domenica 7 aprile 2013

L’ISTITUTO DEL CONTRAENTE GENERALE


L’istituto del Contraente Generale,  mutuato dal general contractor di tradizione anglosassone, di fatto già  presente nella realtà economica italiana, è stato introdotto nell’ordinamento  giuridico e specificatamente disciplinato con la legge delega 21 dicembre 2001  n. 443 (“legge obiettivo”) e il successivo decreto di attuazione n. 20 agosto  2002 n. 190, che ha previsto l’affidamento “ad un soggetto dotato di adeguata  esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata  capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria [del]la realizzazione  con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel  progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dal soggetto  aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o  in parte dopo l'ultimazione dei lavori” (art. 9, comma 1, D.lgs. 190/2002).
Il D.Lgs. n.163/2006 recante il Codice dei contratti pubblici ha confermato la disciplina dettata dal D.lgs. n.  190/2002 riproponendo nell’art. 176 la stessa definizione di cui al decreto di attuazione.
L’istituto in esame si caratterizza per la libertà di forme nella realizzazione dell’opera di cui il Contraente Generale – soggetto dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico realizzativa e finanziaria individuato a seguito di procedura ristretta – può  disporre, oltre che per l’assunzione, da parte dello stesso, dell’onere  relativo all’anticipazione temporale del finanziamento necessario nonchè  dell’obbligazione per il risultato complessivo dell’opera.
In particolare, al Contraente  Generale viene affidata, oltre all’esecuzione con qualsiasi mezzo dell’opera,  lo sviluppo del progetto definitivo, la progettazione esecutiva, il  prefinanziamento totale o parziale, l’acquisizione delle aree di sedime,  l’individuazione delle modalità gestionali dell’opera e di selezione dei  soggetti gestori e l’indicazione, al soggetto aggiudicatore, del piano degli  affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiale e di tutti gli  elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità (art. 176, comma  2, D.lgs. n. 163/2006).
Per quanto attiene alla realizzazione dell’opera, i lavori possono essere eseguiti direttamente dal Contraente Generale, qualora sia dotato della richiesta qualificazione, oppure  possono essere affidati a soggetti terzi, a loro volta debitamente qualificati,  i quali possono ulteriormente subaffidarli nei limiti ed alle condizioni  previste per gli appaltatori di lavori pubblici (art. 176, comma 7, D.lgs. n.  163/2006).
Come ritenuto nella Risoluzione  n. 155/E dell’Agenzia delle Entrate, il corretto inquadramento della natura giuridica degli affidamenti a  terzi, da cui dipende l’applicazione del regime di reverse-change dell’IVA,  discende a sua volta dall’individuazione della natura dell’affidamento al  Contraente Generale.
La difficoltà dell’operazione,  cui la dottrina si è applicata giungendo a risultati diversi, deriva dalla  complessità dell’istituto, caratterizzato dalla molteplicità nonché dalla  differente natura delle prestazioni poste a carico del Contraente Generale. Come  visto, infatti, al Contraente Generale spetta, oltre alla realizzazione con  qualsiasi mezzo dell’opera, lo svolgimento di compiti autoritativi che sono  tipici delle stazioni appaltanti, quali quelli di soggetto espropriante e di  direttore dei lavori. A ciò si aggiunga l’onere del prefinanziamento totale o  parziale dell’opera da realizzare.
A fronte di tale disciplina,  parte della dottrina, evidenziando la deroga alla disciplina sui lavori  pubblici e la libertà organizzativa di cui gode il Contraente Generale, ritiene  che l’operazione sia riconducibile al mandato senza rappresentanza (nel quale  il Contraente Generale provvede in nome proprio a compiere una serie di atti  giuridici i cui risultati saranno trasferiti in capo al soggetto aggiudicatore)  e che, pertanto, la disciplina applicabile nella fase di scelta del Contraente  Generale dovrebbe essere quella dell’appalto di servizi; secondo altri occorre  condurre le varie prestazioni pattuite tra soggetto aggiudicatore Contraente Generale  al fenomeno del collegamento negoziale; a parere di altra parte della dottrina si  tratterebbe di un contratto misto caratterizzato da una sostanziale atipicità; infine,  c’è chi, evidenziando la presenza in capo al Contraente Generale di alcune  funzioni pubblicistiche analoghe a quelle proprie del concessionario di lavori  pubblici, compresa quella di committenza a terzi, sottolinea proprio le  similitudini dell’istituto in esame con la concessione di lavori pubblici e, in  particolare, con la concessione di committenza.
A fronte di detto eterogeneo  panorama dottrinale, che pur non fornendo risposte definitive ha il merito di  evidenziare la complessità del problema, la riconduzione tout court  dell’istituto in esame nell’alveo del contratto di appalto di lavori pubblici  non sembra in grado di cogliere e spiegare tutti gli elementi peculiari che lo  caratterizzano.
Come visto, infatti, la posizione  del Contraente Generale va oltre quella di  mero appaltatore, essendo investito di un  ventaglio più ampio di funzioni e poteri (art. 176, comma 2, D.lgs. n. 163/2006),  alcuni dei quali tipici della stazione appaltante.
Tra questi poteri che, a parere  della scrivente, differiscono da quelli propri dell’appaltatore,  v’è quello di affidamento a terzi, in toto,  della realizzazione dell’opera. Il contratto di appalto tipico consente il  subappalto nei limiti del 30% (art. 118, comma 2, D.Lgs. n. 163/2006).
Nel caso  del Contraente Generale, l’affidamento, anche totale, a terzi dell’esecuzione  dei lavori, senza necessità di rispettare le norme dell’evidenza pubblica,  sembra rientrare piuttosto nel concetto di “esecuzione con qualsiasi mezzo” ed  essere funzionale all’esigenza del legislatore di superare gli ostacoli  giuridici e di realizzare concretamente e velocemente i progetti ritenuti  strategici e di interesse nazionale che era alla base della “legge obiettivo” e  del conseguente D.Lgs. n.190/2002. Conseguentemente, l’affidamento a terzi da  parte del Contraente Generale sembra più correttamente assimilabile, su un  piano sistematico, come evidenziato da parte della dottrina, all’esercizio di  una funzione pubblicistica di individuazione del committente, in analogia a  quanto previsto per la concessione di lavori pubblici.
Tale interpretazione sembra avvalorata dalla circostanza che il terzo affidatario può, a sua volta, subaffidare  i lavori, nei limiti e alle condizioni previste per gli appaltatori di lavori  pubblici (art. 176, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006). In sostanza, il terzo affidatario, più che come subappaltatore (che, in quanto tale, a norma dell’art. 118, comma 9, del D.lgs. n. 163/2006, non potrebbe ulteriormente subappaltare) sembra qualificarsi come appaltatore, nei confronti del  Contraente Generale, di tutta o parte dell’opera da realizzare.

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