenza amministrativa ha fissato i seguenti principi:
1 - ai fini della legittimità di un siffatto atto di revoca non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento prevista dall'art. 7 della legge n. 241/1990, in quanto trattasi di procedimento iniziato con la domanda dell'impresa di partecipazione alla gara (Cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, Sent. 14 gennaio 2002, n. 149 e, da ultimo, TAR Calabria, Sez. I, Sent. 4 maggio 2011 n. 372);
2 - in riferimento alla natura discrezionale dell'esercizio del potere di scioglimento dal vincolo contrattuale già sorto, derivante dall'impiego dell'espressione "può" contenuto nella norma (art. 4, ultimo comma, del D. Lgs. n. 490/1994), tale facoltà, che non può concernere certamente gli accertamenti ed i giudizi relativi alla sussistenza di elementi ostativi al rilascio dell'informativa antimafia, essendo questi esclusivamente di competenza del Prefetto, ha ad oggetto valutazioni di carattere strettamente amministrativo, caratterizzate da un profilo di bassissima discrezionalità, posto che, rispetto all'eventualità di proseguire comunque un rapporto con un'impresa sospettata di essere soggetta ad infiltrazioni mafiose, appare senz'altro prevalente, come corollario del fondamentale principio di imparzialità e buona amministrazione, l'opposta esigenza di salvaguardare l'ordine e la sicurezza pubblica, nonché di serbare un atteggiamento di favore per quelle imprese che operano sul mercato in condizioni di assoluta trasparenza (V. T.A.R. Campania, Sez. I, n. 919/04; n. 3218/04 e n. 3219/04; 24 marzo 2005, n. 2478).

Per completezza espositiva, infine, deve essere ricordato che tutta la normativa appena esaminata è adesso confluita nel Decreto Legislativo 6 settembre 2011 n. 159 recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136″, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 226 del 28 settembre 2011, con il proposito, tra gli altri, di riformare il sistema relativo alle certificazioni antimafia, la cui attuale disciplina è “il frutto di un’evidente successione di norme spesso non ben coordinate fra loro”. In particolare, la normativa concernente le certificazioni in questione è contenuta nel Libro II del Codice, le cui disposizioni (capi I, II, III e IV) “entrano in vigore decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento ovvero, quando più di uno, dell’ultimo dei regolamenti di cui all’articolo 99, comma 1”(art. 119 Codice).

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